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Spesa sanitaria, in calo quella per il personale

di Redazione

Le considerazioni di Barbara Mangiacavalli sul Rapporto Rgs

Secondo il Rapporto della Ragioneria generale dello Stato (Rgs) la spesa per il personale è crollata da un incremento annuo del 2,9% nel 2006-2010 a un decremento del -1,2% nel 2011-2015. E il personale (di tutto il Ssn) perde 35mila unità.

Presidente I

Barbara Mangiacavalli

"Un risultato scontato: le politiche di soli tagli e razionalizzazioni hanno avuto il loro effetto sulla spesa. Ma a pagare è stata l’organizzazione del personale, falcidiato da tagli e risparmi oltre ogni misura accettabile".

Interviene così la Presidente Ipasvi Barbara Mangiacavalli, che affida al portale della Federazione Nazionale dei Collegi Infermieri la sua analisi dei dati emersi dal rapporto Rgs sulla spesa sanitaria: la spesa per il personale ha subito un calo dal 33 al 31% in quattro anni.

"La spesa per il personale nel 2015 è stata di 31,6 miliardi secondo il Rapporto 2016 della Ragioneria dello Stato sul Monitoraggio della spesa sanitaria, con un calo dello 0,5% rispetto al 2014. La spesa per i redditi da lavoro dipendente è passata da un incremento medio annuo del 2,9% nel 2006-2010 a una riduzione dell’1,2% nel 2011-2015, abbassando il peso percentuale sulla spesa sanitaria complessiva di questa voce dal 33,2% del 2010 al 31,1% del 2015. Tra il 2010 e il 2014 (ultimo disponibile) il Ssn ha perso personale stabile dipendente per 25mila unità.

Le cause? Ovvie, ma la Ragioneria generale dello Stato le elenca e le conferma: blocco del turn over per le Regioni sotto piano di rientro (totale o parziale) e politiche di contenimento degli organici attivate anche dalle Regioni non in piano di rientro. Poi, il blocco dei contratti e il divieto, fino al 2014, del riconoscimento di incrementi retributivi al di sopra del livello del 2010. Nelle Regioni in piano di rientro è andata peggio: sono passate da un incremento medio annuo dell’1,9% nel periodo 2006-2010 a una variazione media annua in negativo (-2,3%) nel 2011-2015 e qui la spesa per il personale ha perso ancora più peso, passando dal 32,1% del 2010 al 28,9% del 2015. Anche le Regioni non in piano di rientro hanno registrato una crescita negativa del -0,5%, rispetto a un incremento medio annuo dal 3,2% nel 2006-2010. Si riduce anche il peso della spesa per il personale sulla spesa sanitaria regionale, che passa dal 33% del 2010 al 31,3% del 2015.

Eppure la spesa sanitaria non si ferma. E senza manovre locali il disavanzo secondo l’Economia resta a livello di 1,2 miliardi. Come dire, se c’è un surplus di spesa “casualmente” dimostrato subito prima della legge di bilancio, aumentare il fondo dei due miliardi promessi dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin potrebbe essere anacronistico. Magari, come ha dichiarato nelle scorse settimane Matteo Renzi, un aumento ci sarà, niente tagli, anche se, magari, sarà intorno agli 800 milioni-un miliardo. Il resto lo risparmino le Regioni che oggi ancora spendono troppo. E magari a farne le spese saranno ancora una volta i contratti e il reintegro indispensabile di organici ormai ridotti all’osso e di cui fanno parte professionisti sempre più stanchi e anziani. Il Def che sta per essere presentato ci dirà la prima verità sulle cifre.

Se i bilanci in qualche modo sono ancora in deficit e la spesa per il personale dipendente è invece a picco l’equazione è evidente: a pagare finora è stato chi lavora nel Ssn, anche se ha comunque garantito i risultati che la stessa Ragioneria generale dello Stato riconosce nel rapporto: la vita media aumenta e questo, si legge, è dovuto al miglioramento del livello generale delle condizioni di salute e la salvaguardia dello stato di benessere psico-fisico della popolazione, che costituiscono “un risultato importante sotto il profilo del soddisfacimento dei bisogni sanitari. Inoltre, presenta risvolti positivi anche in termini di contenimento della spesa sociale”.

Tutto bene quindi? No, visto che questo è un risultato legato alla professionalità e alla buona volontà di chi opera nel Servizio sanitario che nonostante tutto ha fatto fronte ai bisogni di una popolazione sempre più anziana, con patologie croniche in aumento e in molti casi non autosufficiente.

Abbiamo denunciato la mancanza di almeno 47mila infermieri per poter alzare il livello del servizio, specie sul territorio dove anziani, cronici e non autosufficienti vivono i loro bisogni. Abbiamo denunciato la perdita di potere di acquisto della categoria in questi anni di circa il 25% delle retribuzioni. Abbiamo messo in evidenza le difficoltà legate agli organici ridotti che rischiano di coinvolgere anche i cittadini, ricordando che studi internazionali indicano che se i pazienti per infermiere scendono numericamente da 10 a 6, la mortalità si riduce del 20%: in Italia la proporzione media nazionale è di 12 pazienti per infermiere e se alcune Regioni – poche – ce la fanno a scendere anche se di poco sotto i 10, ce ne sono altre, ancora tra quelle in piano di rientro che di più scontano il blocco del turn over e la carenza di personale, dove si arriva anche a 18 pazienti per infermiere.

Ora quindi non si creda di poter mettere mano ancora una volta sulle tasche dei professionisti che operano nella sanità e di poter far conto solo sulla loro coscienza e buona volontà per garantire un servizio che paga ogni anno di più inefficienze organizzative inaffrontate. Gli operatori del Ssn non ce la fanno più e se nella spesa ancora ci sono rami secchi da tagliare per raggiungere un vero equilibrio senza manovre locali, i bisogni dei cittadini e il loro soddisfacimento dicono chiaramente che senza personale e senza che questo possa lavorare in modo appropriato, il Ssn resterà presto solo una questione contabile e non più di salute. Le istituzioni sono avvertite. E il personale del Ssn non resterà davvero a guardare".

Barbara Mangiacavalli
Presidente Federazione nazionale Collegi Ipasvi

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