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Fatica, pazienza, sangue freddo: Semplicemente Pronto soccorso

di Serena Giannini

Quante volte ci siamo chiesti: “Perché ho scelto di diventare infermiere?”. E quante volte ci siamo chiesti: “Come riesco a sopportare una realtà come quella del Pronto soccorso?”. Il fatto è che quando, nonostante tutto, l’unica risposta che ti viene in mente è che non sapresti fare altro il tuo destino è segnato. Sei un infermiere. E poi sei un infermiere di Pronto soccorso e sei fiero di esserlo, così come lo è Serena: semplicemente o, meglio, complessamente infermiera.

Infermiera di Pronto soccorso, una scelta che rifarei ancora mille volte

Mi chiamo Serena e sono un'infermiera. Lo dico in modo semplice, anche se essere infermieri è tanto altro. Lavoro al Pronto soccorso dell'ospedale Infermi di Rimini.

Il Pronto soccorso o lo si ama o lo si odia. E anche quando lo si ama, a volte ti fa mettere in discussione del perché tu abbia scelto proprio questa strada: prima del perché essere infermiere e poi perché l'aver scelto e sperato di lavorare proprio lì.

Eppure, l'unica risposta che ti viene in mente è che tra onori e oneri non ne sai fare a meno e forse non sapresti fare altro con la stessa passione e pazienza. Anche se a volte sembra sfuggire quella pazienza, in realtà trovi sempre la motivazione di continuare.

Ogni specialità è un mondo a sé, ma io posso parlare del Pronto soccorso: quello è davvero un microcosmo a sé stante. Non lo si può chiamare reparto, non è un singolo compartimento, è semplicemente - o meglio “complessamente” - il Pronto soccorso.

Quanta fatica, quanta formazione, quanta pazienza e quanto sangue freddo, senza considerare la scaltrezza e la velocità di reazione. Talmente tanta che nel momento dell'emergenza sei lì completamente coinvolto, in collaborazione con altri specialisti e solo dopo che si è calmata la situazione ti fermi a dire: “E tutto questo come è venuto fuori? Cosa potevo fare di più? Cosa potevo fare meglio? Come è andata la comunicazione nel team e come abbiamo lavorato insieme?”

Ma il Pronto soccorso non è solo emergenza. 
Ci sono persone che vengono per un giaciglio notturno, altre che vengono dopo una lite in famiglia e cercano conforto, altre che in preda al panico per un loro caro cercano notizie e spiegazioni.

Spesso non è facile comunicare in Pronto soccorso... mi colpì ad un corso di formazione un docente che disse: “La gente viene da voi già col piede di guerra, perché da voi arriva che sta male e con tutte le notizie di malasanità che si sentono, odiano venire da voi a prescindere” e in un certo senso è vero.

Sta a noi rapportarci nel giusto modo, cercare di avvicinarci cercando di comunicare la nostra alleanza con loro e non il prevaricare.
Davvero siamo davanti a tanta esperienza di vita in quel posto, pochi metri quadrati per migliaia di persone.

E le notti... mi piace il turno di notte.

Mi piace arrivare quando fuori tutto comincia a rallentare mentre sei solo all'inizio di diverse ore in cui sarai impegnato, concentrato e pronto a fare il tuo lavoro nel migliore dei modi e delle tue competenze e capacità. I rumori diminuiscono e le luci delle strade illuminano la notte; tu sei come in una bolla fatta di luci intense, continuo movimento e voci presenti.

In una notte che non abbandoni dal crepuscolo all'alba. I colori sono tutti tuoi, da quelli intensi e carichi del tramonto a quelli pastello e soleggiati del mattino. Mentre la maggior parte delle persone abbraccia il cuscino, tu tieni in mano una tazza di caffè che ti dà la spinta per le ultime ore del turno per poi meritarti una calda e silenziosa colazione, magari dolce... ancora più dolce se è andato tutto bene.

Queste sono le notti di chi non dorme non per scelta, ma per dovere. Un dovere che è stata una scelta che rifarei altre mille volte, perché anche se a volte tutto ci rende stanchi o demotivati non c'è niente da fare, amiamo fortemente il nostro lavoro.

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