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editoriale

Il giorno della memoria per gli infermieri

di Giordano Cotichelli

Le celebrazioni passano, ma il valore del giorno della memoria deve caricarsi sul piano della coscienza individuale e della rappresentanza istituzionale per tutti i 365 giorni di un anno, in riferimento alla storia passata, ma soprattutto alle tragedie presenti.

Medici e politici sulla giornata della memoria

Il silenzio assordante del giorno dopo il Giorno della memoria

Negli scorsi giorni varie sono state le celebrazioni e le dichiarazioni in occasione della giornata della memoria del 27 gennaio.

Un appuntamento che vuole tenere vivo il ricordo di ciò che rappresentarono i campi di sterminio nazisti e fascisti, durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Ed anche un po’ più in là nel tempo. In merito anche il mondo sanitario ha fatto sentire la sua voce.

Filippo Anelli, Presidente della Fnomceo, con argomentazioni varie ha sottolineato come debba essere riscoperto il valore della pietà, nel senso della pietas romana, che richiama ad un impegno comune, inteso come compassione e riconoscimento dell’altro.

Parole forse scontate, ma che nel contesto attuale che sta vivendo in particolare l’Italia, si caricano di forti significati di indirizzo istituzionale, professionale e, senza dubbio, umano e deontologico, specie di fronte ad un mondo che torna a chiudere le sue porte a chi è profugo.

Alle parole di Anelli si sono affiancate quella della ministra Grillo, che ha sottolineato il monito di ciò che ha rappresentato l’industria dello sterminio che può ripresentarsi a carico di chi è diverso oggi, come furono stigmatizzati ieri ebrei, oppositori politici, rom, persone affette da disagio psichico ed anche (giusto elencarle dato che sono state dimenticate dalla Ministra) apolidi, omosessuali, asociali, testimoni di Geova. E i profughi della Spagna repubblicana, connotati con il triangolo blu nel Campo di Mauthausen. E molti altri ancora.

La questione in realtà è un po’ più complessa della buona conoscenza o meno delle categorie dello sterminio. La Ministra, nel suo ruolo istituzionale avrebbe potuto ricordare che alla base della follia nazista c’era una visione di determinismo darwiniano di cui la scienza del tempo abbracciò molte teorie e considerò le vittime dei campi delle cavie umane su cui sperimentare farmaci, registrare e studiare resistenze fisiche a stress di ogni tipo, che spesso era semplice crudeltà e sadismo, mascherati da scienza, a carico di coppie di gemelli, donne incinta, disabili psichici e fisici.

Una visione scientista – e non scientifica – che rischia di affacciarsi ogni qualvolta interessi e profitti di vario genere abbiano bisogno di scorciatoie facili, e disumane. Oltre a questo, c’è anche da sottolineare, seguendo le intenzioni meritorie del Presidente della Fnomceo, come da parte della Ministra, nel ricordare il giorno della memoria, forse oltre alle parole istituzionali, sarebbe stato il caso di affiancare anche qualcosa di più da parte di una rappresentante di un governo che fino ad oggi è riuscito ad esprimere il suo impegno nei confronti del problema dell’immigrazione, negando lo status di persone a chi si affaccia alle porte (o ai porti) del nostro paese.

E gli infermieri?

Ciò nonostante, al di là della facile polemica politica, oltre l’opinione del presidente della Fnomceo e della Ministra della sanità, ce n’è un’altra che deve essere riportata: quella delle infermiere e degli infermieri italiani. Più di un’opinione ovviamente, legata alle tante idee che in maniera diversa colleghe e colleghi hanno manifestato nel loro impegno politico, sindacale, di volontariato, sui social o semplicemente da spettatori nel partecipare alle tante iniziative presenti nel paese.

Un insieme di opinioni cui però si è affiancato il silenzio assordante della stessa Fnopi che sull’argomento, sul piano storico e dell’attualità politica – o sanitaria – non si è espressa, non rendendo giustizia né ai perseguitati di oggi, né a quelli di ieri, né tanto meno alla memoria storica dell’impegno di centinaia di infermieri (medici, ostetriche, assistenti sociali) che si sviluppò nei campi di sterminio.

A titolo di esempio basti ricordare Irena Sendler, infermiera e assistente sociale polacca che salvò 2.500 bambini portandoli via dal Ghetto di Varsavia. O Maria Stromberg, infermiera austriaca ad Auschwitz che curò centinaia di internati. E tanti altri ancora.

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