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Editoriale

La variante è cosa nostra

di Giordano Cotichelli

È stato registrato nei giorni scorsi il primo caso in Italia di variante Omicron del Sars-CoV–2. La provenienza è stata accertata in relazione ad alcuni paesi africani, ed in tutta Europa è già allarme. Molti hanno già chiuso le frontiere con i paesi dell’Africa meridionale, ed altre iniziative sembrano prospettarsi per evitare la diffusione ulteriore dell’ennesima variante di un virus che sembra non ne voglia sapere di andarsene.

Varianti dei virus, sempre esistite

Eppure, rischiando di sfiorare le più ardite tesi complottiste, sembra in realtà che siamo noi, o meglio i governi occidentali, quelli più interessati a tenersi questo virus, il quale sembra legittimare tutto ed il suo contrario. E questo proprio a partire dalla nascita e diffusione di varianti di ogni tipo. C’è stato un governo britannico (Johnson) che all’inizio sembrava quasi negare l’esistenza della pandemia, e poi si è avventurato in scelte sanitarie discutibili: vaccinare tutti con la prima dose, aprire tutte le attività etc. Comportamenti che hanno creato le condizioni ottimali allo sviluppo di quella che è stata poi la variante inglese, cugina (si passi l’immagine) della variante brasiliana, strettamente correlata alle scellerate politiche negazioniste di Bolsonaro.

Intendiamoci. Le varianti dei virus esistono da sempre. La capacità di adattarsi, da parte di questo infame mucchietto di proteine, è sostanzialmente un meccanismo di selezione, innescato dalle modificate condizioni ambientali, incontrate volta per volta, degli ospiti e delle modalità di trasmissione.

La variante Omicron dimostra come la pandemia in atto sia una questione da affrontare in maniera globale

Varianti, una responsabilità tutta umana

Alle varianti citate se ne aggiungono molte altre che si sono prodotte per tanti altri motivi. Va però ricordato che in una pandemia proprio gli “altri motivi” sono i fattori che permettono ai microrganismi di innescare, su vasta scala, quei fattori favorenti la catena della contagiosità:

  • alta densità demografica
  • pessimi servizi sanitari
  • basse condizioni di vita e di salute
  • promiscuità fra uomini ed animali (salto di specie), etc. etc.

Non per nulla, molti preferiscono parlare più di sindemia, sottolineando il ruolo sinergico di molti determinanti nello scatenare la pandemia. Ed anche nel caso della variante Omicron, sembra che una responsabilità tutta umana sia evidente; non certamente però legata agli immigrati africani, come già hanno iniziato a far intendere i soliti parolai della politica di facile approccio pulsionale. La variante Omicron dimostra come la pandemia in atto sia una questione da affrontare in maniera globale, dove le risorse a disposizione non solo devo essere condivise da tutti, ma devono essere in primo luogo di miglior accesso ai paesi più poveri, più fragili.

Forse qualcuno si ricorderà delle immagini di indiani disperati in giro per le città con una bombola di ossigeno in braccio, in cerca di un centro dove riempirla, al fine di non far morire asfissiato qualche parente contagiato dal Covid-19, costretto in casa, a causa della saturazione dei posti letto negli ospedali e nelle terapie intensive. Indiani in cerca di ossigeno, nonostante l’India sia un paese produttore di bombole di ossigeno. Stesso discorso vale per il vaccino. Non tutti i paesi produttori del vaccino possono averne una facile disponibilità come accade per i paesi occidentali. E questo provoca uno squilibrio negli interventi, funzionale solo al permanere del virus nelle nostre vite.

La cattiveria del virus è legata unicamente alla cattiveria ed alle iniquità delle società umane

NurseReporter

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