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Teramo, due dipendenti Asl condannati per truffa

di Redazione Roma

Con l’accusa di truffa ai danni dello Stato, la Corte dei Conti ha condannato due dipendenti dell’Asl, un tecnico radiologo e un infermiere, a pagare in tutto oltre 100 mila euro. I due avrebbero usufruito dei permessi retribuiti per assistere i familiari malati per recarsi, invece, a fare la spesa oppure a giocare a calcetto.

Infermiere e tecnico radiologo condannati per truffa alla Asl Teramo

La Corte dei Conti ha condannato i due dipendenti dell’Asl di Teramo – accusati di truffa ai danni dello Stato, per aver usufruito dei permessi retribuiti per assistere i familiari malati – a pagare una somma complessiva di oltre 100mila euro.

Zio e nipote (il primo tecnico radiologo, il secondo infermiere), entrambi di Atri, sono tutt’ora sotto processo nell’ambito dell’inchiesta condotta dalle fiamme gialle di Nereto (che li ha seguiti, filmati e fotografati, monitorandone anche gli spostamenti attraverso le registrazioni dei Telepass autostradali) e coordinata dal sostituto procuratore Silvia Scamurra della procura di Teramo. Dunque la decisione della magistratura contabile è giunta prima, nonostante l’istanza dei legali degli imputati di sospensione del processo contabile, che la considerava non necessaria stando al principio della separatezza e dell’autonomia di entrambi i giudizi.

Come già sostenuto dalla procura di Teramo – nonostante, appunto, il processo sia tuttora in corso –, la Corte dei Conti (la cui attività di controllo assicura la corretta gestione della spesa pubblica) ha ribadito che né lo zio né il nipote (quest’ultimo in servizio in passato anche alla Asl di Rimini) avrebbero in alcun modo coabitato con i familiari disabili (rispettivamente l’anziano padre e la nonna) e neppure si sarebbero dedicati con diligenza alla loro cura ed assistenza, limitandosi ad effettuare saltuariamente delle brevi visite (e non di certo per assistere realmente i congiunti).

Eppure entrambi hanno usufruito dei permessi retribuiti che occorrono proprio per assicurare un’assistenza effettiva, permanente e continuativa al familiare disabile grave con cui è indispensabile coabitare. Tutti aspetti che non sarebbero stati presenti, come da accertamenti della guardia di finanza.

Secondo quanto dichiarato, per ottenere dall’Inps i permessi retribuiti, lo zio e il nipote – che in principio erano stati raggiunti da un sequestro preventivo per l’equivalente di 70 mila euro, pari ad un totale di 1.337 giorni di assenza dal lavoro – avrebbero dovuto accudire il padre e la nonna, mentre invece erano impegnati in attività altrove (come fare la spesa, giocare a calcetto, recarsi in vacanza). Insomma, si sarebbe trattato di un vero e proprio affare di famiglia il congedo retribuito per assistere i parenti affetti da una grave disabilità, con lo zio e il nipote che avevano ottenuto dall’azienda la sospensione dal lavoro.

I difensori hanno già impugnato la sentenza della Corte dei Conti e la prossima udienza dinanzi al giudice penale si terrà a febbraio del 2022. All’epoca dei fatti anche i vicini di casa sono stati ascoltati dagli investigatori, confermando che i due non abitavano nei civici dichiarati e confermando la saltuarietà delle visite. Motivazioni, queste, per cui la Corte dei Conti ha ritenuto che ci sia stato un danno erariale, condannando il tecnico radiologo al pagamento di quasi 60 mila euro a favore della Asl di Teramo, mentre l’infermiere al pagamento di 46 mila euro (dei quali 41 mila alla Asl di Rimini e 5 mila alla Asl di Teramo).

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