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Quel pasticciaccio brutto dell’Ape sociale

di Leila Ben Salah

Pubblico Impiego

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L’Ape sociale, ovvero la possibilità di andare in pensione anticipata per chi svolge un lavoro gravoso come infermieri e oss, non decolla. Dal primo maggio era possibile presentare domanda purché si avessero all’attivo 36 anni di contributi e si svolgessero mansioni gravose da almeno sei anni in via continuativa. Peccato che sia tutto rimasto solo sulla carta.

L’Ape sociale non decolla, il governo pensa a uno slittamento a luglio

infermieri lavoro generica

Infermieri al lavoro

L’idea era uno dei cavalli di battaglia della riforma delle pensioni: il lavoro gravoso poteva contare su un reddito ponte, pagato dallo Stato fino a un massimo di 1500 euro, fino al raggiungimento della pensione vera e propria che resta agganciata all'età Fornero (66 anni e 7 mesi; 65 anni e 7 mesi le donne dipendenti del settore privato nel 2017). Dal primo maggio era possibile presentare domanda per l'Ape sociale anche per infermieri e oss.

Il governo aveva previsto l’arrivo di 35mila domande quest’anno, stanziando 300 milioni di euro, che saliranno a 609 milioni nel 2018 e a 647 nel 2019. L’Ape sociale è sperimentale e infatti le domande si potranno presentare solo entro il 31 dicembre 2018.

Che è successo all’Ape sociale

Ora sembrava tutto apposto, ma qualcosa si è impigliato. Il governo aveva inviato il 19 aprile scorso, certo un po’ a ridosso dei termini ma comunque in tempo, il decreto del consiglio dei ministri al Consiglio di Stato. È successo però che il Consiglio di Stato ha definito “illegittima” l’inclusione degli operai agricoli e di coloro che non hanno i requisiti per la Naspi (la nuova indennità di disoccupazione) purché siano senza lavoro da più di 3 mesi.

Così il decreto è bloccato e le domande, che potevano essere presentate dal primo maggio, in realtà non si possono presentare. Il governo cerca di correre ai ripari e sta pensando di far slittare tutto, concedendo più tempo per la presentazione delle domande. Quindi l’iniziale scadenza del 30 giugno non è da prendere in considerazione, visto che probabilmente il termine slitterà al 15 o 31 luglio. Ma occorre che il governo si dia una mossa a correggere il decreto, altrimenti si rischia di far saltare tutto.

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