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Area pediatrica

Sindrome di astinenza neonatale - SAN

di Redazione

L'incidenza della sindrome di astinenza neonatale è aumentata notevolmente negli ultimi dieci anni, rappresentando un problema di interesse globale in quanto ancora in aumento. La sindrome di astinenza neonatale (SAN) è una condizione che può interessare i neonati che sono stati esposti durante la vita intrauterina a sostanze stupefacenti o psicotrope assunte dalla madre in gravidanza. Si verifica attraverso un quadro di segni e sintomi clinici che si manifestano dopo la nascita, a seguito della improvvisa sospensione di tali sostanze. Come riportato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), secondo i dati raccolti e analizzati dal National Institute on Drug Abuse (NIDA), le puerpere assuntrici di oppioidi rientrano in una forchetta che varia fra il 14 ed il 22%. Il rischio di SAN è correlato all'utilizzo reiterato di oppioidi (anche quando l'uso è avvenuto in stato avanzato di gravidanza). Oltretutto, il Center for Disease Control and Prevention di Atlanta (CDC) ha evidenziato come siano correlati alla sindrome anche il pericolo di difetti del tubo neurale, disfunzioni cardiache congenite e gastroschisi. La sindrome da astinenza neonatale può essere pericolosa se non fatale per i neonati nati da madri che fanno uso di sostanze durante la gravidanza. Le aziende erogatrici di servizi sanitari devono predisporre percorsi clinico-assistenziali per il precoce riconoscimento e prevedere strategie di trattamento. La formazione del personale è una strategia volta sia ad aumentarne la consapevolezza degli operatori sia ad evitare il pregiudizio che potrebbe allontanare le donne dal richiederne assistenza.

Caratteristiche della sindrome di astinenza neonatale

La sindrome di astinenza neonatale si riferisce a una costellazione di segni presenti in alcuni neonati derivanti dalla brusca interruzione del trasferimento passivo di oppioidi utilizzati dalla madre durante la gravidanza.

Il termine è stato ampliato per includere i neonati le cui madri hanno usato o abusato di altre sostanze psicoattive durante la gravidanza che facilitano la comparsa della sindrome stessa. Le donne incinte che fanno uso di oppioidi lo fanno o in modo illecito o dopo prescrizione medica per alleviare dolore e/o come farmaco per il trattamento della dipendenza da oppioidi.

Il primo caso di SAN nei neonati e il successivo trattamento è stato segnalato nel 1875. Nel 2012 l'incidenza di SAN è aumentata a oltre 30 casi per 1.000 nati vivi in ospedale, insieme ad un registrato aumento del numero di bambini per il cui motivo vengono trattati farmacologicamente, con conseguente aumento della durata del ricovero ospedaliero e delle spese sanitarie correlate alla SAN.

Background storico

La prima descrizione dell'uso dell'oppio risale a 6.000 anni fa, allora conosciuto come "la pianta della gioia" venendo isolato per la prima volta dai Sumeri intorno al 2000 a.C. e inizialmente utilizzato per determinare euforia (probabilmente durante rituali religiosi), scoprendo che poteva essere utilizzato anche per accompagnare le persone nella transizione dalla vita alla morte in modo indolore (una sorta di cure palliative odierne) e per tranquillizzare il pianto dei bambini.

L'uso medico dell'oppio includeva il trattamento di una varietà di malattie come il dolore, l’affaticamento respiratorio (dato da asma, bronchite, tosse), infezioni (lebbra) e problemi mentali (malinconia). L’abuso e la dipendenza generati dall’oppio si manifestarono e progredirono, soprattutto a partire dal 1803, con la sua diffusione in tutta Europa, in India e in Cina, dopo che si ottenne l'isolamento della sua componente principale: la morfina, ad opera del farmacista tedesco Friedrich Sertürner. A favorire l’utilizzo della morfina fu anche l'espansione del suo impiego in campo medico, e ciò portò la dipendenza da queste sostanze a rappresentare un vero e proprio problema di salute pubblica.

La morfina fu commercializzata nel 1827 da Merck & Co. Inc. per scopi medici come mezzo per alleviare il dolore e per il trattamento dell'alcolismo. La morfina divenne, in seguito, il primo farmaco ad essere utilizzato per via endovenosa (nel 1853) al fine di controllare il dolore durante l’esecuzione di interventi chirurgici minori. Tuttavia, constatarono che anche la morfina generava dipendenza, proprio come l'oppio. Furono quindi in seguito compiuti sforzi per sintetizzare un derivato dell'oppio con l’intenzione di arrivare ad una sostanza che non causasse dipendenza, basandosi sul razionale che se fosse stato un prodotto dagli effetti più potenti, sarebbe stata necessaria una quantità minore, e di conseguenza avrebbe causato minor tasso di dipendenza.

Così venne sviluppata l’eroina da Heinrich Dreser nel 1898, una sostanza cinque volte più potente della morfina. L'eroina venne poi distribuita dalla società Bayer AG (1898-1910) come farmaco per il trattamento della polmonite, della tubercolosi, del raffreddore nonché del mal di gola, con la stretta convinzione che non creasse dipendenza, al punto tale da essere proposta anche come trattamento per quei pazienti dipendenti dalla morfina.

L’oppio negli Stati Uniti fu introdotto tra il 1850 e il 1870 con l'arrivo di cittadini cinesi durante la California Gold Rush, venendo distribuito in seguito (1900 – 1924) sotto forma di eroina, come farmaco da banco per il trattamento del raffreddore e dell'influenza e venduto come farmaco sicuro da somministrare anche alle donne in gravidanza e ai neonati. L'oppio venne inizialmente prescritto per mezzo dell’ausilio di device che utilizzavano il fumo, ma successivamente si diffuse come formulazione orale o endovenosa, soprattutto tra le classi più agiate, a causa della scarsa reputazione che avevano i fumatori, percepiti dalla società più abbiente come appartenenti a classi di ceto inferiore e quindi ritenuti alla stregua di criminali o operai cinesi.

La diretta conseguenza della prescrizione di oppioidi per una svariata quantità di patologie portò ad avere come donne dipendenti da oppio circa i due terzi dei 300.000 tossicodipendenti all'inizio del XX secolo. Ciò era favorito da una generale percezione pubblica dei tossicodipendenti da oppio non negativa come quella dei dipendenti da alcol, esacerbandone l’utilizzo. Con il trascorrere del tempo i medici raggiunsero maggiore consapevolezza della dipendenza generata dai principi attivi della morfina e dell'eroina e degli effetti negativi sui loro pazienti, portandone a un minor numero di nuovi casi di crisi di astinenza. Il primo tentativo di regolamentare l’utilizzo degli oppiacei negli Stati Uniti risale al 1875, a San Francisco, dove si promulgò l'Ordinanza Opium Den, che ne dichiarava illegale il fumo in pubblico, fungendo da esempio per tutti gli altri Stati.

Nel 1914 il governo federale approvò l'Atto chiamato Harrison Narcotic ACT, che richiedeva a chiunque importasse, producesse, vendesse o dispensasse "stupefacenti" di dotarsi di registri e tenere traccia delle loro operazioni, con possibilità da parte della autorità di perseguire gli inadempienti. In seguito, fu emanata la Legge sulle sostanze controllate del 1970 che è stata applicata dalla Drug Enforcement Administration sin dalla sua creazione nel 1973.

In seguito, l’ossicodone fu inizialmente sintetizzato nel 1916 in Germania e utilizzato per il controllo del dolore, soprattutto durante la Seconda Guerra Mondiale. Venne quindi introdotto negli Stati Uniti anche grazie all'immagine negativa oramai assunta dall'eroina, divenendo uno dei farmaci più prescritti, venduti e assunti al quale si aggiunsero la meperidina (nel 1939) e il metadone (nel 1946).

La buprenorfina è stata scoperta nel 1966 e si è rivelata efficace per il trattamento della dipendenza da oppioidi e del metadone, venendo approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) nel 1985, con la possibilità di prescrizione solo in contesti terapeutici di programmi di trattamento di dipendenza dagli oppioidi.

L'uso di oppioidi per il controllo del dolore nei malati terminali iniziò nel 1948 dopo che Cicely Saunders fondò l'Hospice Care movement a Londra. Si deve proprio alla signora Saunders il concetto di una morte dignitosa, usando oppioidi per prevenire il dolore. Questo movimento è stato accettato e adottato dagli Stati Uniti, nel 1984, con la emanazione del Compassionate Pain Relief Act, che consentiva ai medici di prescrivere e trattare legalmente i malati terminali con l’eroina.

I primi casi di sindrome di astinenza neonatale

L'uso di morfina tra le donne veniva associato a sterilità e perdita del desiderio sessuale, fino al 1875 quando furono segnalati e registrati alcuni casi di bambini nati morti da madri dipendenti dalla morfina. Questa condizione è stata descritta in neonati nati a termine che apparivano normali alla nascita, ma con presenza di pianto inconsolabile al terzo giorno di vita, con presenza o meno di convulsioni generalizzate e assunse il nome di morfinismo congenito.

A causa della mancanza di conoscenza della causa di questi segni, la SAN fu spesso fatale per i neonati. Già nel 1901 si tentò di correlare la sintomatologia alla cessazione del passaggio passivo transplacentare della morfina materna al feto, favorito dal suo basso peso molecolare e della sua solubilità lipidica.

La mancanza di questo passaggio che avveniva alla nascita, portava la conseguente astinenza nel nascituro con presentazione della sindrome. In seguito, per evitare la sindrome si cominciò a somministrare ai neonati dell’oppio in piccole dosi, con riferiti casi di successo.

Madri che fanno uso di oppioidi e che ricevono cure prenatali inadeguate hanno un aumentato rischio di presentare un parto pretermine, ritardo della crescita intrauterina e aumento dell'incidenza di morte fetale. Sono stati identificati diversi farmaci che possono causare alcuni segni di astinenza nel neonato, ma la causa più comune è l'esposizione agli oppioidi in utero.

La recisione del cordone ombelicale provoca una brusca interruzione del passaggio di oppioidi al feto/neonato e aumenta il rischio di sviluppare SAN, con comparsa di segni e sintomi di astinenza clinicamente riconoscibili nel 60-80% dei neonati esposti agli oppioidi. I segni e i sintomi rappresentati sono influenzati da variabili come la quantità di esposizione fetale totale, la quantità e la purezza dei farmaci assunti dalla madre, dalla durata del consumo, dal metabolismo del farmaco e dalla cinetica individuale del trasferimento placentare del farmaco.

I fattori genetici ed epigenetici giocano un ruolo importante nell'incidenza e gravità della SAN. La tempistica di comparsa della sindrome è solitamente entro le prime 72 ore di vita, ma può verificarsi fino a 7 giorni di vita. La sindrome può presentarsi con manifestazioni neurologiche dovute ad aumento dell'eccitabilità inclusi tremori, moto iperattivo, aumento del tono muscolare, convulsioni (nel 2-11% dei casi); mentre le manifestazioni gastrointestinali includono diarrea, vomito, suzione e deglutizione non coordinate con rischio di disidratazione; inoltre possono comparire febbre, sudorazione, congestione nasale e aumento della frequenza respiratoria, malformazioni congenite.

Rilevazione e monitoraggio della SAN

L'approccio più comune al monitoraggio dei neonati con SAN è il punteggio di Finnegan, realizzato da Loretta P Finnegan unita all’anamnesi verbale e tramite lo screening delle urine o del meconio del neonato. L’utilità dell’analisi dei capelli e del cordone ombelicale proposti, è limitata.

Lo screening delle urine ha il vantaggio di essere facilmente eseguito, ma è limitato dall'identificazione solo di esposizioni recenti. L’analisi del meconio, invece, ha il vantaggio di rilevare l'esposizione alla sostanza che si estende indietro fino a 20 settimane di gestazione. La principale preoccupazione clinica per l'astinenza è l'impatto sulla crescita e lo sviluppo.

Gli effetti secondari includono compromissione del legame materno, disagio infantile e convulsioni. Gli iter terapeutici più efficaci sono quelli che impiegano un approccio sistematico, multidisciplinare, multimodale. Il trattamento è ottimizzato quando il personale coinvolge le madri con rispetto e riconosce la lotta all'abuso di sostanze.

Un ruolo importante è anche rappresentato dal modo empatico di relazione del personale, difatti tali madri spesso sperimentano incontri con psichiatri e rappresentano problematiche psicosociali, che innalzano esponenzialmente la sensibilità e il rischio di giudizi percepito ed esternati dal personale sanitario. Il neonato con Sindrome di Astinenza Neonatale deve essere ricoverato in ambiente ospedaliero neonatologico.

Sequele a lungo e breve termine della SAN

I neonati esposti alla dipendenza di oppioidi spesso si ritrovano in contesti familiari socio-economici difficili, il che rende difficoltoso la presenza di studi riguardo lo sviluppo durante i primi anni della loro vita. Studi in questa direzione, infatti, sono stati ostacolati dalla difficoltà logistica di controllo dell’utilizzo del tabacco e di altri fattori sociali associati all'uso di droghe illecite.

Studi che hanno collegato gli oppioidi in utero a uno sviluppo neurologico compromesso sono stati criticati per il fatto che non sono riusciti a controllare del tutto i fattori di confondimento dati proprio dall'ambiente di vita e sociale del bambino. È possibile che ci siano effetti sullo sviluppo neurologico derivanti dall'esposizione agli oppioidi in utero. Anche se reali, tuttavia, queste associazioni non prevedono linee guida sulle decisioni terapeutiche pratiche.

Trattare l’astinenza delle madri con metadone in programmi personalizzati strutturati sembra essere meglio efficace del non trattamento; le donne non trattate potrebbero cercare fonti di oppioidi per strada per controllare i sintomi di astinenza, che ha chiaramente esiti neonatali negativi. È importante sottolineare che non c’è evidenza di esiti avversi a lungo termine nei bambini trattati con agenti farmacologici Vs neonati che non richiedono un trattamento per SAN o per il trattamento con diverse classi di agenti.

L’importanza della prevenzione della SAN

Sono necessarie strategie di prevenzione primaria per curare l'epidemia di consumo di oppioidi e in questo può tornare utile l'associazionismo per il contrasto al progressivo sviluppo della SAN. La sorveglianza continua è essenziale per uniformare i comportamenti e formare gli operatori sulla SAN e indirizzare gli sforzi relativi alla salute pubblica volti alla prevenzione.

Le evidenze in letteratura suggeriscono che in quei Paesi dove sono presenti più alti tassi di prescrizione di oppiodi per la cura del dolore sono anche alti i tassi di sindrome da astinenza neonatale. È indispensabile puntare su iniziative mirate alla sensibilizzazione dei prescrittori di oppioidi, in modo da contribuire alla riduzione dell'uso di oppioidi in donne in età fertile e prevenire lo sviluppo successivo della sindrome.

L'introduzione di programmi di monitoraggio delle prescrizioni e regolazione della gestione del dolore e definizione del dosaggio delle soglie di oppioidi può venire in soccorso. Vari farmaci, come gli Inibitori Selettivi del Reuptake di Serotonina (SSRI) e benzodiazepine possono esacerbare i segni del neonato con sindrome da astinenza; quindi, un attento bilancio tra i rischi e i benefici di tutti i farmaci assunti durante la gravidanza dovrebbe essere valutato, prevedendo maggiore empowerment per le donne in gravidanza, così come stabilire programmi e aumentare l'accessibilità del trattamento con metadone può anche aiutare a prevenire la SAN.

L’applicazione di legislazioni punitive per le donne che usano sostanze durante la gravidanza dovrebbero essere scoraggiate, poiché potrebbero insorgere conseguenze negative come il timore delle donne di cercare assistenza prenatale. Tutti questi interventi suggeriti dovrebbero far parte di un ampio programma dedicato ai bisogni delle donne che mostrano dipendenza da sostanza associate alla SAN.

Articolo a cura di:

  • Luigi Apuzzo MSC RN Hospice Oncologico Carlo Chenis ASL Roma 4 Civitavecchia
  • Maddalena Iodice MSC RN MID, Ginecologia e Ostetricia Ospedale San Paolo, ASL Roma 4, Civitavecchia
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