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La figura dell’infermiere tutor

di Redazione

Il tutor clinico è molto importante dal punto di vista formativo per chi entra in un nuovo ambiente di lavoro o per colui che da Studente deve diventare il futuro Professionista della Salute, capace di affrontare in autonomia le difficoltà di un lavoro assai complesso e difficile. Un bravo Infermiere è tale anche grazie all’apporto di un ottimo mentore.

L'infermiere Tutor importante nella formazione del futuro professionista

Mano nella mano in ospedale

L’infermiere tutor è componente fondamentale nel percorso di formazione dello studente e del neoassunto

La figura del tutor clinico, dell’infermiere esperto o infermiere guida, è di fondamentale importanza nel percorso di inserimento di un nuovo infermiere all’interno di un’organizzazione; nei casi in cui è previsto dalle strategie aziendali, collabora con il coordinatore per facilitare l’integrazione ed il raggiungimento dell’autonomia richiesta da parte del professionista appena inserito.

Il termine “tutor” deriva dalla parola latina “tutor,-oris”, da “tutus”, participio passato del verbo proteggere, difendere. L’Oxford English Dictionary definisce il tutor come una persona legata ad un giovane come insegnante o come guida, al fine di facilitarne il percorso.

Negli ultimi anni ci sono stati molti cambiamenti nei percorsi formativi delle professioni sanitarie anche dal punto di vista normativo, ed in particolare in seguito al CCNL per il Comparto Sanità del 1999 sono state ridefinite le competenze per ogni categoria professionale ed è stata distinta la figura del collaboratore professionale sanitario da quella del collaboratore professionale sanitario esperto, che coordina le attività didattiche teorico-pratiche, di tirocinio e di formazione.

Questa novità ha rappresentato un’opportunità di crescita per i professionisti del comparto sanitario anche se ancora oggi ci sono diversificazioni a livello nazionale sui protocolli tra Regioni e Università e all’interno delle singole aziende per valorizzare o meno la funzione tutoriale.

La funzione di tutoraggio può essere eseguita attraverso diverse tecniche o modalità, di cui di seguito si sintetizzano le principali caratteristiche:

  • coaching: attività in cui si stimolano i processi di crescita sia individuale che di gruppo, permettendo il trasferimento delle abilità del singolo a risorsa collettiva;
  • counseling: processo di interazione tra due persone con l’obiettivo di far raggiungere al discente l’autonomia necessaria per prendere decisioni personali o risolvere problematiche che lo coinvolgono;
  • mentoring: strumento di sviluppo di competenze professionali e di sostegno psicologico; consente di far riconoscere al professionista le proprie potenzialità e di svilupparle. Questa modalità viene considerata particolarmente efficace perché oltre a garantire una maggior motivazione, capacità decisionale e creatività per l’allievo, oltre a permettere un aumento di soddisfazione lavorativa nel trasmettere esperienza e competenze al mentore, fornisce anche una crescita per l’organizzazione, migliorando le prestazioni e l’impegno dei dipendenti, distendendo il clima e riducendo la necessità di formazione.

Qualunque tipo di tecnica di affiancamento e sostegno alla crescita del discente venga utilizzata, il tutor ha delle competenze trasversali che sono sempre valide e necessarie; infatti favorisce la comunicazione circolare tra il nuovo inserito e il resto del gruppo, stimola l’apprendimento ponendo domande che possono mettere in discussione anche attività fino a quel momento ritenute corrette da parte degli altri operatori e deve possedere la capacità di ascolto attivo.

Il tutor può svolgere un rilevante ruolo nel facilitare lo sviluppo delle seguenti competenze da parte del tutorato:

  • competenze intellettive: il tutor utilizza il metodo dell’apprendimento basato sui problemi (Problem Based Learning) in cui il discente apprende ad analizzare e risolvere problemi di tipo sanitario;
  • competenze relazionali: attraverso giochi di ruolo o simulazioni il tutor trasmette tali competenze evidenziandone le carenze;
  • competenze gestuali: il tutor accompagna il discente nell’apprendimento di procedure tecniche, protocolli o interventi assistenziali che gli sarà necessario conoscere nella pratica professionale.

Sempre rimanendo in ambito di competenze che l’infermiere studente o neolaureato deve possedere, è interessante citare l’esito di uno studio eseguito all’inizio degli anni 2000 su alcuni infermieri appena laureati in due diverse università australiane ai quali è stato chiesto di descrivere quale fosse per loro il significato di “competenza” in ambito professionale. Sono stati individuati otto tipi di concetti diversi di competenza dai quali si è evidenziato un gap notevole tra il concetto di competenza presente in letteratura e quello che i nuovi professionisti possedevano.

Questa ricerca evidenzia la necessità di supporto e affiancamento dei neolaureati da parte di un collega esperto durante le prime esperienze lavorative in termini di garanzia, sicurezza e qualità dell’assistenza erogata e sono stati anche definiti gli ambiti sui quali è necessario andare ad investire con l’aiuto dei tutor su coloro che ancora devono laurearsi.

Soffermandosi sulla figura del tutor nella realtà delle aziende sanitarie italiane, pubbliche o private, lo si può considerare come un infermiere selezionato tra l’équipe sanitaria, che oltre a svolgere il suo ruolo clinico, accompagna il neoassunto nel processo di acquisizione del sapere e del saper fare richiesto dall’azienda della quale entra a far parte.

È compito del coordinatore individuare gli infermieri che possiedono queste doti per poter diventare guide per i nuovi colleghi e sempre il coordinatore è responsabile dell’accoppiamento del tutor con un determinato infermiere neoassunto; questa scelta è fondamentale e dev’essere meditata poiché dovranno lavorare assieme per giorni, a volte settimane.

È necessario un dialogo continuo tra il tutor ed il coordinatore per aggiornarsi costantemente sull’andamento dell’inserimento, al cui termine o in fase di valutazione intermedia discuteranno assieme sugli obiettivi raggiunti o meno dal valutato.

La formazione dei tutor dovrebbe prevedere un corso apposito, su temi come l’analisi organizzativa, la comunicazione, le metodologie didattiche e la relazione interpersonale.

A dimostrazione dell’importanza della funzione del tutoraggio nell’inserimento di un nuovo infermiere, sulla necessità di un percorso di inserimento documentato e di come sia utilizzato questo strumento negli ospedali italiani, si riporta uno studio eseguito tra le aziende ospedaliere lombarde attraverso un questionario rivolto ai dirigenti infermieristici dal quale è emerso che in oltre il 50% dei casi analizzati l’affiancamento avviene da parte di un solo infermiere e solo nel 5% dei casi da parte dell’infermiere coordinatore.

Gli infermieri guida vengono scelti sì sulla base di abilità didattiche e umane, disponibilità e conoscenza dei meccanismi della struttura, ma quasi mai questi criteri vengono documentati (78%). Solitamente il ruolo di tutor non viene formalizzato (66%), ma se questo accade è per lo più sotto forma di incentivo premiante (80%), ossia come riconoscimento della presa di responsabilità e di gestione del processo, più raramente sotto forma economica

Sarebbe auspicabile che fosse solamente uno l’infermiere guida che segue il neoassunto durante la fase di inserimento in azienda, ma ciò a volte non è concretizzabile per problematiche correlate alla turnistica, alla mancanza di risorse umane o tecnologiche o all’eccessivo turn-over del personale in alcune U.O.; l’affiancamento da parte di più persone potrebbe risultare efficace se i tutor si scambiassero in base alla fase che sono maggiormente in grado di coordinare.

La formazione dei tutor clinici ha come obiettivo principale quello di fornire le competenze necessarie per poter svolgere la funzione formativa professionalizzante nelle diverse realtà sanitarie. All’interno delle aziende sanitarie i protagonisti della scena formativa sono ovviamente le persone in cura, il tutor, il gruppo di lavoro ed il discente.

È importante concepire l’affiancamento ed il processo educativo tra tutor e neoinserito in azienda come un’esperienza vissuta in cui si dà valore alle passate esperienze, ridefinendo il proprio ruolo così da poter essere un modello per il professionista neolaureato, per lo più in una professione come quella infermieristica in cui le problematiche di salute della persona assistita richiedono una continua ricerca di significati.

Nei contesti di cura, i protagonisti della scena, quindi i diversi operatori sanitari, spesso non sono identici a come i saperi, i ruoli o le funzioni li descrivono, ma sono gli eventi ed i loro comportamenti a definirli; perciò risulta essenziale il supporto del tutor in questo percorso che il neoassunto deve percorrere all’interno di una nuova realtà.

La scrittura riflessiva su un diario può essere utile per attivare il pensiero critico, favorire la chiarezza concettuale e permettere l’analisi a posteriori della propria esperienza, promovendo l’autovalutazione. Il diario rappresenta un metodo che aiuta il nuovo infermiere ad apprendere riflettendo sulle esperienze di pratica clinica.

Annotando gli avvenimenti più significativi per lui, per il tutor o per il coordinatore si possono analizzare a posteriori il contesto, le esperienze e tutto ciò può essere oggetto di confronto tra le diverse figure coinvolte; inoltre favorisce la relazione discente/tutor e mostra la crescita raggiunta all’interno della nuova realtà professionale o le sue carenze.

L’annotazione può essere giornaliera, anche se difficilmente gestibile con i tempi e le scadenze serrate presenti in un’azienda sanitaria, oppure può essere ad evento. La scelta di utilizzare un diario nel processo di inserimento e di valutazione di un nuovo infermiere implica la disponibilità all’autocritica da parte di tutte le figure coinvolte nel percorso e risulta un strumento efficace per monitorare l’acquisizione delle competenze richieste dal discente e l’efficacia della funzione tutoriale.

Gli studi eseguiti sull’argomento hanno mostrato che la pratica diaristica incoraggia l’interazione riflessiva del gruppo di lavoro, migliora la pratica professionale, la creatività ed il concetto di sé. Il diario non deve essere concepito come possibile strumento di valutazione, ma come mezzo di dialogo e motivo di colloquio chiarificatore tra il neoassunto ed il coordinatore.

Ormai molte aziende sanitarie hanno inserito un diario di bordo o uno strumento simile all’interno delle procedure di inserimento del nuovo infermiere; un esempio ne è la procedura di inserimento dell’infermiere in PS presso l’Ospedale “Santa Maria della Misericordia” a Udine, che prevede un apposito registro-documento cartaceo in cui il tutor, il neoassunto o il coordinatore possono annotare avvenimenti particolari sui quali poi si possono confrontare per trarne una crescita per il nuovo infermiere e per tutto il gruppo.

Marco Bazzini
Infermiere

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