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Flavio Paoletti, il primo Direttore Socio Sanitario in Italia.

di Angelo

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Intervista al presidente del Collegio IPASVI di Trieste per conoscere più nel profondo questo ruolo che ridona dignità professionale all’Infermieristica nazionale.

Tra le “conquiste professionali” dell’Infermieristica Italiana dell’ultimo decennio vi è sicuramente quella del ruolo dirigenziale e nel nostro caso del Direttore Socio-Sanitario. Nurse24.it ha intervistato a tal proposito Flavio Paoletti, presidente del Collegio Ipasvi di Trieste che dopo un lungo percorso di studi e di carriera è stato nominato DSS. Con lui abbiamo voluto approfondire l’argomento e dare voce anche alla Dirigenza Infermieristica. Vediamo cosa abbiamo scoperto.

Lei è stato il primo Direttore Socio-Sanitario nominato in Italia. Come si diventa il capo dei capi?

FlavioPaoletti

Flavio Paoletti, Direttore Socio-Sanitario.


Direi che la definizione “capo dei capi” non mi rispecchia molto in quanto, pur avendo da sempre un’inclinazione al management e alla leadership, ritengo che la vera risorsa che permette ad una persona di poter agire questo ruolo risiede nella squadra di collaboratori che riesce a crearsi e a valorizzare. In ogni caso il percorso è lungo e articolato, almeno per me lo è stato. Da molti anni ho fatto la scelta professionale di dedicarmi allo studio, alla formazione alla ricerca e all’organizzazione. Lo studiare e l’aggiornamento continuo ti porta a migliorare le tue conoscenze di sistema che ovviamente travalicano la sola professione infermieristica, se pur rimane come direttrice di un percorso. Oltre a ciò porta a chiederti in che modo puoi mettere a regime queste tue conoscenze e quindi inizi a guardare verso quegli spazi definiti “contendibili”, cioè che possono essere occupati da diversi professionisti. Si esce dalla cultura delle “canne d’organo” mono-professionali e si entra in un contesto molto più ampio e affascinante.

Quale curriculum deve possedere un Infermiere che aspira alla sua carica?


Oltre alle caratteristiche personali, a cui ho cercato di rispondere alla domanda precedente, è essenziale avere i titoli previsti dalla norma cioè avere una laurea, essere dirigente con gestione di risorse e personale da almeno 5 anni e ovviamente avere competenze nel ruolo.

Infatti, il Direttore Socio-Sanitario è individuato preferibilmente tra il personale appartenente alla dirigenza degli enti del Servizio sanitario regionale o a quella dei servizi sociali dei Comuni, che abbia acquisito competenze o maturato esperienze per almeno cinque anni nel settore sociale o sociosanitario.

Il Direttore Socio-Sanitario è trattato a livello giuridico, economico e previdenziale, come il Direttore Sanitario e il Direttore Amministrativo.

Personalmente a metà anni 90 ho conseguito il diploma universitario di Dirigente dell’Assistenza Infermieristica (al tempo l’unico percorso manageriale universitario specifico possibile per un infermiere). Poi nel 2004 ho conseguito la laurea in Scienze Politiche e nel 2007 la laurea in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. In tutti e tre i percorsi universitari mi sono sempre laureato con il massimo dei voti e lode, elemento non essenziale ma che certo ha un certo peso curriculare quando ti proponi sul mercato del lavoro per ricoprire incarichi complessi come quello di Direttore Socio-Sanitario.

Possedere questi titoli mi ha quindi permesso di percorrere tutti gli step previsti: prima come infermiere, poi come coordinatore infermieristico, poi tramite selezione come posizione organizzativa, sino ad arrivare al gennaio 2008 dove ho avuto l’incarico di dirigente infermieristico di una struttura semplice dipartimentale a livello distrettuale, riconfermata tramite concorso di ruolo nel 2009.

Poi è avvenuta quella che si può definire una svolta: nell’autunno del 2014 ho partecipato alla selezione regionale per l’abilitazione al ruolo di Direttore Generale. quindi, mi sono detto “se ho i requisiti per essere abilitato a Direttore Generale, di certo posso avere i requisiti anche per altri ruoli manageriali aziendali, e da qui la mia nomina di primo Direttore Socio-Sanitario italiano infermiere.

E’ evidente che per me è stato un grande onore avere questo riconoscimento da parte dell’Assessorato e della Direzione Generale dell’azienda dove opero, ma da subito ho pensato che se ci sono riuscito io ci devono riuscire anche altri colleghi ed infatti dopo circa 6 mesi dalla mia nomina abbiamo avuto la nomina di altri tre colleghi in Lombardia e uno in Veneto, se pur con ruoli un po’ diversi dal mio ma altrettanto strategici e importanti per dare una visione innovativa del sistema salute e rispondere in modo articolato ai bisogni dei cittadini e delle cittadine.

In questo mio percorso c’è anche un’altra particolarità, cioè che l’Azienda per l’Assistenza Sanitaria n° 1 Triestina, dal 1 maggio del 2016 ha assorbito anche l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Trieste, triplicando quindi il suo personale e le complessità e diventando la prima Azienda Sanitaria Universitaria Integrata in Italia, dove nella componente territoriale insiste anche la componente universitaria, da sempre “relegata” solo all’ambito ospedaliero. Questa nuova Azienda ha determinato che tutti i direttori, generale, sanitario, amministrativo e sociosanitario, dovevano nuovamente essere nominati e ho avuto la riconferma della nomina, previa approvazione della Conferenza dei Sindaci.

Come riesce ad abbinare il suo ruolo di Presidente dell’Ipasvi di Trieste a quello di Direttore Socio-Sanitario dell’Azienda n.1 triestina?


Questa è una domanda interessante, infatti me la chiedono in molti. Di certo la criticità principale è il tempo, ma come ho detto prima un buon leader deve essere capace di costruire una squadra di professionisti di alto livello e con competenze avanzate e tutto ciò mi permette di poter gestire con maggior facilità l’unica risorsa che non si può comprare: il tempo.

Se il tempo è la criticità, ci sono poi dei vantaggi e dei plusvalori in quanto la scienza infermieristica da sempre ha una visione complessiva di cosa sia la salute. Ben sappiamo che la salute riguarda la sanità, il sociale, i modelli organizzativi, la politica e molto altro. Questi sono gli elementi che sin da subito ho utilizzato per ricoprire entrambi i ruoli, sono quel fil rouge che unisce il mio incarico di Presidente di un Ordine e quello di Direttore della parte sociosanitaria di un’Azienda. A dire il vero non è dal 2015 che m occupo di sociosanitario, in quanto già dal 2008, con una delibera ad hoc, ricopro anche il ruolo di Referente Aziendale per la Tutela e la salute delle persone anziane, lavorando quindi in stretto contatto con i servizi comunali, il volontariato, l’associazionismo e il terzo settore profit e non profit in senso lato, quindi direi che questo mio nuovo ruolo di Direttore ma ha fatto semplicemente allargare il target di persone a cui dare risposte innovative.

Soffermandomi al ruolo di Presidente IPASVI, ritengo sia stato il vero trampolino di lancio, in quanto per il ruolo che si ha ti fa stare continuamente sul pezzo. Non ti puoi permettere di non informarti, leggere, tessere relazioni e proporre nuovi progetti. La strada è lunga, spesso rallentata o ostacolata in primis da alcuni colleghi o altri professionisti, ma alla fine la competenza, la trasparenza, la tenacia e il fatto di scrivere e pubblicare paga e di questo devo ringraziare molto anche l’agenzia stampa che collabora con me da più di dieci anni ormai, che riesce a trasmettere in formato mediatico questi miei valori e principi.

Quali sono nello specifico le responsabilità professionali di un Direttore Socio-Sanitario?


Questa è la domanda più semplice a cui rispondere poiché essendo un ruolo nuovo lo stesso è ben declinato dalla normativa nazionale e regionale. In particolare il Direttore Socio-Sanitario coadiuva il Direttore Generale nella determinazione delle politiche aziendali finalizzate all’erogazione delle prestazioni sociosanitarie, dall’accesso all’appropriatezza delle stesse, nonché alla qualità dei servizi.

Con le sue scelte indirizza i Direttori di distretto nella gestione delle funzioni ad alta integrazione relative a minori e famiglia, anziani non autosufficienti, disabili, persone con problemi di salute mentale e di dipendenza nonché detenuti.

Inoltre, formula proposte e pareri obbligatori e facoltativi al Direttore generale sulle materie di propria competenza, lo rappresenta nel rapporto con i Comuni e con i soggetti del Terzo settore relativamente alle materie di propria competenza e lo supporta nel rapporto con la Conferenza dei sindaci.

Da ciò ne consegue che è responsabile dello svolgimento di attività di programmazione e di indirizzo delle attività sociosanitarie. In particolare, fornisce linee guida sulle materie ad alta integrazione sociosanitaria alle Strutture operative aziendali, ai fini di assicurare un’omogenea impostazione strategica delle attività sociosanitarie nei Piani attuativo locale (PAL), nei Programmi delle attività territoriali (PAT) e nei Piani di zona (PDZ) e verifica le attività sociosanitarie tramite i distretti.

Quale potere reale decisionale e gestionale le da realmente l’Azienda sanitaria per cui opera?


Come dicevo è un ruolo nuovo, quindi certamente c’è ancora molta confusione su ciò che è sanitario rispetto a quello che è definito sociosanitario, ma in questo senso credo che anche l’approvazione dei nuovi LEA Lorenzin, che mandano in soffitta il DPCM del 2001, servirà ulteriormente a far chiarezza sulle competenze. Ormai si parla ovunque di sociosanitario perché è ovvio che i mutamenti epidemiologici e sociodemografici hanno radicalmente modificato il modo di fare salute. Nelle persone con patologie croniche degenerative non si può più pensare di garantire la salute tramite i soli farmaci, gli esami, i ricoveri ospedalieri. La grossa sfida è la sanità territoriale che per antonomasia è legata al sistema sociale: da qui anche l’istituzione di questo ruolo di Direttore Sociosanitario.

In ogni caso se vogliamo misurare questo “potere” attraverso alcuni indicatori istituzionali possiamo dire che nessun atto aziendale è valido se oltre alla firma del direttore generale, amministrativo e sanitario, non porta anche la firma del direttore sociosanitario. Ovviamente tutti gli atti sono poi pubblicati sul sito aziendale per rispettare la norma dell’amministrazione trasparente.

Pensa che un Infermiere come lei e quelli con il suo stesso ruolo possano influire nel processo di evoluzione professionale dell’Infermieristica Italiana e come?


La risposta è sì, anzi come dicevo prima, proprio per il curriculum formativo che ha un infermiere, arricchito nel mio caso anche da altri percorsi, lo rende un volano per tutta la professione. Devo dire che alle volte faccio fatica distinguere i due ruoli in quanto, come dicevo, entrambi hanno la stessa mission, cioè tutelare la salute delle persone valorizzando le competenze necessarie, e gli infermieri ne hanno di competenze maturate in questi ultimi decenni. A tutto ciò contribuisce anche il continuo contatto con le altre realtà italiane che il mio ruolo di Revisore dei Conti della Federazione Nazionale mi obbliga e permette di avere.

Riflettendo devo dire che il 2015 per me è stato un anno importante per i nuovi incarichi ricevuti: in primavera Revisore della Federazione e in luglio Direttore Socio-Sanitario.

Quello che chiedo sempre ai colleghi e di farmi rimanere con i piedi incollati a terra perché alle volte, anche per poter gestire il tempo in modo più facile, si può tendere a non confrontarsi più con il gruppo, a prendere decisioni monolitiche, ma alla fine tutto ciò ti può solo portare a non essere più il leader del gruppo poiché le persone non ti riconoscono più, non si fidano più di te e a lungo andare anche i leader più potenti (non parlo di me ovviamente!!) si ritrovano da soli. E ben sappiamo che cadere da terra fa male, ma cadere dall’alto ne fa molto di più.

Vorrei concludere questa riflessione ringraziando davvero molto coloro che da anni credono in me, mi sostengono e condividono questo importante ed essenziale percorso. Ma voglio ringraziare anche chi mi ha scelto andando anche contro ad ostacoli politici e di ruolo.

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