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20 febbraio

Fials nel ricordo di Roberto Maraniello, vittima di Covid-19

di Redazione Roma

Vittima di Covid-19, l’infermiere e sindacalista viene omaggiato dal segretario generale della Fials, Giuseppe Carbone, in occasione della prima Giornata nazionale dei professionisti sanitari, sociosanitari, socioassistenziali e del volontariato. Commovente il ritratto del figlio Ciro, nel ricordo del padre.

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Non sono mai “semplici” numeri quando si parla di vite umane. Dunque fa ancora più effetto, e rabbia, quando si riporta il triste dato dei 259 sanitari uccisi dal Covid-19. Tanti, troppi. E, purtroppo, il numero è in costante divenire. Tra questi professionisti c’è Roberto Maraniello, infermiere e segretario generale Fials di Napoli, ucciso dal virus all’età di 56 anni. Era il 24 aprile 2020. Ieri come oggi, sono molti i parenti e gli amici che faticano a farsene una ragione. Ma le parole e la commemorazione, quando sono giuste e sentite, possono essere d’aiuto a lenire, seppur in parte, il dolore. Così il figlio di Roberto, Ciro Maraniello, anche lui infermiere al Monaldi di Napoli, ha affiancato Guseppe Carbone – segretario generale nazionale della Fials – nel tratteggiare un ritratto del padre in vista della Giornata nazionale dei professionisti sanitari, sociosanitari, socioassistenziali e del volontariato del 20 febbraio.

Persone straordinarie, prima ancora che professionisti, colleghi ed amici, ai quali intendiamo tributare un ricordo commosso e infinita gratitudine. Il loro sacrificio ha costituito – e costituisce tuttora – il simbolo estremo di generosità e altruismo, di abnegazione e alto senso del dovere, che contraddistingue la nostra società civile, le parole di Carbone. A cui si affiancano quelle ben espresse da Ciro nel ricordo di Roberto. Partendo dall’inizio. Papà ha mosso i primi passi prestando servizio all'interno delle carceri di Poggio Reale. Un’esperienza dura per un ragazzo di 26 anni – prosegue – ma per lui, amante delle sfide, un principio di carriera come altri.

Quindi Roberto vince il concorso al Cardarelli di Napoli, ma all’epoca la figura professionale dell’infermiere risulta poco valorizzata – sono gli anni dei cambiamenti che osservano il ruolo al centro di un profondo mutamento sia di carattere giuridico sia di autonomia professionale – ragione per cui il giovane decide di veicolarne, in modo tangibile, l’emancipazione. Costante e determinato, caparbio nello studio – come nel lavoro –, nonché cultore della materia laddove le scienze infermieristiche si stavano ancora affacciando, Roberto era il primo a svegliarsi la mattina per prepararsi con puntiglio: gli piaceva dare una risposta a ciascuna domanda.

Non solo. Il figlio Ciro ne rimarca la grande etica, mai sopita, che lo porta ad intraprendere l’avventura del sindacato. Fin da giovane papà era convinto che valeva davvero la pena dedicarsi, anima e corpo, alla difesa di chi non ha voce. Ciò lo ha portato, all’interno dell’Azienda, ad assumere consenso in breve tempo. Da lì, per Roberto, si sono aperte le porte di coordinatore, quindi quelle di segretario aziendale del Cardarelli fino alla segreteria provinciale Fials. Qualsivoglia criticità lo trovava pronto – incalza Ciro –, una delle sue ultime lotte è stata quella per far ottenere i Dispositivi di protezione individuale agli operatori sanitari.

Certo, nell’arco di un mese mezzo in ospedale sembrava che la situazione fosse migliorata, quando all’improvviso un arresto cardiaco non gli ha lasciato scampo. Spiega il figlio: Papà era un uomo che non sopportava l’ingiustizia di vedere il personale sanitario, in quei mesi complicati, quasi disarmato di fronte al nemico. E sul suo profilo Facebook, fino all’ultimo, rimarcava: Siamo eroi, non kamikaze.

Giornalista

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