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Dispense

La prevenzione delle cadute tra gli anziani

di Angelo

freddo-anziani

Il ruolo fondamentale dell'Infermiere che informa ed educa chi in avanti con l'età e risulta fragile dal punto di vista fisico e psicologico.

Quando si parla di eventi avversi in ambito sanitario non si può prescindere dalle cadute, che sono il fenomeno accidentale più frequente nell’assistenza nosocomiale e in regime residenziale (ad esempio case di riposo, dove si stima che vi siano ogni anno 1,5 cadute per posto letto e in media 2,6 cadute per persona durante la fase di degenza). Essi colpiscono quasi sempre persone fragili, per lo più affette da demenza senile o da particolari patologie invalidanti.

Il cosiddetto “rischio di caduta” è sempre presente, ma va contestualizzato nei vari setting d’assistenza e soprattutto va massivamente correlato allo stato di anzianità del soggetto. Gli anziani costituiscono una grossa fetta della popolazione residente oggi in Italia, ma anche nel mondo. Con l’invecchiamento le persone sono più soggette all’evento avverso e spesso la cosiddetta “caduta sentinella” apre la strada ad ulteriori rischi di “un improvviso, non intenzionale, inaspettato spostamento verso il basso dalla posizione ortostatica, assisa o clinostatica” (definizione di caduta).

Chi cade per la prima volta, quindi, presenta un rischio elevato e triplicato di ripetizione dell’evento avverso durante lo stesso anno. Il sinistrato può riportare, in conseguenza del trauma, una serie di danni lievi, moderati e gravi fino a giungere, nei casi più sfortunati, alla morte.

Gli anziani ricoverati nei nosocomi o in strutture residenziali sanitario-assistenziali sono sempre in crescendo. Quasi la metà dei soggetti che riporta una frattura di femore non è più in grado di deambulare, mentre il 20% di loro muore. La causa di decesso è legata essenzialmente a complicanze della caduta entro i 6 mesi successivi.

Le cadute quasi sempre determinano nei pazienti timore di cadere nuovamente, ansia, perdita della fiducia di sé associata a depressione, tutti fattori che possono condurre alla diminuzione dell’autonomia, all’aumento della disabilità e, più in generale, alla riduzione spesso assai rilevante della qualità della vita, che risulta invalidata.

L’anziano che cade non subisce solo danni psico-fisici, ma sono costretti a tempi di degenza prolungati e non previsti, all’incremento delle attività diagnostiche e terapeutiche spesso invasive (senza escludere ulteriori ricoveri dopo la dimissione). Le cadute, pertanto, costituiscono di fatto un incremento del costo socio-sanitario collettivo.

A tal proposito alcuni studi mirati hanno dimostrato che circa il 14% delle cadute in ospedale è identificabile come accidentale e può essere determinato da fattori strettamente ambientali, come per esempio il banale scivolamento sul pavimento bagnato, magari bagnato dopo l’igiene o per la perdita di urine o a causa di fattori dipendenti dalla carenza di forza fisica e da disorientamento sensoriale; infatti, l’8% di queste cadute sono imprevedibili, mentre il 78% rientrano tra gli eventi prevedibili per fattori di rischio identificabili della persona (il paziente può essere disorientato o avere difficoltà nella deambulazione).

Per quanto appena accennato si capisce che la valutazione del rischio di caduta in strutture sanitarie è un fondamentale indicatore della qualità assistenziale della stessa.

Ma chi cade solitamente? Cadono sia le persone in buona salute che quelle con difficoltà cliniche ma la caduta ha quasi sempre un’origine multifattoriale derivante da: condizioni intrinseche e cause estrinseche o ambientali (interazione tra le caratteristiche di compromissione funzionale del soggetto, eventi fortuiti e caratteristiche ambientali). L’età avanzata, come più volte riferito, influisce sullo stato mentale (deficit cognitivi), sull’apparato locomotore (riduzione della massa, della forza muscolare e dell’escursione articolare, soprattutto agli arti inferiori).

Sull’apparato visivo (ridotta acuità visiva soprattutto notturna), sul sistema nervoso (aumento del tempo di reazione, riduzione dei riflessi di raddrizzamento, ridotta propriocezione, perdita dei meccanismi di difesa) e sulla deambulazione con minor stabilità (marcia su base allargata, passo corto, riduzione dei movimenti pendolari delle braccia, flessione in avanti del dorso e del capo, aumentata flessione di anche e ginocchia).

Le più moderne teorie sul cosiddetto risk management, ma anche quelle più antiche, suggeriscono che le cadute sono eventi potenzialmente prevenibili attraverso la rilevazione di alcuni elementi o appositi strumenti di lavoro che, unicamente ad una obbligatoria valutazione clinica ed assistenziale globale, consentono all’equipe sanitaria di adottare gli opportuni piani di prevenzione e prevenire quindi gli eventi avversi, spesso causati da errori sequenziali facilmente evitabili.

E’ pertanto fondamentale che operatori, pazienti e familiari o caregiver siano formati e consapevoli del rischio di caduta, interagendo e collaborando in maniera costante e attenta all’applicazione di strategie multifattoriali.

Come si accennava poco fa la caduta in un anziano difficilmente non conduce a complicanze (non esclusa il decesso immediato o in tempi differiti), spesso essa produce fratture ossee in vari distretti scheletrici.

L’evento caduta pertanto è causa importante di morbilità. Spesso esso travolge significativamente lo stile di vita sia dell’interessato che della famiglia, che di fatto si trova di fronte ad una situazione nuova, difficile da affrontare se non con la paziente interazione di più figure professionali e non.

L’incremento della morbilità con l’aumentare dell’età (non si fa distinzione tra uomo e donna). Tale aumento è legato all’invecchiamento e al contributo di possibili fratture, tra cui molto importante è quella del femore (con tutte le sue complicanze), senza trascurare tutte le altre che, seppur di minore importanza, hanno sempre una valenza dal punto di vita socio-economico e sanitario.

Le fratture nel paziente anziano si verificano anche attraverso traumi a cosiddetta “bassa energia” e per due motivi:

a) l’incidenza dei sinistri è più alta;

b) le sue ossa sono spesso più fragili per l’osteoporosi (a ciò si aggiunga la scarsa protezione offerta dal sistema adiposo e dalla massa muscolare).


Le fratture di femore quasi sempre richiedono un intervento chirurgico di tipo ricostruttivo o sostitutivo al fine di ristabilire la biomeccanica dell’arto e preservare quanto più possibile l’atto deambulatorio.

Spesso è proprio l’intervento chirurgico abbinato all’età del soggetto e alle patologie concomitanti a mettere in serio pericolo di vita il paziente anziano, che passa a miglior vita quasi sempre per le complicanze post-operatorie.

Statisticamente il maggior numero di fratture di femore si registra tra la popolazione più anziana e in concomitanza di più patologie multiorgano e multisistemiche. Il paziente è un soggetto complesso che va gestito in maniera olistica e multidisciplinare. Oltre alle fratture, infatti, questi utenti sono a rischio di ulteriori complicanze ed eventi avversi quali ictus, delirium, infezioni, trombosi, scompensi cardiaci e multi-organo, complicanze iatrogene, pertanto vanno seguiti accuratamente per evitare compromissioni irriparabili che possono condurre al declino funzionale e mentale.

L’esito finale è la morte.

In Geriatria è prevista per questo la gestione della comorbilità dell’anziano; il reparto è specializzato nel prevenire, individuare e curare i pazienti ad alto rischio di eventi avversi da ospedalizzazione (tanto si potrebbe realizzare anche nelle residenze, dove il supporto multidisciplinare è più complesso e più improbabile per motivi legati essenzialmente ai costi di gestione di utenti così fragili e clinicamente/assistenzialmente “complicati”), contribuendo di fatto a migliorare gli outcome degli anziani sottoposti ad intervento chirurgico per frattura femorale.

Il ruolo dell’infermiere in Geriatria è importantissimo nel campo dell’assistenza, dell’educazione e del supporto psico-fisico del paziente nell’ambito di un vasto e complicato lavoro di equipe multidisciplinare che ha portato alla creazione della cosiddetta Ortogeriatria (che non è un modello di multidisciplina, ma una vera e propria alternativa radicale al tradizionale modello di cura, che è riuscita in pochi anni a ridurre la mortalità e ad aumentare i livelli di autonomia nei pazienti anziani con frattura).

In diversi studi effettuati sulla popolazione è stata valutata l’epidemiologia delle cadute negli anziani in differenti contesti; i tassi variano in modo considerevole in base alla location e alla situazione: quelli più bassi (30-160 per 100 persone all’anno, in media 65 per 100) sono stati rilevati negli anziani che vivono in comunità, generalmente tra persone di 65 anni e oltre.

Anche se la maggior parte di questi eventi avversi non porta a lesioni medio-gravi o gravi, circa il 5% di essi provoca una frattura o richiede l’ospedalizzazione del paziente.

E non è tutto, i tassi di cadute e le complicazioni associate aumentano sensibilmente con l’età e raddoppiano nelle persone con più di 75 anni. Gli utenti anziani ricoverati in residenze di carattere socio-assistenziale hanno tassi molto più alti. In tali ambiti, le complicanze sono più frequenti e più gravi. Infatti, il 10-25% delle cadute esitano in fratture o lacerazioni.

In Italia , nel 2002, dopo un approfondito studio capillare, è stato stimato che il 28,6% (26-31%) delle persone con 65 anni e più cade nell’arco di 12 mesi. Di loro ben il 43% cade più di una volta, mentre il 60% delle cadute avvengono in casa.

Lasciando l’Italia, nel 2004 il 39,8% di tutti ricoveri per lesioni accidentali nei nosocomi degli Stati Uniti d’America era dovuto a cadute accidentali: esse rappresentavano la prima causa di morte per lesioni accidentali (39,9% dei decessi per lesioni accidentali) e l’1,9% di tutte le cause di morte.

In Canada i ricoveri per lesioni da caduta ammontano al 54,4% di tutti i ricoveri per trauma e al 75,7% di tutti i decessi intraospedalieri di pazienti ricoverati per trauma. Come termine di paragone, i ricoveri per incidente stradale rappresentano il 15,1% dei ricoveri per trauma in Canada e il 16,4% negli USA. Considerando che negli Stati Uniti i ricoveri per lesioni da caduta colpiscono l’1,2% della popolazione anziana e basandosi sui dati ISTAT al 1 gennaio 2005, è possibile stimare che in Italia i ricoveri per lo stesso motivo siano oltre 130.000 all’anno. Le cadute, come vedevamo nello studio precedente in Italia, rappresentano la prima causa di incidenti domestici (stimati in 130.000 all’anno) e anche la prima causa di ricovero e decesso per incidente domestico. In ospedale le cadute sono uno dei principali eventi accidentali segnalati; la Joint Commission for Accreditation of Hospital Organizations, nel suo “Rapporto sugli eventi sentinella” del 31 dicembre 2005, le segnala fra i primi 6 events da tenere sotto controllo.

Nei pazienti che riportano una frattura da caduta pare entrino in gioco diversi fattori. Ad oggi non è abbastanza chiaro fino a che punto gli interventi prevenzione delle cadute abbiano un grado di efficacia tale da rendersi realmente utili nella prevenzione di tale evento avverso. Quasi il 20% di esse richiede un intervento medico, mentre il 5-10% origina una frattura. Tra gli anziani ospedalizzati circa il 40% è condotto in nosocomio per frattura dell’anca (i decessi in tal caso sono pari al 7%). Inoltre, le cadute sono causa di trauma spinale (37%) o cranico (35%, di questi il 25% è provocato da cadute da scale o scalini, il 17% da inciampi, scivolate e passi falsi). Le cadute possono essere causa di gravi disabilità, come si accennava all’inizio di questo capitolo, di riduzione della funzionalità e, più in generale, di compromissione della qualità di vita. La perdita di sicurezza e la paura di cadere possono accelerare il declino funzionale e indurre depressione e isolamento sociale.

Ma quanto costa alla collettività la gestione clinico-assistenziale di una singola caduta?

Tali tipi di trauma hanno un elevato peso sulle casse del Sistema Sanitario Nazionale. Secondo quanto dichiarato dal Sistema Informativo Nazionale sugli Infortuni in Ambienti di Civile Abitazione (SINIACA), nel nostro Paese il costo unitario per ricovero da incidente domestico (causa prevalente è la caduta), è di circa 3.000 euro. Con un semplice calcolo si evince che le spese di gestione delle cadute ammontano a circa 400 milioni di euro all’anno. Negli USA l’esborso collettivo si aggira intorno al miliardo di dollari.

Per tali motivi, considerata la costante crescita della popolazione anziana italiana e non, occorre intervenire sulle cadute cercando di prevenirle e nel contempo di ridurre i costi.

Come farlo?

Per prima cosa occorre identificare i possibili fattori di rischio e attivare programmi di prevenzione per ridurne la frequenza. Secondo i calcoli del SINIACA la riduzione del 20% delle cadute in Italia consentirebbe una minor ospedalizzazione per circa 27.000 unità annue. In tal modo si otterrebbe un risparmio di circa 81 milioni di euro nei 12 mesi. Non pochi viste le sempre più esigue disponibilità finanziare del sistema Italia.

Tra le strategie preventive escogitate dagli esperti ci sono:

• la valutazione del rischio;

• gli interventi multifattoriali;

• l’esercizio fisico;

• la terapia farmacologica;

• i protettori d’anca;

• l’apporto di calcio e vitamina D;

• l’educazione sanitaria;

• il Tai chi (praticato in pazienti con degenza inferiore a 4 mesi);

• l’educazione sanitaria;

• la formazione del personale infermieristico;

• la riduzione della contenzione;

• la sicurezza ambientale;

• le nuove tecnologie (per l’apporto formativo ed informativo).

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