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Area psichiatrica

Disturbo istrionico di personalità: approccio infermieristico

di Sara Di Santo

Il disturbo istrionico appartiene al gruppo dei disturbi di personalità e si caratterizza per un’emotività intensa esternata in modi eccessivi, teatrali e forzatamente seduttivi. In un’epoca come quella che stiamo vivendo, nella quale gli eccessi fanno subito notizia e i social network sono perfette casse di risonanza 2.0, a volte è difficile distinguere una bravata da un disturbo psichiatrico con radici molto più profonde. Anche in questo campo, però, l’infermiere può fare la differenza.

La persona istrionica assume spesso atteggiamenti ammiccanti per attirare l'attenzione

I disturbi della personalità

L’area psichiatrica non è ancora riuscita a scrollarsi di dosso quel fardello stigmatizzante che bolla come “pazzo” chiunque abbia una problematica mentale, quasi come se un tale disturbo fosse meno dignitoso di una frattura scomposta o di un diabete mellito.

Sono stati fatti dei passi in avanti a riguardo, seppur piccolissimi, ma sembra che la “paura” la faccia ancora da padrona: paura di cosa, poi? Dell’ipotetica aggressività di uno psichiatrico o di scoprire che in realtà molti di noi (se non tutti) possiedono tratti “folli”?

Al di là delle provocazioni, è necessario comprendere che la malattia mentale è uno stato di sofferenza che si prolunga nel tempo e che inevitabilmente si riversa sulla quotidianità dell’individuo, intaccandone la sfera affettivo-relazionale, sociale e lavorativa.

È quello che accade, ad esempio, nel caso del disturbo istrionico di personalità, che il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM V) inserisce nel Cluster B dei disturbi di personalità, quelli di tipo “drammatico”.

Le definizioni di “personalità” sono numerose e devono le loro differenze alla disparità di vedute tra i vari studiosi; quella probabilmente più utile agli scopi della diagnostica psichiatrica è quella di Kernberg:

La personalità è co-determinata dal temperamento e dal carattere, ma anche da una struttura psichica superiore: Super io

Stando alla definizione riportata dallo stesso DSM V, con disturbo della personalità si intende un modello di comportamento rigido e pervasivo nelle diverse aree della vita che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo.

Esso insorge per lo più nella prima metà della vita adulta (non è esclusa la presenza di avvisaglie in età infantile) ed è stabile nel tempo, provocando sofferenze soggettive e limitazioni nei campi della socialità.

I disturbi di personalità, sulla base di caratteristiche comuni, vengono raggruppati in 3 cluster diagnostici:

    • cluster A, bizzarro ed eccentrico: paranoide, schizotipico, schizoide;
    • cluster B, drammatico-incostante-emotivo: istrionico, narcisistico, borderline, antisociale;
    • cluster C, ansioso-pauroso: evitante, dipendente, ossessivo-compulsivo.

Disturbo Istrionico di Personalità

Utile per comprendere più a fondo tale patologia è fare un riferimento all’etimologia della parola: istrione deriva dal latino “histrio-nem” che, a sua volta, deriva dall’etrusco “híster”, “mimo”, “ballerino”. “Híster” è mutuato da “Histria”, regione confinante con i Balcani dalla quale pare provenissero i primi attori.

Anticamente venivano chiamati istrioni gli attori etruschi giunti a Roma che, non conoscendo la lingua latina, si dedicavano esclusivamente a rappresentazioni pantomimiche e danzanti. Successivamente il termine istrione passò ad indicare tutti gli attori (compresi quelli che per colmare le lacune recitative accentuavano i movimenti e le espressioni corporee), fino ad arrivare all’accezione odierna del termine, che si è colorata di enfasi e platealità.

Oggi si definisce “istrione” una persona dal comportamento talmente esibizionista da risultare finta, insincera. La persona con disturbo istrionico di personalità, infatti, dimostra comportamenti “teatrali” per attirare l’attenzione su di sé. Ad una conoscenza superficiale può apparire affascinante e sincera, ma in realtà è manipolatoria e simulatrice di eventi quali, ad esempio, svenimenti o crisi epilettiche, il tutto per essere al centro dell’attenzione.

Il soggetto portatore di tale disturbo avverte un disagio forte nelle situazioni durante le quali non riesce ad avere catalizzata su di sé l’attenzione degli altri e, per invertire questa tendenza, utilizza costantemente l’aspetto fisico per interagire in maniera sessualmente seducente e provocante. Esprime in maniera esagerata le proprie emozioni, considera le relazioni interpersonali molto più intime di quanto non lo siano in realtà ed è facilmente influenzabile dalle circostanze.

Il disturbo istrionico è caratterizzato, inoltre, da rapida mutevolezza e superficialità delle emozioni e dall’incapacità di approfondire l’eloquio con dei dettagli.

Questo tipo di disturbo colpisce circa il 2-3% della popolazione generale, è molto legato ad influenze del contesto socio-culturale di appartenenza (ecco che oggi, ad esempio, l’uso dei social network in alcuni casi corre il rischio di risultare una cartina tornasole di atteggiamenti potenzialmente patologici) e si sviluppa soprattutto in soggetti ipersensibili e in costante ricerca di gratificazioni esterne.

L’approccio infermieristico

Quello che forse spaventa di più della psichiatria è il suo essere connotata da un numero mai fisso di variabili, le quali dipendono sì dalla diagnosi, ma anche dalle caratteristiche di ogni singolo soggetto. Questo la rende un regno vastissimo, in continua evoluzione e con confini incerti.

Quel che è certo è che la psichiatria ha dei tempi lunghissimi e richiede spiccate doti relazionali. Lo sa bene l’infermiere che opera in questa area assistenziale e che affianca il paziente nell’arco di tutte le fasi della patologia.

Nel caso di un paziente con disturbo istrionico della personalità l’infermiere potrebbe trovarsi di fronte ad una persona con sintomi depressivi e ansiosi per i quali il medico imposta una farmacoterapia specifica.

Per il resto, le evidenze di efficacia individuano la psicoterapia individuale come trattamento privilegiato per questo tipo di disturbo.

In tale contesto l’infermiere, oltre a garantire la corretta somministrazione della terapia prescritta dal medico, attua interventi assistenziali volti al recupero dell’autonomia compromessa, sostenendo la persona nel tentativo di riacquisire modelli comportamentali e relazionali compatibili con la vita in società.

Per fare questo, l’infermiere, tra le altre cose:

    • mantiene la giusta distanza emotiva, non accettando le provocazioni manipolatorie/seduttive;
    • garantisce una presenza costante e rassicurante;
    • tollera le contraddizioni e cerca di mediare i vissuti altalenanti;
    • non entra mai in contrapposizione con l’assistito;
    • ascolta senza dare giudizi, positivi o negativi che siano;
    • aiuta a gestire gli episodi ansiosi;
    • mantiene un atteggiamento calmo e disponibile;
    • utilizza un approccio assertivo per costruire un rapporto basato sulla fiducia;
    • si occupa, insieme agli altri membri dell’équipe, dell’educazione di altre figure coinvolte nel progetto terapeutico;
    • utilizza il suo bagaglio di esperienze ed emozioni per entrare in empatia con il soggetto;
    • si adatta all’evoluzione del paziente e non impone i propri tempi o modelli di sviluppo;
    • adatta gli obiettivi e li riformula frequentemente in base ai progressi dell’assistito.
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