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La partita degli Infermieri Specialisti: risponde Annalisa Silvestro

di Marco Alaimo

Arriva quando meno te lo aspetti, magari alla fine di un anno e con l’approssimarsi di quello nuovo. Arriva forse un regalo oppure una bella notizia, sicuramente un cambiamento!

Arrivano gli Infermieri Specialisti e già in poche ore le domande e le ipotesi che stiamo leggendo in questi giorni sulle varie pagine web e sui social network infermieristici si moltiplicano.

Analizzando le riflessioni che si sono scatenate in giro spesso con toni accesi ci chiediamo veramente cosa si aspettano gli infermieri? Quali sono le loro speranze?

Le risposte della Presidente Silvestro alle nostre domande:

Presidente Ipasvi

Sen. Annalisa Silvestro

Rispondo volentieri ai quesiti che mi sono stati posti sulla "partita" infermieri specialisti. Mi permetto però di fare una breve riflessione iniziale che origina da quanto da voi premesso alle domande che mi avete inviato.

In diversi eventi convegnistici e quindi pubblici, era stato riferito dell'inserimento nella prima bozza della legge di stabilità di un articolo: l'art. 39 - punto 12 che, in attuazione del Patto della Salute 2014/2016, poneva il tema della definizione dei ruoli, delle competenze, delle relazioni professionali e delle responsabilità individuali e di équipe, dei compiti, delle funzioni e degli obiettivi delle professioni sanitarie e specificamente di quella infermieristica.

Non era dunque solo la Federazione, e da tempo, a metterci impegno, fatica e "testardaggine". Il tema veniva ritenuto rilevante non solo dal ministero della salute e successivamente dal ministero dell'economia e finanze, ma anche dal Governo.
C'è stato poi un ulteriore impegno non solo perché i contenuti inseriti in quell'articolo della finanziaria superassero gli scogli del dibattito prima alla Camera e poi al Senato (bisognava evitare emendamenti o eventuali eccessive limature), ma anche perché l'articolo continuasse a esserci fino all'approvazione finale della legge.
E così, alla fine, è andata.

Ora è davvero più che opportuno un sostegno, ovviamente anche critico, a chi dovrà portare avanti il testimone e dare corso a questo importante cambiamento che impatta non solo sulla parte professionale ma anche nell'organizzazione del lavoro coinvolgendo, quindi e ulteriormente, il sindacato.
È da definire, anche con i sindacati e i decisori regionali, dove e come collocare l'infermiere specialista e come spendere al meglio le sue competenze.

Molti infermieri (e non solo) si chiedono se possa esistere il riconoscimento di un'ulteriore autonomia e correlata responsabilità professionale, senza un riconoscimento economico. Ormai in più luoghi e da più parti (dentro e fuori la professione) si dimostra nella quotidianità operativa, che l'infermieristica ha già compiuto un percorso evolutivo, che l'autonomia e le responsabilità si sono già ridefinite e continuano ad esserlo sistematicamente e che le prestazioni rese agli assistiti si sono già innovate. E il tutto a costi invariati. Ora però il tema del riconoscimento economico a coloro che rendono realmente fruibile l'offerta sanitaria, non potrà essere eluso dai decisori nazionali e regionali, ricordando comunque che anche senza la riapertura della tornata contrattuale si posso assumere decisioni per riconoscere economicamente il merito e i diversi livelli di impegno, competenza e responsabilità.

È stato più e più volte reso noto dalla Federazione l'articolato sulle competenze avanzate e specialistiche degli infermieri, definito nei tavoli di lavoro attivati dal ministero della salute e firmato nei primi mesi del 2014 dallo stesso Ministro della salute.
Quello è il documento al quale ci si riferisce e al quale noi convintamente ci riferiamo. Quello è il documento che ci aspettiamo venga presentato in Conferenza Stato Regioni per "sancire accordo" e iniziare finalmente a darvi attuazione.

In quell'articolato ci sono tutti gli elementi per poter agire nei diversi ambiti: accademico, professionale, della formazione permanente e dell'organizzazione.

È stata fatta cadere anche l'ultima barriera artificialmente innalzata dai detrattori di questa innovazione: "non si può procedere alla ridefinizione di ruoli, funzioni, relazioni e responsabilità fra le professioni mediche e sanitarie unicamente con un accordo in Conferenza Stato Regioni; ci vuole una legge. Il quadro normativo e ordinamentale attualmente vigente (L.42/99 - L.251/00 - L.43/06 ecc...) non basta.".

Bene adesso c'è anche una fonte primaria: la legge 190/14 o legge di stabilità.

In sintesi, quali sono stati gli ideali e le motivazioni che vi hanno spinto a far entrare nella legge di stabilità 2015 queste sei aree di competenza specialistica per gli infermieri?

Gli infermieri sono portatori di quei contenuti disciplinari e quindi professionali che possono concretamente e con metodo scientifico, dare risposta ai bisogni sanitari emergenti non solo nella società italiana, ma anche e ampiamente, in quella europea. Bisogni e domanda sanitaria correlati a cronicità, fragilità fisica e psichica, cure di lungo termine, continuità, olismo assistenziale, gestione professionalizzata dei casi.
Situazioni che richiamano la struttura disciplinare infermieristica che per la gestione ancora più efficace di tali situazioni necessita di un formale e riconosciuto approfondimento dei paradigmi e dei contenuti disciplinari che sottendono i diversi ambiti e aree di esercizio professionale (in questa fase storica in numero di sei).
Rimarrà sempre importante la formazione sul campo o gli approfondimenti formativi individuali, ma non possono essere i soli: deve esserci anche una formazione accademica di tipo specialistico e percorsi di ricerca nelle aree di specializzazione.

L'impegno per inserire il tema della definizione dei ruoli, delle competenze, delle relazioni professionali e delle responsabilità individuali nella legge di stabilità, è stato conseguente alla necessità di far cadere anche l'ultimo ostacolo, frapposto dai soliti noti, all'attivazione di un percorso definito già in una legge del 2006.

Veniva continuamente affermato che senza una legge dello Stato non si potevano apportare innovazioni e modifiche nelle relazioni fra le professioni sanitarie né tantomeno ridefinire attività, competenze e responsabilità delle diverse categorie professionali. Nella legge 190/14 viene ribadita una cosa ovvia: il processo diagnostico e terapeutico è del medico. Bene. Si potrà finalmente smettere di discutere su una fantomatica paura di una erosione di quella competenza esclusiva dei medici, peraltro mai negata dagli infermieri.

Gli infermieri da sempre vogliono lavorare in squadra, ma con riconoscimento del loro ruolo e dell'upgrading raggiunto e con paradigmi professionali, relazionali e organizzativi diversi dagli attuali. Gli infermieri desiderano ragionare sui bisogni emergenti e attuali degli assistiti e su come attivare una forte cooperazione per garantire la sostenibilità del SSN senza diminuire ulteriormente equità, efficacia, efficienza e appropriatezza.

Cosa possiamo dire difronte alle tante domande degli Infermieri circa questo cambio di rotta e snodo cruciale per la professione tutta?

Mantenere ferma l'impostazione attivata vent'anni fa con la definizione regolamentare del profilo - DM 739/94 -, significa portare il sistema professionale a una lenta regressione, all'impoverimento degli input e quindi alla sua implosione. È necessario aprirsi ai cambiamenti che sono vorticosi e continui.
Con questo tassello nel percorso della professionalizzazione infermieristica, si aprono nuove, stimolanti e sfidanti opportunità per chi vorrà e deciderà di coglierle e utilizzarle. La presenza di infermieri generalisti, di infermieri con competenze avanzate e di infermieri con competenze specialistiche nella collettività professionale, darà vivacità al sistema infermieristico e ulteriori capacità al sistema sanitario. Ci sarà impulso allo scambio di saperi, esperienze, risultati. Se ne gioveranno tutte le professioni sanitarie e socio sanitarie e, cosa davvero fondamentale e di primaria importanza, se ne gioveranno gli assistiti e i cittadini i tutti.

Molto interessante il fatto che finalmente l’aspettativa della legge del 2006 diventi realtà normata e tutelata anche in termini legislativi e si possa parlare di Infermiere specialista visto che già da diversi anni vi era una diffusa evoluzione delle competenze infermieristiche. Lei parla del fatto che si potranno strutturare e ridefinire anche con l'approfondimento disciplinare di percorsi formativi e di ricerca nelle sei aree di intervento. Ci può fare qualche esempio?

Qui è bene che si lasci parlare chi dovrà iniziare a proporre, elaborare e trovare il punto di accordo fra le aspettative interne alla collettività professionale e tra questa e le aspettative delle altre professioni. Presto comincerà a lavorare su questo argomento e sui risvolti a esso correlati, uno specifico gruppo di infermieri già formalmente composto e attivato dalla Federazione.

Comunque qualche spunto: tendiamo a diversificare le competenze "avanzate" da quelle specialistiche. E questo sia perché c'è una legge dello Stato che parla dell'infermiere specialista (L.43/06), sia perché altrimenti si potrebbe intendere che alcune abilità tecniche, che sono strumenti per aumentare la compliance assistenziale, siano il vero obiettivo che si vuole perseguire. Perché le specializzazioni infermieristiche pretendono l'approfondimento disciplinare del processo di assistenza e solo dopo disegnano le ulteriori capacità e abilità tecniche acquisibili e spendibili dagli infermieri. Perché le ulteriori abilità che l'infermiere potrà formalmente utilizzare nei processi di assistenza su tutto il territorio nazionale non siano prevalentemente rivolte alla fase terapeutica e/o diagnostica del processo di cura, ovvero ai flussi di lavoro per l'efficentizzazione organizzativa.

L’innovazione non si può fermare di fronte all’assenza di un rinnovo contrattuale. Quindi valorizzare economicamente tutto questo è compito principalmente sindacale. Come possiamo noi infermieri portare avanti questa innovazione, volendo investire sul nostro futuro e sulla nostra amata professione?

È necessario sostenere le rappresentanze sindacali.
La realizzazione di una diversa organizzazione del lavoro impostata sul riconoscimento del merito e delle diverse responsabilità, oltre che capace di riconoscere la diversità dell'apporto delle professioni sanitarie e delle loro specificità al processo di cura e di assistenza, non è facile.

Significa ribaltare uno modello che, al di là di piccoli aggiustamenti, è rimasto fondamentalmente inalterato da diversi decenni. Centrale era (ed è in buona parte ancora) l'insieme delle attività di tipo diagnostico e terapeutico (quindi primaria del medico, valorizzazione, anche contrattuale, prevalentemente delle prestazioni infermieristiche di tipo collaborativo, mantenimento di un'organizzazione del lavoro per compiti, ecc.) con una massificazione al basso di tutto ciò che veniva (viene?) pomposamente definito (e certo a valorizzazione ulteriore di quella professione) "paramedico".

Bisognerà accettare e riconoscere che le prestazioni diagnostiche e terapeutiche e l'assistenza infermieristica a loro correlata sono solo una parte, ancorché significativa, dell'assistenza da sempre governata (anche se con pochi riconoscimenti) dagli infermieri e integrata da loro ai processi tecnici e organizzativo-gestionali.

È necessario sostenere, senza far mancare critiche propositive, la rappresentanza professionale e quella sindacale affinché entrambe, ognuna nel proprio campo e onorando seriamente e costruttivamente il proprio mandato (senza deleterie mistificazioni), si adoperi per la dignità del lavoro in generale, dei professionisti infermieri in particolare e per la loro valorizzazione economica e sociale.

Grazie per questi chiarimenti, ulteriore spunto di riflessione e crescita.

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