La pandemia non è un problema illimitato. Anche se un'epidemia fuori controllo non ha confini portando l'infezione ovunque e anche se per sua natura persiste nel tempo e nello spazio geografico, essa rappresenta un problema circoscritto che può essere risolto dalle contromisure politiche e sanitarie adottate dall'uomo. Ne è potenzialmente capace, ma per sperare nella dichiarazione di fine emergenza mondiale, entro la fine del 2023 come auspicato dall'Oms, servono sinergia e coerenza, trasparenza e risorse. Altrimenti se ne viene fuori in ordine sparso e più tardivamente, con maggiori effetti collaterali ed una convalescenza più lunga.
Covid-19, in Cina previste tre ondate sino a primavera inoltrata
Un evento planetario di tale misura di gravità ha una durata correlata alla sua portata. La sua forza non può esaurirsi senza pesanti effetti e contemporaneamente in tutte le aree geografiche del mondo.
Laddove sembra spegnersi covando la brace sotto la cenere, altrove riprende vigore con venti diversi e si accende in un rogo ancor più devastante del primo focolaio.
È quanto sta capitando in Cina, con uno spaventoso tsunami di contagi – se ne prevedono oltre 250 milioni in poche settimane – mentre nel resto del mondo si registra una silente endemia con un'infezione diffusamente circolante anche se meno grave in termini di mortalità ed ospedalizzazioni.
Cento morti italiani al dì in una popolazione di 60 milioni - anche se se ne dà il conto a settimana, che poi sembrano di più diventando quasi 800 – non sono mica pochi. Secondo le stime degli analisti della società britannica Airfinity, si contano circa undicimila morti al giorno tra gli abitanti del gigante asiatico che conta 1,4 miliardi di persone.
Le previsioni drammatiche sono di 1,7 milioni di morti a causa del coronavirus in Cina entro la fine di aprile. Dalle notizie e dalle immagini raccapriccianti che filtrano sui media stranieri e sui canali social – poiché ancora una volta siamo di fronte ad una scarsa trasparenza da parte delle autorità cinesi - si apprende che gli ospedali sono al collasso, mancano ossigeno e medicinali, i forni crematori non hanno più posto. Sembra la nostra Bergamo 2020 in versione 2023 ingrandita, proporzionata alla grandezza di megalopoli da 26 milioni di abitanti come Shanghai.
L'orrore della povera e popolosa India, colpita con forza inaudita dalla variante Delta e la mancanza di respiro del Brasile sembrano un ricordo angosciante di giorni molto lontani. La Cina di oggi è a tre anni dalla sua Wuhan. E ci fa ripiombare comunque, tenendo a bada gli allarmismi e forti della nostra vaccinazione, in quell'incubo.
Quella cittadina, dove ancora non si sa se il virus sia partito da un mercato di animali vivi facendo uno spillover o sfuggito da un laboratorio – l'Oms si dice aperta in questi giorni ad ogni ipotesi - è diventata la nostra. La Cina, barricandosi dal resto del mondo che ha contagiato richiudendo i cinesi nel confinamento obbligatorio di case ed intere città ad ogni caso positivo, sembra rimasta indietro di tre anni nella pandemia del secolo.
La politica Zero Covid, indiscutibilmente fallimentare, ha reso la popolazione eccessivamente suscettibile al virus. Come fosse la prima volta, Sars-CoV-2 incontra veramente i cinesi soltanto adesso. Così che quella volta di Whuan sembra soltanto un episodio locale, isolato, arginato. La vaccinazione eseguita con scarsa adesione e con vaccini poco efficaci risulta ora drammaticamente inadeguata e mostra tutti i suoi limiti, con l'impotenza di non impedire la malattia grave.
Secondo la Cdc e i maggiori epidemiologi mondiali come il dottor Fauci, sono previste tre ondate in Cina sino a primavera inoltrata. Ogni restrizione, nel frattempo, è stata abolita. Il virus è libero di circolare immensamente. Ed il rischio che evolva in una variante diversa o più pericolosa sta aumentando in maniera preoccupante.
Ci sono 1.4 miliardi di probabilità, saltando di cinese in cinese, che Sars-CoV-2 muti. Le mutazioni non sono nient'altro che difetti di trasmissione dati. C'è da sperare soltanto che siano diffettucci di poco conto e non peggiori dei precedenti. Ma intanto le persone muoiono male. Come noi, prima di loro. Con l'inaspettato ed improvviso colpo di coda made in China, la pandemia viene ora descritta come imprevedibile. In fondo lo è sempre stata, per la grande variabilità del comportamento virale ed umano che rende previsioni e stime associate a notevole incertezza.
Inoltre, poiché i dati non sono trasparenti nonostante le insistenze dell'Organizzazione Mondiale della Sanità che chiede alla Cina di condividere quello che sta realmente accadendo nel Paese, non resta che fare screening al volo e sequenziare il genoma dei positivi, raccogliendolo dai nasi di passeggeri intercontinentali ed acque reflue degli aerei alla ricerca di una nuova potenziale variante o sottovariante.
Confinare un popolo entro i suoi confini non è ammissibile ed è ritenuto discriminatorio limitare gli opportuni controlli soltanto ad alcuni voli diretti o indiretti o ad esclusive nazionalità. Intanto la tragedia orientale si consuma lontano dagli occhi e dal cuore occidentale. L'ombra è soltanto sotto i mandarini, altrove in fondo al tunnel già si intravede una luce. Qui gli ideogrammi non vengono raccontati e laggiù si stanno raccontando, nella loro lingua, che va tutto bene. Dalle nostre parti, allora, dicevamo anche che nessuno si salva da solo. È sempre, mi pare, questione di narrazioni.
Due nuove sottovarianti del lignaggio Omicron sono comparse da altre parti
XXB.1.5, diffusa in 29 Paesi, viene dagli Stati Uniti d'America ed è responsabile del brusco rialzo della curva. La sua circolazione è passata dal 4 al 41% in una settimana. È chiamata volgarmente Kraken. Secondo Cdc ed Ecdc, ha un vantaggio di trasmissibilità e di fuga immunitaria senza precedenti. È la più contagiosa di sempre, anche di Omicorn 5.
Non sono ancora disponibili informazioni sufficienti per valutare qualsiasi cambiamento nella gravità dell'infezione associata alla variante. BF.7 sembra essere ancora più rapida e letale. Estremamente infettiva ed immunoevasiva, si stima stia imperversando in Cina, anche se si ipotizza che la situazione epidemiologica sia causata da un mix di varianti concomitanti che già da tempo sono circolanti in Europa.
L'unica certezza è che Sars-CoV-2 non è un virus sottovalutabile, ma oggi è controllabile. Lo ha dichiarato recentemente il dottor Vaia, direttore di Malattie Infettive dello Spallanzani di Roma. Tuttavia, sono evidenti anche lacune ed incertezze che abbiamo nei suoi confronti che ci impediscono di dire che la pandemia è finita
, come ha sottolineato il Direttore Generale dell'Oms nel suo briefing con la stampa lo scorso 21 dicembre 2022, un altro anno considerato molto impegnativo per la salute delle persone nel mondo.
Ci sono lacune nella sorveglianza, nei test e nel sequenziamento. Significa che non capiamo abbastanza bene come sta cambiando il virus. Le lacune nella vaccinazione significano che milioni di persone, soprattutto gli operatori sanitari e gli anziani, rimangono ad alto rischio di malattie gravi e morte. Ci sono lacune nel trattamento, ciò significa che le persone muoiono inutilmente. Le lacune nei sistemi sanitari li rendono incapaci di far fronte ai picchi di pazienti con Covid-19, influenza ed altre malattie. Le lacune nella nostra comprensione della condizione post-Covid-19 significano che non capiamo come trattare al meglio le persone che soffrono delle conseguenze a lungo termine dell'infezione. E le lacune nella nostra comprensione di come è iniziata questa pandemia compromettono la nostra capacità di prevenire future pandemie.
Le lacune sono fatte per essere colmate. E i problemi circoscritti, per quanto grandi, per essere risolti. Sarebbe opportuno almeno provarci ed insistere, non mollare. Non rifare gli stessi errori. Imparare dagli sbagli e dai fallimenti. Non nascondere, collaborare. Non anteporre alla salute altri interessi. Altrimenti è miopia, attendismo e fatalismo. E fare finta che vada tutto bene. Dai balconi non l'ho mai detto neanche la prima volta.
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