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Convegno Infermieri

Percorso di cura dopo la dimissione dalla terapia intensiva

di Chiara Vannini

Il percorso di cura del paziente dopo la dimissione dalla terapia intensiva, questo il tema del primo convegno dell’Associazione Andrea Lupo Onlus, che si è tenuto sabato 13 maggio a Rimini.

Vivere dopo la terapia intensiva, primo convegno dell’Andrea Lupo Onlus

L'obiettivo dell'incontro organizzato dall'Associazione Andrea Lupo Onlus questo incontro era quello di presentare testimonianze che mettessero in luce l’importanza professionale ed umana del progetto dell'ambulatorio di follow-up dedicato ai pazienti ricoverati in terapia intensiva, mettendo in luce le finalità dell’associazione.

Andrea Lupo era un grande medico anestesista, che oltre alla sua grande professionalità e preparazione, aveva un approccio talmente umano da riuscire ad entrare nel cuore dei pazienti, delle donne che assisteva durante la partoanalgesia, dei famigliari e dei colleghi.

Facciamo il lavoro più bello del mondo. L'amore va rispettato e quando si tratta di amore si è sempre almeno in due

Il dottor Montanari ha ricordato, commosso, alcune frasi di Andrea, che parlava sempre di “noi”, mai di “io”.

I pazienti ricoverati in rianimazione dopo la dimissione presentano spesso problematiche psicologiche e una sorta di abbandono, ha affermato Giuseppe Nardi, direttore dell’U.O. di Terapia Intensiva dell’Ospedale Infermi, perché le persone che li circondano non sono preparate ad aiutarli.

Al convegno è stato presente anche il Rabih Chattat, professore di psicologia dell'Università di Bologna, che ha raccontato come l'esperienza della rianimazione sia vissuta come un trauma, dovuto alla paura, alla minaccia della sopravvivenza e all'imprevedibilità.

Più l'evento è inatteso, continua Chattat, più è incontrollabile, imprevedibile ed ignoto. Alla dimissione dalla terapia intensiva il paziente porta con sé ricordi sull'interazione con lo staff anche persecutori, ricordi dell'ambiente (luci, rumori...) e sulle procedure mediche.

La voce di chi vive la terapia intensiva sulla propria pelle

Dopo la lezione magistrale di Chattat è stata la volta dei protagonisti che vivono o hanno vissuto la terapia intensiva in prima persona.

La prima a prendere la parola è stata Augustina, ricoverata per 102 giorni in rianimazione e poi trasferita in una terapia intensiva riabilitativa. Augustina non ricorda molto di quel periodo; ricorda gli ambienti, gli infermieri, ma è un ricordo vago, perché era sempre in una sorta di "dormiveglia".

Alla domanda com'era la tua giornata? Augustina risponde: guardavo tutti, gli infermieri, i pazienti.

E cosa ti spaventava? La notte. Dovevo essere aspirata spesso e la notte avevo paura di non respirare. Ricordo che mi raccomandavo un po' con tutti quelli che passavano, perché avevo paura di morire soffocata.

E alla dimissione? Sono stata molto fortunata. Molto seguita da famigliari e infermieri, anche nella struttura riabilitativa.

Mi sento molto cambiata. Sono più sensibile, piango più facilmente. Sono più delicata, mi affatico spesso. Non ho più il carattere di prima. Penso che come prima non tornerò più

Quanto è stata importante la presenza dei famigliari? I famigliari sono stata una parte importante. Ogni giorno non vedevo l'ora che arrivassero.

Poi è stata la volta della figlia di un paziente, anche lui ricoverato in terapia intensiva. È stata un'esperienza traumatica. Vieni catapultato in un'altra realtà. Siamo sempre stati supportati, anche psicologicamente e il supporto che ci è stato dato all'inizio, ci serve ancora oggi per poter affrontare le cose, visto che il percorso non è finito. Il supporto è servito a noi famiglia, per aiutare nostro padre.

Poi ha parlato Francesca, infermiera di rianimazione. Esordisce dicendo quanto sia sbagliato chiamare i nostri pazienti, "pazienti". La persona che abbiamo di fronte non è semplicemente “il paziente del letto 1”.

La vita che abbiamo con i nostri pazienti è ricca. Chi si occupa di loro non può non pensare alla complessità dell'uomo e l'intervento infermieristico deve tener conto degli aspetti sociali, relazionali, psichici, e non solo della patologia. In questo gli infermieri hanno una visione diversa dal medico; se il medico si concentra sull'anamnesi, l'infermiere indaga gli aspetti più "intimi”: la sua famiglia, la cura di sé, i suoi oggetti personali.

E continua: Il nostro modo di agire cambierebbe se conoscessimo gli esiti del nostro prenderci cura. Potrebbero aiutarci a capire i nostri punti di forza e quelli di debolezza, che potremmo migliorare.

La parola è passata poi alla figura del medico, che descrive i sentimenti di dolore, apatia e sofferenza che vanno conosciuti e gestiti. E di come i ruoli di medico e infermiere siano diversi, ma complementari.

Laura, infermiera della Terapia Intensiva di Cesena, ha raccontato la loro attività nell'ambulatorio di follow-up nata, un po' per la curiosità di sapere come stavano i loro pazienti dopo la dimissione e per capire che problemi incontrano le persone quando vanno a casa.

Infine è stato Giuseppe Naretto, anestesista del San Giovanni Bosco di Torino, a prendere la parola e, raccontando la sua esperienza di ambulatorio di follow-up, ha spiegato come l'obiettivo sia quello di costruire un percorso di cura coordinato multidisciplinare per i pazienti.

Cosa può spingerci a fare meglio?

Andrea Lupo, anestesista e rianimatore scomparso prematuramente all'età di 48 anni

Un convegno intenso, ricco di belle esperienze raccontate e vissute: un’opportunità di miglioramento, per poter lavorare sempre con maggior coscienza, nel rispetto del paziente, della sua integrità, del suo vissuto, tenendo conto delle sue paure e dei suoi bisogni.

Che cosa può spingerci a cercare di fare sempre del nostro meglio?

L'esempio di Andrea, perché ha sempre messo anima e corpo nel suo lavoro e ha fatto davvero la differenza, in chi l'ha conosciuto.

E la storia di Augustina, il nostro miracolo e la nostra grande soddisfazione umana, che oggi va ad aiutare coloro che si trovano nella sua situazione, infondendo coraggio e ricordandoci che dalla rianimazione se ne può uscire da vincitori.

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