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Editoriale

C'è bisogno di milioni di nuovi operatori sanitari

di Monica Vaccaretti

Un contingente di organico non sufficiente diventa un problema serio con otto miliardi di persone che impattano notevolmente sulla salute globale e sulla salute del pianeta. Ad una moltitudine di queste dimensioni corrisponde una enorme domanda di assistenza sanitaria. Poiché la salute è un bene primario di ogni individuo ci sono verosimilmente otto miliardi di bisogni di salute, ogni giorno, in termini di educazione, prevenzione e cura.

Preoccupa la decrescita dell'occupazione nel settore sanitario

Gli italiani sono il popolo più longevo al mondo. Un primato che diventa un problema di welfare.

Qualche giorno fa, il 15 novembre, in qualche parte del pianeta, secondo le stime delle Nazioni Unite è nato certamente l'ottavo miliardesimo essere umano attualmente vivente. È un numero spaventoso, a ben contarci. Sembra difficile pensarci così tanti. E tra questi otto miliardi si stima che gli operatori sanitari siano milioni, con oltre il 70% di donne, ma secondo un'analisi condotta nel 2015 dall'Oms al mondo ne servirebbero oggi ben 18 milioni.

C'è bisogno di milioni di nuovi operatori sanitari, principalmente nei paesi a basso e medio reddito, nel contesto di una domanda più ampia prevista di 40 milioni entro il 2030. Il personale sanitario invece manca un po' dappertutto. I professionisti della salute dovrebbero essere quindi un duecentesimo della popolazione mondiale per rispondere bene ai bisogni di salute dell'umanità e garantire ovunque cure adeguate.

Mi piace pensare comunque che la categoria, tra le tante professioni che nobilitano l'uomo, sia una porzione demografica importante. Preoccupa che il tasso di crescita nell'occupazione nel settore sanitario non sia elevato. Si registra piuttosto una decrescita significativa in tutto il mondo.

Non si riesce a reclutare il personale e a reintegrarlo, molti lasciano volontariamente. Un contingente di organico non sufficiente diventa un problema serio con otto miliardi di persone che impattano notevolmente sulla salute globale e sulla salute del pianeta. Ad una moltitudine di queste dimensioni corrisponde una enorme domanda di assistenza sanitaria. Poiché la salute è un bene primario di ogni individuo ci sono verosimilmente otto miliardi di bisogni di salute, ogni giorno, in termini di educazione, prevenzione e cura.

È un lavoro incredibilmente immane che diventa più comprensibile e fattibile se rimpicciolito a livello dapprima nazionale e poi locale. Come un google map, il satellite salute dall'infinito grande scende a focalizzarsi su un punto preciso della Terra. Un ospedale cittadino. L'ambulatorio medico in un quartiere. Una casa in periferia visitata dall'operatore addetto all'assistenza domiciliare.

Un recente studio condotto dall'Onu evidenzia che oggi vive un numero di persone quattro volte superiore a quello di cento anni fa. La crescita demografica è stata esplosiva, senza precedenti nella storia dell'uomo. Scopro che, quando sono nata - nel 1973 - nel mondo c'erano soltanto 3,92 miliardi di persone ed il tasso di natalità era addirittura di 4,42 figli per donna. Da allora si sono aggiunte altri 4,05 miliardi di individui. Siamo raddoppiati.

La popolazione mondiale è cresciuta pertanto del 103% ma con un tasso medio di natalità sceso a 1,3. Paradossalmente oggi si nasce di più dove si vive peggio o dove si è già in tanti. Cina, India e Brasile. In ogni caso siamo cresciuti a dismisura, nonostante la malattia e la morte.

Allunghiamo la vita il più possibile, talvolta oltre ogni ragionevole previsione e condizione. Sopravviviamo più delle generazioni passate, grazie globalmente alle migliori condizioni di vita e ai progressi della scienza nella nutrizione, nella sanità pubblica, nell'igiene personale e nella medicina. Gli italiani sono il popolo più longevo al mondo. Un primato che diventa un problema di welfare.

Nel mondo si vive più a lungo per un accesso generalmente migliore all'assistenza sanitaria, al cibo, all'acqua potabile e ai servizi sanitari. E rispetto al passato soltanto una quota minore di esseri umani, tra questi otto miliardi, vive in condizione di estrema povertà. Dal report delle Nazioni Unite emerge che le persone che vivono nei Paesi più ricchi hanno aspettative di vita fino a 30 anni più lunghe di quelle che vivono nella parte povera del pianeta.

Sulla Terra (per ora) c'è posto per tutti, ma non siamo purtroppo distribuiti in modo uniforme: risulta infatti che metà della popolazione mondiale vive concentrata in 7 Paesi. Quattro miliardi di persone vivono pertanto ammassati in zone densamente popolate. Questo aspetto non è una buona cosa, per la loro salute e quella dell'ambiente che li ospita.

Con un numero destinato a raggiungere quasi i 10 miliardi nel 2050, vien da pensare che siamo decisamente un po' troppi, soprattutto per i sistemi poco sostenibili con cui ci ostiniamo a vivere e che fanno ammalare il pianeta, come drammaticamente emerso nell'ultima inconcludente COP27 sui cambiamenti climatici.

Negli ultimi due secoli, da quando è iniziata l'era industriale - fondando lo sviluppo e il benessere sul carbon fossile, gli idrocarburi e la plastica - abbiamo largamente inquinato il Pianeta color del cielo e dell'acqua. E stiamo diventando una presenza ingombrante che disturba l'equilibrio delle altre specie viventi e minaccia l'ecosistema.

Siamo una famiglia umana sempre più numerosa ed un solo popolo, è cosa lieta, come ha dichiarato il Segretario Generale delle Nazioni Unite Guterres in occasione della Conferenza Internazionale sul clima. Tuttavia, se non riusciamo a colmare l'enorme divario globale tra agiati e indigenti, saremo in rotta verso un mondo di otto miliardi di abitanti pieno di tensioni, diffidenza, crisi e conflitti. La nostra famiglia umana diventa sempre più divisa, perché con la crescita della ricchezza e della salute del mondo negli ultimi decenni sono aumentate anche le disuguaglianze. Tale disparità è drammaticamente esacerbata da una crisi climatica in costante accelerazione e da una sbilanciata ripresa della pandemia da Covid-19. Ogni singolo membro di una famiglia umana di otto miliardi di persone ha uguali diritti e libertà.

Come affrontare concretamente con equità ed etica questa sfida di salute globale e circolare i grandi della Terra non lo hanno ancora capito. O se lo hanno capito non si decidono a farlo. O forse farlo è ormai troppo tardi. O semplicemente non ci si mette d'accordo per gli interessi del mondo umano che vanno in senso contrario a quelli universali del Pianeta.

Siamo otto miliardi

È meraviglioso pensare a 8 miliardi di persone che vivono insieme sotto questo cielo, 16 miliardi di occhi che se non ci fosse l'inquinamento luminoso vedrebbero ancora ogni notte la Via Lattea. Ci perdiamo il cielo migliore. Mi piace pensare a miliardi di persone che ogni mattino si svegliano quando altri dall'altra parte del globo hanno già finito di vivere il loro giorno e sono sempre un giorno avanti o uno indietro. A 8 miliardi di persone, di diversa etnia e differenti culture, che fanno le stesse cose umane che rendono umani gli esseri umani. Human being human.

Ridono, amano, piangono. Giocano. Si divertono. Studiano, lavorano, rendono piacevole il loro tempo libero. Godono della natura. Sognano. Siamo otto miliardi fatti di sogni. Siamo fatti della stessa sostanza. Della stessa carne, anche se di pelle di vario colore e tratti somatici distintivi. Degli stessi pensieri, anche se espressi in lingua diversa.

Le emozioni parlano il linguaggio del corpo umano e dell'anima, non ci sono differenze. Siamo 8 miliardi che non si incontreranno mai, potremmo sfiorarci passarci accanto perderci di vista incontrarci per sbaglio sfuggenti senza conoscersi mai. Una vita non basterebbe anche solo per vedere dal vivo tutta questa umanità. Possiamo soltanto pensarci come un unico insieme ed accontentarci di conoscerci solo in una percentuale molto bassa.

Le famiglie, anche e forse maggiormente quelle numerose come la nostra, restano unite nella buona e nella cattiva sorte e anche se sono distanti. Le famiglie sono fatte per capirsi e venirsi incontro, per affrontare insieme i problemi e trovare soluzioni per crescere, sostenersi e migliorare. Capita che si disgreghino, che i membri si allontanino. Ognuno va per la sua strada. O ci si fa la guerra. Anche questa è una cosa umana che fanno soltanto gli esseri umani. Stiamo andando tutti e 8 miliardi verso la stessa autostrada per l'inferno climatico, come ha ammonito Guterres aprendo i lavori della Conferenza, più o meno consapevolmente e con vari gradi di responsabilità.

In ogni caso, a seconda della prospettiva con cui guardiamo il mondo, si potrebbe dire che viviamo troppo a lungo o moriamo troppo poco. Le tendenze sulla natalità e la mortalità sono diverse da Paese a Paese. Ci sono posti in cui si nasce poco e si invecchia troppo. Altri dove si nasce tanto e si muore presto. Altri ancora dove la maggior parte della popolazione è giovane ed ha buone prospettive di vivere a lungo e in buona salute. Il mondo è bello perché è variegato.

Ciascuno, sebbene parte di una famiglia di 8 miliardi di persone che non si conoscono nemmeno, ha diritto di viver in pienezza e in salute la propria vita. Di rendere meraviglioso ogni momento e di cogliere le opportunità della vita che gli è capitata in sorte. Siamo come parenti lontani, sappiamo di averli, che fanno parte della nostra storia ma non ci si vede mai. Ci basta solo sapere che stanno bene. O forse non ce ne importa niente.

Il mondo è davvero troppo grande per contenere tutti nel nostro microcosmo. E di questi otto miliardi alla fine ci interessano solo gli esseri umani più vicini e cari. Siamo troppi per essere pensati tutti con lo stesso affetto. Sappiamo di esserci, ma sentirsi con la stessa intensità è una dimensione lontana. Il pensiero umano è troppo piccolo per contenere tutta questa gente.

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