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Editoriale

Le prime elezioni in piena pandemia sono passate

di Giordano Cotichelli

In queste righe non ci interessa in alcun modo brindare a vittorie annunciate o piangere altrettante sconfitte di candidati vari; e men che meno addentrarsi in speculazioni fini a sé stesse sulla composizione delle varie giunte regionali – o del futuro Parlamento ridotto di numero – per poi perdersi in valutazioni dei trombati presentabili o degli eletti impresentabili. La campagna elettorale è finita, forse, e di una politica appiattita essenzialmente sulla contrapposizione personalistica, se ne può fare a meno. Mentre è irrinunciabile una valutazione che parta dai numeri, dalle argomentazioni espresse in queste settimane e dalle problematiche del paese, non ultime quelle relative alla sanità e al welfare.

Vota un infermiere, quindi? Elezioni e referendum 2020

Su una popolazione di poco più di 60 milioni ha votato il 53,84% degli aventi diritto, con qualche scostamento da regione a regione, a seconda delle situazioni, per la compresenza delle elezioni regionali, comunali o suppletive. Il Ministero degli Interni mostra i seguenti dati: 46.418.642 elettori di cui 24.993.015 votanti, da cui si devono poi togliere 128.394 schede nulle, 210.848 schede bianche e 323 schede contestate. Dei voti validi restanti, il 69,64% (17.168.429) ha scelto la riduzione di un terzo dei componenti del Parlamento italiano.

Oltre la cronaca, però, il dato interessante è la distribuzione delle scelte elettorali che vede la scelta del prevalere nelle aree meno privilegiate del paese: al Sud più che al Nord, nelle periferie rispetto ai quartieri dei centri storici o dei capoluoghi regionali rispetto al territorio circostante, come a Torino, Napoli, Milano e Roma rispetto ai dati territoriali di Piemonte, Campania, Lombardia e Lazio.

Le quattro città menzionate sono fra le capitali storiche d’Italia, le più popolate e quelle dove si concentrano principalmente le attività economiche, culturali e politiche del paese. Un peso che può essere letto agevolmente guardando sia ai rispettivi abitanti sia alla popolazione delle aree metropolitane: Roma abitanti 2.837.332 e popolazione area metropolitana 4.348.000; Milano 1.396.059 (ab.) e 8.047.125 (a.m.), Napoli 962.589 (ab.) e 4.996.084 (a.m.), ed infine Torino 870.952 (ab.) e 1.716.921 (a.m.). La somma di tutte e quattro le aree metropolitane andrebbero a riferirsi ad una popolazione di circa 19.108.130: nella sostanza quasi un terzo del paese ruota attorno ai suoi quattro poli urbani storici.

Se fin qui il filo del discorso non risultasse chiaro, generando istintivi quesiti tipo: Ma che c’entra tutto questo con le elezioni e ancor più con gli infermieri?, la risposta sta proprio nella lettura che si vuole dare all’evento elezioni e al contesto in cui esse si sono svolte e che rappresentano.

In merito, tornando alle quattro capitali italiane, queste sono anche quelle dove si concentra il numero più alto di iscritti alla FNOPI: 15.494 (Torino), 25.655 (Mi-LoMB), 20.339 (Napoli) e 34.913 (Roma), per un totale di 96.401 professionisti su una somma nazionale di 441.844, equivalente al 21,81% della popolazione infermieristica italiana. Un dato che meriterebbe di essere accresciuto del numero delle migliaia di infermieri di altre province italiane che lavorano in queste quattro città e nelle rispettive aree metropolitane, ma che sono ancora in realtà iscritti ai loro OPI originari.

Alla fine, ancor più di tante altre occasioni questa tornata elettorale e referendaria ha restituito la fotografia di un paese polarizzato, non tanto fra contendenti e fazioni, ma frammentato nella sua composizione economica e politica, culturale e lavorativa, sanitaria e di copertura dei bisogni.

Chi si ferma a suddividere territori a seconda del predominio di questo o quello schieramento, si accontenta di un’analisi superficiale, per non dire mozza e fuorviante. Il potente di turno vince al Nord come al Sud, al centro o a ponente, indipendentemente dal disegnino su cui apporre la crocetta. In un paio di occasioni i risultati sono stati tali quasi da somigliare un po’ troppo al supposto incoronamento plebiscitario della sesta conferma del bielorusso Lukashenko.

Risvolti sul tema salute

Le elezioni della pandemia del 2020 riconsegnano un quadro già conosciuto, dove feudi e feudatari, vassalli, valvassini e valvassori di ogni sorta si contenderanno nei prossimi mesi l’assalto alle risorse del Paese. Sì, l’assalto, e questa è l’unica considerazione di parte – lo sapete che sono partigiano – che mi permetto di fare in questo articolo, in quanto altro non si può immaginare da un quadro elettorale dove il confronto fra candidati non è andato oltre la recita di slogan acchiappa voti.

Non si è sentito un solo ragionamento analitico, una sola argomentazione valida. Bastava anche una semplice contrapposizione di diverse visioni nell’organizzazione della società. Tutti hanno promesso di tutto, come sempre. Poi, alla fine, se non lo manterranno, la colpa verrà data agli altri. Tutti si sono impegnati per le donne e per i giovani, per il lavoro e per gli imprenditori, per una sanità del territorio e per la famiglia.

Questi risultati elettorali sono, qualcuno ha detto, come una campana a morto per il residuale sistema sanitario pubblico e nazionale, che rischia di essere ulteriormente polverizzato da pratiche e interessi localistici in nome di una sanità del territorio, decantata nei programmi, ma in alcun modo strutturata al fine di garantire equità e accesso alle cure.

La tutela della salute sul territorio significa capire quale modello di società ci si voglia dare per il futuro in una regione dove non crollino foreste secolari o quartieri storici al primo acquazzone di stagione, o dove l’istruzione e l’occupazione siano garantite e siano garantiti anche occupazione e salari degni, senza sacrificare sull’altare del profitto vite umane per mantenere aperte e in funzione produzioni in piena pandemia.

La tutela della salute sul territorio è ancor più assistenza agli anziani, custoditi in famiglie messe in condizioni di farlo, anziché progettare luoghi di ricovero che poi rischiano di diventare trappole mortali quando si scatena la pandemia. Passate le elezioni regionali, in autunno, se la seconda ondata pandemica farà sentire il suo drammatico peso, torneremo a vedere sfilate di governatori e serventi di ogni tipo in strutture costosissime per fronteggiare emergenze varie? E si tornerà anche a morire soli e dimenticati in casa?

Quanti dei neo-eletti hanno posto il problema di un sistema di monitoraggio accessibile e gratuito per tutti in caso di positività sospetta?

NurseReporter

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