Sempre più reparti psichiatrici di diagnosi e cura superano la contenzione meccanica, attraverso un modello efficace che valorizza la relazione terapeutica e l'autonomia del paziente. Lo SPDC No Restraint è un approccio terapeutico alternativo che viene adottato all’interno di un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura che opera con una politica di "porte aperte" e un orientamento centrato sul recupero del paziente. Il suo obiettivo principale è la riduzione della contenzione e, idealmente, la sua completa eliminazione.
Un modo diverso di immaginare la psichiatria, più vicino alle persone

Utilizzare lo SPDC No Restraint come approccio terapeutico alternativo è fondamentale per creare un rapporto di fiducia fra operatore e paziente.
Parlare di SPDC No Restraint significa entrare in un modo diverso di immaginare la psichiatria, più vicino alle persone che ai protocolli. È un metodo che si oppone all’idea, ancora troppo diffusa, che in certe situazioni “non ci sia alternativa” alla contenzione. E invece un’alternativa c’è, esiste, ed è profondamente umana.
Si tratta di un modello che prova a ridurre il dolore nascosto dietro le porte chiuse dei reparti, costruendo ponti tra il paziente e il mondo esterno. L’infermiere, in questa visione, non è solo chi somministra cure, ma chi accoglie, ascolta, guida.
Ogni gesto, ogni parola, ogni attesa diventa parte di un’alleanza terapeutica che rinuncia alla forza per fare spazio alla relazione. Ma non basta la buona volontà: servono competenze solide, una formazione continua e una visione condivisa, perché l’assenza di coercizione non sia un’eccezione ma la regola.
Lo SPDC No Restraint, quindi, è un approccio terapeutico alternativo che viene adottato all’interno di un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura che opera con una politica di "porte aperte" e un orientamento centrato sul recupero del paziente. Il suo obiettivo principale è la riduzione della contenzione e, idealmente, la sua completa eliminazione.
Modelli specifici
Modello | Descrizione |
No Force First | È un approccio organizzativo sviluppato in Inghilterra per ridurre l'uso della contenzione fisica negli ambienti ospedalieri di salute mentale e disabilità intellettive. La sua filosofia centrale, sviluppata da Recovery Innovations, Inc. nel 2006, sostiene che qualsiasi atto di coercizione è dannoso per il recupero dell'utente del servizio. Questo modello mira a un cambiamento fondamentale nella pratica e nella cultura, spostando l'attenzione dal contenimento e dalla coercizione al recupero. Le contenzioni fisiche e chimiche dovrebbero essere utilizzate solo come ultima risorsa. L'implementazione del modello include interventi chiave come sessioni di coinvolgimento, revisione delle pratiche restrittive per eliminare "regole generali", consegne positive, promozione di comunità sane, giornate significative individualizzate e debriefing per utenti e personale. Uno studio del 2022 ha valutato l'implementazione di un programma basato su "No Force First" in 44 reparti del Regno Unito, analizzando 13.599 incidenti di violenza/aggressione. I risultati hanno mostrato una riduzione significativa del 17% nell'incidenza della contenzione fisica. Sono state osservate anche riduzioni significative nei tassi di danno subito e di aggressione/violenza. Tuttavia, non è stata riscontrata una riduzione significativa nell'uso di farmaci durante la contenzione. La prevalenza di contenzione fisica e danni è rimasta significativamente più alta nei reparti di disabilità intellettiva forense rispetto a quelli di salute mentale forense, sia prima che dopo l'intervento. L'assalto fisico, in particolare se diretto al personale, è risultato un fattore di rischio più prevalente per l'uso della contenzione. Lo studio conclude che modelli organizzativi come "No Force First" possono efficacemente preparare il personale a concentrarsi sulla prevenzione primaria e secondaria piuttosto che su pratiche coercitive terziarie come la contenzione. |
High and Intensive Care (HIC) | È un nuovo approccio di cura ospedaliera sviluppato nei Paesi Bassi con l'obiettivo di migliorare la qualità dell'assistenza psichiatrica e, in particolare, di ridurre l'uso di misure coercitive come l'isolamento e la medicazione forzata. Questo modello, ampiamente adottato nella salute mentale olandese dal 2012, combina una nuova organizzazione dell'assistenza con un innovativo approccio clinico, integrando i modelli medico e di recupero. Si concentra sul contatto, sulla prevenzione delle crisi e sulla continuità delle cure tra i trattamenti ambulatoriali e i reparti di degenza acuta. All'interno di un reparto HIC, si distingue tra una funzione "high-care" (HC) e una "intensive-care" (IC), con sezioni IC progettate per fornire assistenza uno-a-uno e per evitare l'isolamento il più a lungo possibile. Gli studi hanno dimostrato che una maggiore fedeltà al modello HIC è associata a una minore incidenza di isolamento e medicazione forzata, senza che si verifichi una sostituzione tra queste due forme di coercizione. L'implementazione del modello HIC viene valutata tramite l'HIC monitor, uno strumento composto da 67 elementi suddivisi in 11 domini, che includono la struttura e i processi del team, la diagnostica e il trattamento, e l'ambiente dell'edificio. |
Interventi I.R.O.N. | Il reparto di Psichiatria di Trento (SPDC) opera con una politica delle porte aperte e un approccio fortemente orientato al recupero, dando priorità al contenimento relazionale e massimizzando la responsabilità del paziente per evitare l'uso della contenzione fisica. Questo approccio si basa sull'introduzione degli interventi I.R.O.N. (Interventi Relazionali prolungati ad Orientamento No restraint), che sono stati sviluppati nel reparto stesso e si ispirano esplicitamente al Modello Safewards. Il Modello Safewards, sviluppato nel Regno Unito nel 2013, consiste in dieci interventi basati sull'evidenza volti a ridurre il conflitto e le pratiche restrittive negli ambienti psichiatrici ospedalieri, promuovendo un cambiamento culturale e migliorando il clima del reparto. Gli interventi I.R.O.N., che sono sia "gentili" che "ferrei" per la determinazione e il "tempo relazionale" che richiedono, implicano un lavoro di squadra per gestire l'agitazione psicomotoria attraverso il dialogo e il supporto. La documentazione di questi interventi in un registro apposito, istituito nel 2022, ha un forte valore formativo per il personale e ha mostrato risultati preliminari promettenti, con un aumento degli interventi I.R.O.N. e una significativa riduzione, fino a zero, delle contenzioni fisiche nel 2024. |
L'esperienza italiana e le sfide
In Italia, la riduzione della contenzione ha mostrato risultati promettenti, sebbene con differenze regionali. Uno studio ha rivelato che su 24 SPDC appartenenti al "Club SPDC No Restraint", 14 (il 58%) hanno registrato zero episodi di contenzione nel 2022, mentre i rimanenti 10 hanno avuto una mediana di 4,5 contenzioni. È stimato che nel 2022 le contenzioni in Italia ammontassero a circa 12.000 all'anno, con la Lombardia e il Lazio in testa. Tuttavia, "isole felici" come il Friuli Venezia Giulia non adottano la contenzione da 40 anni, e l'Emilia-Romagna ha drasticamente ridotto i suoi numeri.
Un dato preoccupante è la difficoltà di accesso a dati aggiornati e pubblici sulla contenzione a livello nazionale, nonostante lo stanziamento di 60 milioni di euro nel 2021 da parte del Ministero della Salute per il superamento della contenzione in psichiatria. Questo rende difficile un monitoraggio sistematico e una comprensione completa delle proporzioni del fenomeno.
Un aspetto rilevato è che la maggior parte degli SPDC No Restraint si trova in città piccole, con una carenza nelle aree metropolitane. Le unità che applicano il Modello No Restraint tendono ad avere procedure strutturate, in particolare nella gestione del rischio e nella valutazione degli esiti, a dimostrazione del ruolo cruciale dei protocolli organizzativi. Le sfide includono la carenza di personale, il pesante carico psicofisico sugli operatori e la necessità di un lavoro di rete potenziato sul territorio per supportare i pazienti e prevenire le crisi.
Il ruolo delle competenze e dell'équipe multidisciplinare
Un SPDC modello terapeutico alternativo si basa su un'équipe multidisciplinare forte e coesa, composta da medici, infermieri, OSS, psicologi, educatori professionali, tecnici della riabilitazione psichiatrica e addetti alla vigilanza. Il confronto e la collaborazione tra professionisti sono fondamentali, poiché "l'unione fa la forza" e il bene dell'utente è l'obiettivo centrale.
L'educatore professionale, ad esempio, supporta il paziente nella riabilitazione, nell'acquisizione di autonomie di vita quotidiana e nella risocializzazione attraverso laboratori, gruppi e lavoro di rete con i servizi territoriali.
La relazione terapeutica è lo strumento principale in psichiatria. La capacità di entrare in sintonia con il paziente, di conoscere la sua storia e il suo contesto familiare e sociale, permette di prevenire situazioni critiche e di supportare il processo di recupero. L'empatia, l'ascolto attivo e la capacità di negoziare sono abilità imprescindibili che permettono di deflazionare la tensione e di mantenere un rapporto di fiducia, anche in situazioni complesse.
Per concludere, come implementare il modello SPDC No Restraint?
L'implementazione del modello SPDC No Restraint in Italia dimostra la sua fattibilità ed efficacia etica, sottolineando la necessità di superare la contenzione fisica in psichiatria come pratica routinaria. Richiede tempo, pazienza e dedizione da parte del personale, ma porta a significativi benefici per i pazienti, migliorando il clima del reparto, riducendo gli infortuni e aumentando la soddisfazione lavorativa degli operatori.
Gli infermieri, grazie al loro ruolo chiave, possono diventare il driver del cambiamento, proprio come durante la rivoluzione “Basagliana” ma per un'adozione più diffusa di questo modello, sono necessari investimenti nella formazione del personale, nel potenziamento dei servizi territoriali e nella creazione di sistemi di monitoraggio efficaci a livello nazionale. La psichiatria umanizzata non è solo un ideale, ma una pratica concreta che pone al centro il rispetto dei diritti e della dignità della persona, trasformando gli SPDC in luoghi di cura autentica e di recupero.
Basta legare i pazienti. È il momento di scegliere un modello centrato sulla dignità e sull’ascolto, dove ogni persona, anche nei momenti più fragili, sia accolta prima di tutto come essere umano e poi come paziente.
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