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Attualità Infermieri

Giorno del ricordo, il mondo dentro una buca

di Sara Di Santo

Una delle più grandi tragedie italiane del Novecento, oltre diecimila italiani inghiottiti dalla storia. Il dieci febbraio è il Giorno del ricordo, in memoria delle vittime delle foibe e degli esuli istriano-dalmati costretti alla fuga dalle loro case di Istria, Fiume e Zara a seguito della sconfitta dell'Italia nella IIª Guerra mondiale.

Parlare, vedere e conoscere per non dimenticare le vittime delle foibe

Le infermiere della Croce Rossa avevano preparato un piatto di pasta da offrire ai profughi, ma una folla eccitata rese impossibile questo semplice gesto di umanità; anzi, quegli esagitati ci volevano linciare. Fu così che gli Esuli si resero conto improvvisamente e dolorosamente di avere sognato un’Italia che forse non esisteva (Remo Calcich, “Italiano con la coda”).

Solo dal 2004 il dieci febbraio è riconosciuto come il Giorno del ricordo, per non dimenticare la tragedia delle foibe e il relativo esodo di 350.000 italiani da Istria, Fiume e Dalmazia.

Un muro d’oblio che – in pochi lo sanno – la Croce Rossa Italiana, con la sua opera di mediazione per la liberazione dei prigionieri italiani nei campi di concentramento del confine orientale, ha aiutato sensibilmente a sgretolare.

Nel processo di emersione della vicenda – spiega l'ex Presidente nazionale di Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca - significativa rilevanza hanno avuto i report stilati dalla Croce Rossa e dalla Guardia di Finanza, tra i pochissimi documenti non distrutti attraverso i quali è stato possibile ricostruire i fatti e, talvolta, ritrovare alcuni nomi di persone ‘scomparse’.

Personale della Croce Rossa Italiana fu arrestato, a Trieste e Pola, tra il maggio e il giugno del 1945 – continua Rocca - Di loro non si è più saputo nulla.

Oggetti del quotidiano, tracce di umanità: Il Magazzino 18

C’è un magazzino al porto di Trieste, il Magazzino 18, nel quale, tra la polvere di sessant’anni abbondanti, sono ancora accatastati gli oggetti con impressi i nomi dei loro antichi proprietari, tracce di una tragedia per troppo tempo taciuta.

Un luogo di memoria, di storia e di etnografia. Un contenitore di silenzio e sradicamento, che evoca pensieri, eventi, vicende familiari di una comunità gettata fuori dalle proprie case con la violenza psicologica e fisica nella metà del Novecento.

Cumuli di masserizie ammucchiate che ricordano uomini e donne trucidati in nome di una pulizia etnica che ha segnato una delle pagine più buie della nostra storia, di italiani e di esseri umani.

Una vicenda da raccontare alle giovani generazioni, perché purtroppo la storia si ripete e, ancora oggi, sono tante le popolazioni in fuga dalla violenza, dalla tortura e dalle guerre, alla ricerca di un futuro migliore

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