Descritta fisiologicamente come un disturbo dell'apparato fonatorio dovuto a spasmo intermittente di origine psico-emotiva, la balbuzie è un disturbo del linguaggio. È l'atto di parlare in maniera disfluente. È un disordine involontario del ritmo della parola (Oms, 1977). Meglio definita come un disturbo della fluenza, è caratterizzata da ripetizioni di sillabe o parole, prolungamento di fonemi (consonantici e vocalici) e da pause del discorso, sonore o mute. Tali blocchi sono visibili e udibili. La frase pronunciata non è fluida e continua, riesce esitante ed interrotta (disritmia). La balbuzie si accompagna, nel bambino in età scolare e nell'adulto, anche a segni intesi come movimenti: oscillazioni della mandibola, contrazione dei muscoli mimici (tic facciali) o del corpo e degli arti, ammiccamenti (sbattere delle palpebre), deviazioni degli occhi per incapacità di sostenere lo sguardo dell'interlocutore.
Che cos’è la balbuzie
La balbuzie (stuttering) si differenzia dal cluttering, ossia dal farfugliamento. Chi farfuglia ha infatti un eloquio veloce, disordinato, disritmico, difficilmente intellegibile, spesso associato a limitati tempi di attenzione e a problemi di linguaggio verbale (di espressione e di comprensione). E soprattutto, a differenza del balbuziente, chi farfuglia non si rende conto del suo modo di parlare e quindi non se ne preoccupa e non ne soffre psicologicamente.
La persona disfluente differisce dalla persona che parla fluentemente, la quale pronuncia il discorso in maniera continua e scorrevole, a velocità normale, articolando bene le parole e dedicando la propria attenzione a ciò che si deve dire e non al modo in cui deve essere detto. Chi ascolta una persona normofluente si concentra su cosa viene detto e non è distratto dal modo con cui si pronunciano le parole. È disfluenza invece “tutto ciò che chi parla e chi ascolta sente e percepisce come anomalo nel normale e fisiologico scorrere della parole”. Si sottolinea inoltre che la balbuzie è un problema con profonde implicazioni psicologiche, basate soprattutto sul timore del giudizio altrui e su un forte meccanismo di controllo nell'atto della fonazione.
Si ritiene che il disturbo sia ereditario o comunque ci sia una predisposizione geneticamente determinata, come risulta indagando le anamnesi familiari e se non si riscontrano microdanni del sistema nervoso centrale, in epoca pre-peri e postnatale, difficili tuttavia da evidenziare con l'imaging. Secondo Schindler – audiofoniatra di Torino e uno dei maggiori studiosi di balbuzie in Italia - un individuo nasce o diventa disfluente e la società lo trasforma in balbuziente. “Una persona affetta da balbuzie non balbetta quando pensa, sogna, parla da sola o con gli animali o in na lingua straniera, canta o recita”.
Classificazione di balbuzie
Si distingue in:
- balbuzie evolutiva, la più diffusa ad esordio prevalentemente nella prima infanzia
- balbuzie neurogena (conseguente ad alterazioni cerebrali)
- balbuzie psicogena (secondaria ad alterazioni psichiche).
Viene classificata solitamente in tre forme: tonica, clonica e mista. Nella balbuzie tonica i blocchi sono improvvisi e parossistici di emissione del linguaggio per cui la persona non può cominciare un dato fonema o non riesce a superarlo per passare ad un altro. La forma clonica/b> si presenta con una ripetizione convulsiva di un fono, di una sillaba o di una parola soprattutto all'inizio della produzione verbale o durante l'enunciazione di una frase.
Trattamento e obiettivi terapeutici
Considerando i fattori di rischio e quelli predittivi di recupero spontaneo, gli specialisti trattano la balbuzie valutando anche i meccanismi linguistici, motori, neuropsicologici e psicologici che possono causarla. Logopedista, foniatra, psicologo, neuropsichiatra infantile collaborano in un intervento integrato formulando una valutazione, strutturata e personalizzata, che riguarda le competenze linguistiche, motorie, cognitive, sociali ed emotive. La riabilitazione, differente in relazione con l'età e del tempo che è passato dai primi sintomi alla presa in carico, prevede il convolgimento dei familiari in caso di minori e tiene conto che il disturbo comporta limitazioni e restrizioni sociali nonché cambiamenti profondi nella personalità. Il trattamento ha una durata media di circa sei mesi.
Gli obiettivi sono il ripristino della fluenza normale (se il disturbo è precoce e prescolare), la riduzione della severità e della frequenza degli episodi di balbuzie, la riduzione e la progressiva eliminazione dei sintomi emozionali e dei comportamenti evitanti, il miglioramento dell'interazione e dell'iniziativa comunicativa, la normalizzazione delle reazioni emotive e dei comportamenti non adeguati da parte degli interlocutori soprattutto in famiglia e a scuola, la normalizzazione in età evolutiva di eventuali incompetenze verbali (disturbi o ritardi dell'articolazione, del linguaggio espressivo, dell'attenzione).
Considerando che è importante curare il balbuziente e non la balbuzie (Bitetti, 2001), tali obiettivi terapeutici possono essere raggiunti attraverso il counseling familiare e individuale, il training logopedico, le tecniche di rilassamento, le tecniche basate sul biofeeback sensoriale multiplo, il parent training o colloqui sistematici con i familiari, la presa in carico del paziente secondo l'approccio cognitivo-comportamentale per far acquisire consapevolezza. L'intervento logopedico consente di imparare a parlare in maniera dolce, morbida, rilassata allo scopo di balbettare fluentemente prevedendo attacchi dolci, contatti articolari leggeri e attenzione consapevole ai movimenti. I balbuzienti devono imparare a parlare con lentezza, scandendo bene le parole senza avere paura di interrompersi.
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