E se fosse una macchina a rispondere al posto nostro? E se lo facesse meglio di noi umani? E se le risposte le stesse dando ad un nostro paziente? Questo è quello che si sono chiesti un gruppo di ricercatori dell’Università della California che hanno testato l’abilità dell’intelligenza artificiale, nello specifico del tanto discusso ChatGPT, nel dare risposte a domande inerenti alla salute, poste dai pazienti stessi.
L’intelligenza artificiale può comunicare meglio dei medici?
In questo studio trasversale, pubblicato su Jama Internal Medicine, sono stati analizzati e confrontati 195 slot di domande e risposte, postate su un apposito forum online che offre uno spazio per porre domande a carattere clinico e assistenziale e ricevere risposta da clinici verificati. Questo forum conta un bacino di 474.000 utenti.
La prima indagine è stata svolta ad ottobre 2022, in cui sono state raccolte le risposte date dai medici, le medesime domande sono poi state rilanciate a dicembre su ChapGPT e le risposte salvate. Tutte queste risposte sono state poi analizzate, celando l’identità umana o digitale dell’autore, da un gruppo di 3 clinici con esperienza lavorativa in diverse aree (pediatrica, geriatrica, medicina interna, oncologica, malattie infettive e medicina della prevenzione).
A questo gruppo è stato chiesto di valutare tutte le risposte, senza conoscerne l’appartenenza, e di giudicare la loro qualità, in termini dell’informazione erogata (molto scarsa, scarsa, accettabile, buona, molto buona) e dell’empatia che veniva trasmessa (non empatica, poco empatica, abbastanza empatica, empatica, molto empatica). Le risposte prevedevano una scala da 1 a 5 dove punteggi elevati indicavano maggiore qualità ed empatia. I risultati dei valutatori sono poi stati confrontati e stimato un grado di accordo.
Questi risultati fanno riflettere e non in termini esclusivamente negativi
L’intelligenza artificiale non può sostituire la relazione umana ma, verosimilmente, è sintomo della necessità di migliorarci. Se ChatGPT risponde ad una messagistica istantanea in termini buoni, qualitativamente parlando e nei modi corretti, pur non sapendo esattamente come avvenga il processo di elaborazione delle risposte, questo potrebbe forse essere di supporto nella pratica clinica quotidiana.
Potrebbe, ad esempio, affiancare parallelamente l’attività clinica? Assistere i medici nel rispondere alle domande poste dai pazienti? I sistemi di messaggistica e la comunicazione a distanza si stanno sviluppando sempre di più nella nostra epoca post Covid. Potrebbe essere anche un mezzo equo ed utile per assistere quei pazienti che hanno maggiore difficoltà a recarsi in visita dal medico, o ancora per ridurre la necessità di visite in presenza, fornendo una risposta rapida, empatica e che possa anche impattare sulla qualità di vita delle persone.
L’utilizzo di questo strumento potrebbe anche supportare l’aderenza terapeutica dei pazienti, suggerendo l’adozione di uno stile di vita sano, consigliando comportamenti salutari e stimolando una maggiore compliance ai trattamenti terapeutici.
Se questi strumenti diventassero una risorsa, rimarrebbe in ogni caso l’obbligo di verificare l’informazione erogata, in termini di correttezza e adeguatezza, onde evitare il pericolo di diffondere informazioni false o errate.
Il tempo della cura che ogni giorno dedichiamo ai nostri pazienti vive nel presente e nel contatto visivo e fisico che quotidianamente offriamo. I risultati di questo studio, che probabilmente sarà pioniere di molti altri, possono essere di stimolo ai medici, e non solo, per comunicare meglio e di più. Una macchina non possiede (ancora?) il calore della relazione.
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