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Italia tra gli ultimi in Europa: mancano 175mila infermieri

di Silvia Fabbri

L’Italia resta nelle retrovie europee per dotazione di personale infermieristico. Lo conferma il Report 2025 diffuso dal Nursing Up, elaborato su base confronto OCSE–Eurostat: i dati aggiornati collocano il nostro Paese tra i fanalini di coda in Europa per numero di infermieri ogni 1.000 abitanti.

Carenza strutturale: tra 6,2 e 6,4 infermieri ogni 1.000 abitanti

Secondo il sindacato, i numeri peggiorano rispetto alle ultime stime ufficiali. L’Italia scende a un rapporto compreso tra 6,2 e 6,4 infermieri ogni 1.000 abitanti, in lieve calo rispetto al 6,5 per 1.000 indicato nei mesi scorsi.

Per allinearci agli standard europei, lo diciamo da tempo – spiega Antonio De Palma, presidente Nursing Up – servirebbero almeno 175mila infermieri in più. Un vuoto che si allarga ogni anno, alimentato dalla fuga dei professionisti, dai ritmi insostenibili e dalla mancanza di investimenti adeguati.

Il confronto europeo: fanalino di coda tra i Paesi OCSE

Nella classifica OCSE–Eurostat, l’Italia si colloca nella fascia più bassa del continente, ben lontana dai livelli di riferimento delle nazioni leader:

Paese Infermieri per 1.000 abitanti
Svizzera 18,37
Norvegia 18,01
Islanda 15,63
Finlandia 14,26
Lussemburgo 12,80
Irlanda 12,06
Germania e Paesi Bassi circa 11
Svezia 10,85
Francia 9,66
Regno Unito 8,46
Lituania 7,30
Portogallo 7,08
Estonia 6,50
Italia 6,2 / 6,4

Più indietro, solo Polonia, Grecia e Turchia. L’Italia si ferma appunto a 6,2–6,4, appena sopra la Spagna (6,0) e lontana dalle medie scandinave.

La situazione non cambia se il confronto si sposta sul piano globale. Tra i Paesi del G7 (fonte OCSE 2022) l’Italia risulta ultima per numero di infermieri per 1.000 abitanti (6,6), dietro Regno Unito (8,7), Giappone (12,1), Germania e Stati Uniti.

Italia quintultima in Europa per numero di laureati in infermieristica

Il quadro si aggrava considerando la formazione: in Italia si registrano 17 laureati in infermieristica ogni 100.000 abitanti, contro i 38 della Francia e i 65 degli Stati Uniti.

L’analisi mostra che tra i 23 Stati UE di cui sono disponibili dati comparabili, l’Italia si colloca quintultima per numero di laureati infermieri. Solo 17 ogni 100.000 abitanti nel 2020.

Nel decennio 2010–2020, la situazione è rimasta sostanzialmente ferma, mentre in Paesi come Malta o Ungheria il numero di laureati si è triplicato. La Svizzera guida la classifica con 112 laureati per 100.000 abitanti.

Retribuzioni sotto la media europea

Anche sotto il profilo retributivo, l’Italia resta indietro. I dati OCSE indicano una media di 32.600 euro annui per un infermiere italiano, contro una media UE di 39.800 euro. Il divario è netto rispetto a Paesi come Lussemburgo (79.000 euro), Belgio (72.000) e Paesi Bassi (54.000).

Anche il rinnovo del contratto non basta a colmare un divario così marcato. I giovani se ne vanno, e chi resta è stanco, sottopagato, spesso non riconosciuto, commenta De Palma.

Un allarme condiviso: Corte dei Conti e FoSSC

L’analisi del sindacato si aggiunge a un quadro di preoccupazione ormai diffuso. Nella recente udienza sul Rendiconto generale dello Stato, la Corte dei Conti ha definito le liste d’attesa «un fenomeno vergognoso per un Paese civile».

Il Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri e Universitari (FoSSC) ha ribadito che la carenza di infermieri è uno dei principali nodi strutturali da affrontare per garantire l’equilibrio dell’assistenza pubblica.

La politica non ha più alibi — conclude De Palma — Serve un piano straordinario nazionale che riconosca finalmente il valore reale della professione infermieristica, investa su percorsi di carriera, rinnovi modelli organizzativi e sostenga chi ogni giorno garantisce il diritto alla cura. Senza infermieri, l’Italia si svuota: il SSN si regge sul sacrificio di professionisti esausti e invisibili. Ignorare questa realtà significa compromettere la tenuta stessa del nostro sistema sanitario.

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