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L’Infermiere nelle Associazioni di Volontariato

di Annalisa Pazienza

Sempre più Infermieri disoccupati e precari, per sbarcare il lunario e non perdere la manualità nell’assistenza a persone in difficoltà, decidono di affidarsi alle Associazioni Onlus. Esse si occupano prevalentemente di emergenza/urgenza e di primo intervento, ma spesso anche di spedizioni ed interventi internazionali.

Le organizzazioni ONLUS spesso accusate di sfruttamento degli Infermieri

Volontaria in ambulanza

In diverse regioni italiane, ormai da qualche anno, la gestione del Servizio emergenza/urgenza 118 è affidata per una parte direttamente all’azienda sanitaria locale, per la restante parte ad Associazioni Onlus, tramite gare di appalto bandite dalle stesse aziende sanitarie locali.

Recenti servizi di noti talk show televisivi hanno messo in luce le criticità di tale sistema. Fatti di cronaca, inoltre, parlano di finte Associazioni Onlus a causa delle quali, nel brindisino, il tribunale ha disposto l’arresto di quattro persone.

Cerchiamo di fare chiarezza.

Se si cerca la definizione di “volontariato” sul vocabolario Treccani esso viene inteso come “prestazione volontaria e gratuita della propria opera, e dei mezzi di cui si dispone, a favore di categorie di persone che hanno gravi necessità e assoluto e urgente bisogno di aiuto e di assistenza, esplicata per far fronte a emergenze occasionali oppure come servizio continuo”, ma non solo; un’ulteriore definizione fornita dal medesimo dizionario lo descrive come “prestazione volontaria di lavoro, gratuita o semigratuita, fatta al fine di acquisire la pratica necessaria allo svolgimento di un’attività professionale o di un lavoro, e il relativo titolo di riconoscimento. In particolare, l’attività e il servizio che si prestava come assistente volontario presso università e istituti di istruzione universitaria (fino al 1975), o presso gli ospedali”.

Proprio in relazione a questa seconda definizione si può parlare di infermiere volontario, il quale può operare come volontario di Associazioni Onlus, oppure può effettuare un tirocinio volontario in un ospedale di sua scelta al fine di poter iniziare un’esperienza lavorativa e formativa, in attesa di trovare lavoro all’interno delle aziende sanitarie, sia pubbliche che private, aderenti al Servizio Sanitario Nazionale.

La figura dell’infermiere volontario, si deve notare, non è presente solo nella realtà italiana, ma anche internazionale, basti pensare ad ONLUS che operano in regioni del mondo colpite da guerre, calamità o emergenze sanitarie. Alcuni esempi sono rappresentati da realtà come

Emergency, Medici Senza Frontiere e il Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa.

Sul sito di Emergency si può leggere, in particolare, che si cercano infermieri per progetti di assistenza in Afghanistan, Repubblica Centrafricana e Sierra Leone, con un tipo di collaborazione retribuita di sei mesi. “Il ruolo richiede una completa e autonoma gestione dell'assistenza al paziente, spesso in condizioni critiche e politraumatizzato, in Pronto soccorso e reparti di degenza e/o in Terapia Intensiva”.

Medici senza Frontiere cerca infermieri “che abbiano buona esperienza e autonomia lavorativa. Si dovranno occupare, oltre che dell’assistenza nei diversi reparti ospedalieri o nei centri di salute, anche di attività più specifiche come la gestione dell’igiene ospedaliera, la sterilizzazione, la farmacia, oppure di emergenze nutrizionali o campagne di vaccinazione. Sono, inoltre, molto importanti le capacità di formare, supervisionare e gestire team di personale sanitario e infermieristico locale”.

Da questi esempi possiamo notare come l’infermiere volontario, sul piano internazionale, operi nel rispetto della sua formazione e del codice deontologico, svolgendo procedure tipiche di un infermiere che lavora con il SSN.

Quanto detto si evince anche dalla realtà italiana, dove spesso gli infermieri si trovano ad operare come volontari sia nel Servizio Emergenza Urgenza 118, che tramite una sorta di tirocini volontari svolti in un ospedale di propria scelta.

Nel primo caso, l’infermiere è volontario di un’associazione ONLUS e può ricevere per il proprio turno un rimborso spese, che dovrebbe, in ogni caso, essere sotto il controllo dello Stato.

Nella seconda situazione, invece, l’infermiere, deve, a proprie spese, stipulare una polizza assicurativa che lo tuteli dai rischi insiti nella professione.

Ci si potrebbe chiedere perché un infermiere, laureato, debba decidere di lavorare in un contesto di volontariato. La risposta potrebbe essere scontata. Negli ultimi anni, soprattutto per i neolaureati, non c’è stata - e non c’è ancora - la possibilità di un’occupazione lavorativa a tutti gli effetti; molti colleghi hanno perciò deciso, pur senza ricevere compenso pecuniario, o comunque ricevendo solo un rimborso spese, di prestare il proprio saper essere e saper fare a beneficio dell’utente, ottenendo in cambio poco più di un’esperienza professionale che altrimenti gli sarebbe stata preclusa visto il blocco delle assunzioni in sanità.

Inoltre, anche per l’infermiere volontario valgono i doveri e le responsabilità del proprio agire professionale. Deontologicamente, l’infermiere, anche se volontario, ha l’obbligo di prestare soccorso in modo diretto ed attivarsi indirettamente mettendo a disposizione mezzi, materiali e strutture al fine di garantire l’assistenza necessaria.

Da un punto di vista legislativo si deve citare l'art. 10 del DPR del 27/03/1992 Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza che prevede che “il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio di emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi, nonché a svolgere le altre attività e manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal medico responsabile del servizio”. Quanto riferito è vincolante anche per l’infermiere volontario, il quale, in caso contrario, potrebbe commettere il reato di omissione di soccorso.

L’esperienza di Erika nel volontariato

Per avere un ulteriore punto di vista su ciò che concerne l’infermiere volontario, abbiamo intervistato Erika, infermiera che ha svolto un tirocinio volontario nel reparto di Pronto Soccorso.

Perché fai l’infermiere volontario?

Perché al momento non riesco a trovare lavoro e ho deciso di fare questo tirocinio per “non perdere la mano”, in modo che quando troverò un lavoro, avrò già un certo “bagaglio” di esperienza che mi possa permettere di lavorare con maggiore serenità.

Hai dovuto sottoscrivere un’assicurazione personale?

Sì, ho dovuto fare un’assicurazione esterna, perché l’azienda ospedaliera non la fornisce all’infermiere volontario. Ho dovuto sottoscrivere un tipo di assicurazione che copra danni a persone e cose fino ad un tetto massimo di 250.000 euro; questa assicurazione copre solo incidenti che possono accadere all’interno dell’ospedale. Per lavorare nell’emergenza extra-ospedaliera bisogna sottoscrivere un’altra assicurazione che copra da incidenti che possono capitare in ambulanza. Il prezzo dell’assicurazione che ho sottoscritto è stato elevato, perché non ho potuto ottenerla semestrale, ma solo annuale.

Svolgi dei turni inseriti nella turnazione di reparto? Sei un’unità aggiunta o un’unità effettivamente di turno?

Ho cercato di avere dei turni che potessi gestire. Sono un’unità in più, però qualche volta è capitato che un infermiere abbia mandato malattia all’ultimo momento, ed essendoci stata io non è stato mandato un altro infermiere per la sostituzione. Gli infermieri di reparto riconoscono la mia autonomia e la mia responsabilità in virtù di infermiera laureata, ma controllano e vigilano costantemente, non ti lasciano mai completamente da solo in quanto volontario. In ogni caso, quando succede qualcosa ci sei tu, che comunque sei infermiere, non sei studente, quindi puoi fare tutto. Come conferma anche l’assicurazione, se un infermiere volontario crea un danno ad un paziente o, ad esempio, ad un macchinario della struttura in cui opera, ne risponde personalmente. La differenza tra infermieri e infermieri volontari, sostanzialmente, è che i primi ricevono uno stipendio, i secondi no.

Da quanto tempo stai svolgendo il tirocinio volontario?

Ho iniziato il mio tirocinio volontario da circa 4 mesi e ne ho ancora due davanti a me, per un totale di 6 mesi. È l’azienda a decidere se permetterti di fare tirocinio per 4 o 6 mesi; una volta scaduto il periodo devi riconsegnare tutte le divise e il badge con il quale certifichi le ore effettivamente svolte. Dopodiché l’esperienza di tirocinio volontario si conclude, perché è consentito farla una sola volta.

Essendoci una grande richiesta di infermieri italiani all’estero, per quale motivo hai scelto di restare in Italia e lavorare senza retribuzione?

Da quando mi sono laureata la mia idea è sempre stata quella di andare all’estero, precisamente in Inghilterra, anche perché conosco molti colleghi che stanno lavorando lì con soddisfazione; purtroppo non ho potuto lasciare l’Italia per problemi familiari. Mi sono laureata con il massimo dei voti, per quasi due anni sono stata disoccupata e ora sto facendo questa esperienza; la situazione mi fa soffrire, perché vorrei un’indipendenza economica.

Ritieni che il lavorare a titolo gratuito comporti uno screditamento della professione infermieristica?

Sì, senza dubbio. A volte gli stessi pazienti, leggendo sul tesserino “infermiere volontario”, non vogliono che sia io ad assisterli, perché non sanno che l’infermiere volontario è un infermiere a tutti gli effetti, ma pensano che abbia un titolo inferiore rispetto all’infermiere di ruolo. Complice la mala informazione che c’è in Italia, la professione infermieristica viene troppo spesso screditata.

Ricevi una forma di compenso pecuniario o un rimborso spese per il tuo lavoro?

No, nulla più del caffè che ti può offrire un medico o un collega.

Ti è stata prospettata una successiva assunzione a seguito di un periodo di tirocinio volontario?

No, assolutamente no. Ciò che hai in mano alla fine di un’esperienza del genere e che potrai spendere durante la partecipazione ad un concorso o un avviso pubblico, è l’aver maturato dei mesi di esperienza che, chi non ha fatto altro dopo la laurea, inevitabilmente non ha.

Esiste una graduatoria aziendale di infermieri che danno disponibilità per un tirocinio volontario?

No, non esiste nulla del genere. Occorre presentare domanda alla direzione dell’azienda sanitaria prescelta e saranno i membri della direzione stessa a decidere se permetterti o meno di fare un’esperienza di tirocinio volontario nella loro struttura.

Nel tuo curriculum professionale potrai inserire questo tipo di esperienza come se fosse un’esperienza lavorativa?

Sì, ed è questo il motivo principale per cui lo sto facendo. Nel presentarti ad un colloquio per un lavoro, o ad un concorso, parti avendo un’esperienza lavorativa alle spalle.

Consiglieresti questo percorso ad altre persone?

Sì, io lo consiglierei soprattutto agli infermieri neolaureati, che sono pieni di nozioni teoriche, ma che possono avere delle comprensibili lacune pratiche dettate dall’inesperienza. Io lo consiglio, sia come modo per “farsi le ossa” che come possibilità d’imparare a relazionarsi con i colleghi. Io ho deciso di affrontare questo percorso per me, per la mia crescita professionale.

Alla luce di questa testimonianza e in considerazione dei numerosi fatti di cronaca, quello che ci si auspica nel prossimo futuro è che le aziende sanitarie, sia in ambito extraterritoriale che in ambito intraospedaliero, prendano atto della necessità di permettere agli infermieri volontari il diritto costituzionale ad esercitare un lavoro, per il quale sono preparati, che non solo li soddisfi da un punto di vista professionale, ma che gli permetta un’equa e chiara retribuzione e sia correlato ad un eventuale avanzamento di carriera, cosa che, ad oggi, gli è preclusa.

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