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Dossier

Sconfiggere il mostro e il dolore con compartecipazione civica e umana

di Danila Amantini

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Le riflessioni di Danila Amantini, infermiera dell’Unità Operativa di Cure Palliative e Terapia Antalgica di Rimini

 

RIMINI. Ogni giorno entro in quella stanza, ci guardiamo, ci osserviamo, ci capiamo, ci basta uno sguardo per  comprendere se è una giornata si o una giornata no. A volte basta un sorriso, qualche chiacchiera in più, a volte non basta nemmeno la quarta dose giornaliera di anestetico in via peridurale per cacciare il MOSTRO.

 

Lei lo chiama cosi. Il MOSTRO che si è impadronito di lei da quattro anni. Il MOSTRO non la fa vivere di giorno e non la fa dormire la notte. Da quattro anni ad oggi M. soffre di un dolore cronico nella regione sacrale, iniziato dopo una radioterapia. Tutta la sua vita e quella dei suoi familiari, ruota intorno al mostro da quattro anni. Ha visitato vari centri sparsi per tutta Italia specializzati nella cura del dolore, ma il mostro è ancora li, imperterrito, cattivo, atroce.

 

Ogni giorno M. aggiunge un aggettivo nuovo per descriverlo. M. è ricoverata da un mese nella Terapia Antalgica di Rimini, ha sperimentato svariate terapie specifiche per il suo tipo di dolore , assistita da sapienti medici e pazienti infermieri; ma il MOSTRO c’è ancora e la perseguita giorno e notte.

 

Sono un’infermiera che ha lavorato per sei anni all’area critica, sempre con un particolare interesse per la tematica del dolore, e da pochi mesi a questa parte mi dedico quotidianamente alla cura del dolore prevalentemente cronico, dei degenti dell’Unità Operativa di Cure Palliative e Terapia Antalgica di Rimini.

 

Voglio portare una testimonianza vera, profonda, che tocchi il cuore e l’anima di chi vive quotidianamente a contatto con la malattia, la sofferenza, ma anche di tutte quelle persone che ne sono estranee, che non conoscono il nostro mondo. La giornata Isal deve rendere visibile a tutti l’universo della sofferenza dimenticata: i malati di dolore cronico.

 

Dobbiamo garantire loro, il diritto di non soffrire di un dolore inutile, e soddisfare il bisogno di tutela della dignità personale e dei famigliari, secondo i principi dell’umanizzazione dei luoghi di cura e i dettami di politica sanitaria. Dobbiamo soddisfare bisogni di carattere sanitario, ma anche bisogni sociali.

 

Tutto con la massima trasparenza nelle scelte e con la consapevolezza che noi operatori siamo gli  strumenti primari della qualità. Dobbiamo operare nel totale rispetto della persona che ci si affida. La cui cura è dovuta e deve essere resa con compartecipazione civica e umana.

 

I valori ai quali ci affidiamo sono affidabilità, efficacia degli interventi e dei risultati, qualità, trasparenza, valorizzazione del capitale umano e professionale e la persona in senso olistico sempre in primo piano.

Il dolore è una malattia.

Infermiere

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