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Nuove specializzazioni, comma 566 e il futuro della Sanità Italiana

di Giordano Cotichelli

war nurse

l'infermiere difensore dell'equità in sanità in un contesto socio-economico difficile e di cambiamento del welfare

Con piacere proponiamo questa riflessione del Dr. Giordano Cotichelli, Infermiere con Ph.D in Sociologia ed Epidemiologia, docente di infermieristica presso Corsi di Laurea e Corsi di formazione per OSS. Numerose le sue pubblicazioni e articoli sul ruolo dell’infermiere nell’integrazione socio-sanitaria, sulla storia dell’infermiere in ambito psichiatrico e sulle reti assistenziali. Da diverso tempo si occupa anche si Narrative Medicine nelle gravi cerebro lesioni acquisite e nelle malattie rare in pediatria.

Ha pubblicato un interessante libro dal titolo “Diseguaglianze nella salute e professione infermieristica” risorse e criticità per l’equità del sistema sanitario (ed. Franco Angeli).


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Poco meno di un mese fa c'è stato il XVII Congresso Nazionale dell'Ipasvi. Molti i commenti fatti e molti quelli che seguiranno, specie se correlati all'elezione del Comitato Centrale (che vede riconfermata una pluriennale classe dirigente infermieristica) della FNC-Ipasvi e al cambio della guardia alla presidenza con l'elezione di Barbara Mangiacavalli.

Durante l'assise romana molte volte è stata tirata in ballo la questione delle nuove specializzazioni e del comma 566, ma ancor di più sono emersi in tutti gli interventi dati, commenti, prospettive e letture dell'attuale contesto sociale italiano in cui crisi economica e cambiamento del modello del welfare dominano il quadro di fondo.

In varia misura tutti coloro che sono intervenuti hanno posto l'accento sulla necessità per la professione infermieristica di capire il cambiamento in corso e farsi soggetto attivo in questa fase di passaggio, citando, in pochi interventi a dire il vero, il ruolo di difensore dell'equità in sanità da parte dell'infermiere. Parallelamente non molti gli accenni alle disuguaglianze nella salute crescenti che si stanno facendo strada in un'Italia con 21 sistemi sanitari regionali, i quali fanno sentire il loro peso anche sulla stessa professione infermieristica che rischia sempre più di rimanere invischiata in questioni localistiche, fermarsi a strategie di corto respiro, perdere una prospettive identitarie condivisa e unitarie.

Per Mario Del Vecchio della Bocconi la sfida professionale degli infermieri si dipana entro lo sviluppo di una matrice professionale e un ruolo manageriale che debbono farsi protagonisti del cambiamento.

Gli assi di sviluppo della professione si trovano quindi entro un allargamento ed un innalzamento delle funzioni manageriali, dal coordinamento alla dirigenza, lungo uno spazio inter-professionale e sostenuti anche dallo sviluppo delle specializzazioni assistenziali.

Non si può non rimanere favorevolmente impressionati da una così chiara e semplice analisi che ricorda come la professione debba assumere tutta la responsabilità che la fase di passaggio le impone. Certo è più facile a dirsi che non a realizzarsi. A fronte di una infermieristica che più facilmente riesce a polemizzare al suo interno, prima ancora che a valorizzare le risorse proprie del gruppo professionale, va posta l'attenzione sul contesto attuale, abbastanza difficile e complicato.

La sanità non solo sta cambiando, ma lo sta facendo sotto il peso di una crisi sempre più difficile da gestire, sempre più generatrice di disuguaglianze e di politiche fatte solo di tagli. Considerata il terzo settore industriale del paese, la sanità italiana in questi ultimi anni è a crescita zero, a fronte di uno sviluppo che prima della crisi faceva registrare valori positivi di 5 – 7 punti.

Le difficoltà delle Regioni che devono seguire piani di rientro, i tagli al personale e ai servizi, il farsi strada di una disoccupazione professionale che crea il cosiddetto “paradosso infermieristico” (carenza e disoccupazione allo stesso tempo) sono alcuni dei gravi problemi che l’infermieristica si trova ad affrontare oggi. Come risolverli è difficile da dire.

Può essere di certo funzionale avere presente bene il contesto in cui ci si trova, i ruoli che si viene chiamati ad assumere, le indicazioni date da organismi internazionali che in un modo o nell'altro riescono ad esprimere visioni e prospettive di ampio respiro che vadano oltre la semplice quotidianità italiana fatta di scoramento ed emergenzialità.

In merito l'ICN, International Council of Nursing, già dal 2011, nel suo documento “Closing the gap, increase equity and access” sottolinea come nella lotta contro le disuguaglianze la professione infermieristica debba assumere con chiarezza il ruolo da portare avanti, avere una conoscenza e percezione definite dei determinanti sociali e sanitari delle disuguaglianze nella salute e della malattie.

E questo in primo luogo dato che, come ricorda all’inizio del millennio, Silvina Malvarez del PAHO (Pan America Health Organization) le disuguaglianze sono all’interno stesso della professione. Si fa sempre più urgente a livello di singoli professionisti e di associazionismo, nella sua ampia accezione, la necessità di riuscire a leggere le criticità interne alla professione e quelle proprie del sistema sanitario.

Il welfare italiano sta profondamente cambiando, e non necessariamente potrà essere migliore, rimanere universalista, funzionale ai bisogni dei più deboli e dei più fragili. L’infermiere, quale professionista e depositario della scienza assistenziale non può permettersi il lusso di restare a guardare, di lasciarsi sommergere da un’onda di passività e attendismo che sembra bloccarlo in mezzo al guado della lunga traversata verso una autonomia professionale che, a tutt’oggi, deve ancora affermarsi pienamente.

Quale ruolo può assumere in questo la professione infermieristica? In quali ambito può svilupparsi e rafforzarsi? Come riuscire a fare in modo che l'universalismo rimanga un valore sostenuto dalle professioni sanitarie, oltre che dalla società civile? C'è chi ha detto che probabilmente sarà necessario cambiare l'articolo 32 della Costituzione italiana.

Forse, l'importante è che venga fatto in termini inclusivi delle nuove frontiere della salute pubblica da difendere, dei diritti degli ultimi, delle libertà del singolo. Gli infermieri in questo possono fare molto per una società, quella italiana, che oggi più che mai ha bisogno di coraggio, capacità, solidarietà. Doti che sono tutte dentro alla nostra professione, alla nostra storia.

Non ne rimaniamo fuori proprio ora, proprio noi, gli infermieri.

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