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COVID-19

British Medical Journal: Covid-19 non è un'influenza

di Monica Vaccaretti

In un interessante articolo pubblicato sul British Medical Journal lo scorso 10 novembre viene analizzato il modo in cui le persone hanno confrontato, sin dall'inizio della pandemia, Covid-19 e l'influenza. Ancora oggi si sente dire in giro, soprattutto da coloro che non l'hanno mai avuta o l'hanno contratta nelle sue forme più lievi, che la malattia causata da Sars-CoV-2 è proprio come l'influenza. Pertanto non la temono, ne minimizzano la gravità e ritengono esagerate le misure sanitarie messe in atto, come il distanziamento e l'utilizzo della mascherina. Tale convinzione è stata rafforzata quando alcuni virologi hanno iniziato a parlare della possibile evoluzione del virus in qualcosa di più simile all'influenza.

Perché Covid-19 è diverso dall'influenza

Tra influenza e Sars-CoV-2 ci sono sostanziali differenze anche in termini di mortalità

Secondo alcuni esperti anche Sars-CoV-2 potrebbe diventare naturalmente meno mortale per poter continuare a diffondersi nella popolazione. Se un virus uccide troppo, sostanzialmente muore con coloro che uccide.

Se invece si evolve in qualcosa di meno mortale, acquisisce una maggiore possibilità di trasmettersi tra le persone e di sopravvivere a se stesso. I virus diventano generalmente meno gravi ma come in ogni scienza anche in medicina servono prove per supportare le affermazioni. Che ancora non ci sono, purtroppo.

Non abbiamo mai visto l'evoluzione di Sars-CoV-2 su così vasta scala e con così tanto sequenziamento del genoma virale in corso, ha affermato al BMJ Emma Thomson, professoressa di malattie infettive presso il Centre For Virus Research dell'Università di Glasgow. Pertanto simili affermazioni sono soltanto delle ipotesi. Per ora abbiamo soltanto prove migliori per dimostrare che esiste una grande eterogeneità nel modo in cui i virus si evolvono, spiega l'autore della pubblicazione, il giornalista Chris Stokel-Walker.

Ogni anno, secondo i dati dell'Oms, l'influenza uccide in tutto il mondo da 290.000 a 650.000 persone. Non sono poche per un'influenza. È opinione tra le persone che l'influenza che ci colpisce ogni inverno sia una patologia lieve e si sta diffondendo l'idea che anche con il virus responsabile di Covid-19 si debba convivere come fosse un'influenza ora che da pandemico sta diventando endemico. Le cellule bersaglio del virus influenzale e di Sars-CoV-2 sono quelle dell'epitelio respiratorio. Tuttavia questo aspetto non basta a definirli uguali. Nell'articolo si sottolinea che esistono delle sostanziali differenze che li rendono dissimili, soprattutto nella sostanza che il virus necessita per infettare gli esseri umani.

Mentre il virus influenzale di qualsiasi ceppo richiede emoagglutinina e neurominidasi, Sars-CoV-2 usa la proteina S. I due virus sono simili soltanto nelle prime fasi: quando l'infezione è acuta la sintomatologia comprende mal di gola, naso che cola, malessere generalizzato, febbre e dolore. Tuttavia Sars-Cov-2 causa altri sintomi che l'influenza solitamente non provoca, come la perdita del gusto e dell'olfatto. Sono sintomi di interessamento neurologico.

E Sars-CoV-2 è responsabile anche del Long Covid, esiti anche invalidanti a lungo termine che l'influenza non lascia. Inoltre un'influenza si presenta uguale per tutti, non ci sono risposte immunitarie diverse da una persona all'altra anche se la malattia può avere effetti letali nei soggetti fragili. Sars-CoV-2 invece innesca in alcuni soggetti, come ampiamente documentato, una risposta immunitaria consistente ed esagerata che fa ammalare gravemente. Tale differenza nell'evoluzione clinica della malattia fa la differenza tra la vita e la morte. È questo che rende Sars-coV-2 un virus altamente insidioso e difficilmente prevedibile nella sua evoluzione. Non sai mai come ti piglia finché non ti piglia. Che tu sia un soggetto sano o fragile, con o senza comorbidità, poco importa.

Ci sono sostanziali differenze anche confrontando la mortalità tra i due virus. Secondo gli studi presentati nell'articolo, la percentuale di persone morte dopo aver contratto Covid-19 nei primi mesi della pandemia nel 2020 era molto più alto di quello dell'influenza. Risulta inoltre che la mortalità causata da Sars-CoV-2 è stata molto variabile nell'era pre vaccino, poiché hanno influito fattori come l'età, il luogo di vita e di lavoro, l'origine etnica. La vaccinazione anti Covid-19 e la comparsa di nuove varianti clinicamente meno letali hanno ridotto significativamente la mortalità per questa infezione. Mentre nel 2020 il virus Sars-CoV-2 aveva una probabilità 20 volte maggiore di uccidere le persone rispetto all'influenza, ad oggi la mortalità è diventata uguale o inferiore a quella causata dal virus influenzale. Anche se si muore ancora tanto, si stima che i decessi siano lo 0,04%.

I virus mutano, evolvono, formano nuove varianti ed arrivano ad ondate cicliche

Anche il virus influenzale e quello di Covid-19 hanno questo modello di comportamento. La grande differenza è che Sars-CoV-2 si evolve molto più rapidamente di quello influenzale. Basti pensare che soltanto nel 2022 sono almeno quattro le sottovarianti che vengono monitorate dall'Oms, perché ritenute pericolose. Inoltre, Sars-CoV-2 è presente tutto l'anno e non soltanto nei mesi freddi come l'influenza. La velocità con cui varia rappresenta una sfida anche per la riformulazione del vaccino.

Mentre quello antinfluenzale viene aggiornato ogni anno sulla base delle varianti che emergono nei primi mesi invernali dell'emisfero australe, quello contro il Covid richiede uno sforzo maggiore in quanto è difficile tenere il passo di fronte alla velocità con cui emergono nuove varianti. Si ritiene che siano necessarie nuove formulazioni di vaccini di richiamo da somministrare regolarmente per aumentare l'immunità calante. I covid booster stagionali devono essere gestiti in parallelo con la stagione annuale del vaccino contro l'influenza invernale.

È fortemente raccomandato vaccinare contemporaneamente sia contro il Covid 19 che contro l'influenza soprattutto le persone più vulnerabili, come gli anziani, gli immunocompromessi e i soggetti a rischio per esposizione professionale come i sanitari. Se si dovesse presentare una variante più potente – il rischio esiste - potrebbe essere necessaria un'altra vaccinazione di massa per evitare un rialzo dei tassi di mortalità.

Da una recente indagine condotta dall'Oms ad agosto 2022 risulta che globalmente il 30% degli operatori sanitari e il 20% degli anziani non è ancora vaccinato contro Covid-19, molti non hanno eseguito i richiami. Queste lacune vaccinali mettono a rischio tutti.

Occorre trovare certamente un equilibrio con i numeri del contagio, degli ammalati, dei morti, delle persone che si assentano dal lavoro per malattia da Covid e da influenza impattando sull'erogazione dei servizi alle persone. Tuttavia bisogna riconoscere che non ci stiamo ammalando per difetto immunitario, come da alcuni esperti è stato definita la predisposizione ad ammalarsi di più per non essere venuti a contatto per tre anni con i virus.

Alcuni ritengono che l'uso della mascherina durante la pandemia abbia indebolito in qualche misura il nostro sistema di difesa contro gli altri patogeni. È infatti credenza popolare che si diventa più forti ammalandosi, facendo gli anticorpi a tutto. Che gli anticorpi prodotti da un'infezione naturale siano migliori di quelli scatenati dalla vaccinazione. Perché poi ammalarsi quando possiamo evitarlo?

Con Sars-CoV-2 abbiamo avuto un priming immunologico, era la prima volta che un virus animale nuovo di zecca infettava gli esseri umani facendo un salto di specie. Perché rischiare consapevolmente con tutti gli altri virus e minimizzare sui rischi evolutivi di quello responsabile del Covid? Conviverci significa anche e soprattutto prevenire, altresì in previsione di altre recrudescenze o di future pandemie, come ha ammonito il virologo americano Anthony Fauci.

Forse, nonostante tutto, non lo abbiamo ancora imparato. Sembra incredibile, ma bisogna ripartire purtroppo dal lavaggio delle mani. Fintanto che le persone si puliscono le mani piene di secrezioni da starnuto sui pantaloni mentre hanno il gel a portata di mano, non andiamo da nessuna parte. Fintanto che la mascherina viene percepita come una fastidiosa costrizione al respiro e una limitazione alla libertà personale, le malattie a trasmissione aerea saranno ancora paradossalmente un grave problema di sanità pubblica.

Fintanto che non sarà ripresa una efficace comunicazione sanitaria sull'importanza di tutte le vaccinazioni nel contenere e nell'eradicare certe malattie, si continuerà a stare male per niente sino, a chi tocca, a morire. Come in Gran Bretagna, dove a fine 2022 si muore di scarlattina per la quale non esiste un vaccino. Poiché questa malattia esantematica a trasmissione aerea causata dal batterio Streptococco A non dà immunità permanente, l'unico modo per prevenirla è evitare il contagio. Sono morti nove bambini inglesi, sinora, in un focolaio in atto, secondo i dati dell'Agenzia Britannica per la sicurezza sanitaria.

Si moriva di scarlattina nei secoli scorsi. Se non è un nuovo ceppo sconosciuto a scatenare la malattia – le autorità sanitarie stanno indagando - oggi non è accettabile, soprattutto se è a causa dell'ignoranza sui sintomi, di un uso improprio degli antibiotici che provoca resistenza, della disinformazione, della scarsa fiducia nella medicina tradizionale, di una carente igiene personale, di una superficiale leggerezza verso le buone norme di convivenza durante i contatti sociali.

Se siamo nell'era delle pandemie, come hanno lanciato da tempo l'allarme virologi e scienziati di tutto il mondo, allora sarebbe una buona cosa indossare almeno una mascherina per tutelarci nelle situazioni a rischio ossia a contatto con le persone, per lungo tempo. Senza sentirsi a disagio in mezzo alla folla che non la usa. Senza sentirsi dire quando ti togli quella mascherina dalla faccia? Dai, smettila, è soltanto un'influenza.

Infermiere

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