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COVID-19

La percezione pubblica e politica è cambiata

di Monica Vaccaretti

C'era una volta mille giorni fa. Dopo quasi tre anni la pandemia è ancora in corso, perché il coronavirus è qui per restare. Dobbiamo conviverci. Tuttavia le persone, compresi gli operatori sanitari, percepiscono il Covid-19 in maniera completamente diversa. La percezione pubblica e la percezione di coloro che sono incaricati a livello politico di mitigare i rischi è cambiata. È normale che ciò avvenga, perché occorre adattarsi al cambiamento.

Tre anni sono troppo lunghi per vivere in emergenza continua. Ma c'è un ma

La situazione ospedaliera in tutto il mondo è aggravata dal fatto che si ammalano di influenza e di Covid-19 anche gli operatori sanitari

Non si può vivere troppo a lungo in una condizione di paura e di incertezza. È un bene che l'essere umano sia naturalmente portato ad essere resiliente. È un meccanismo innato che aiuta a sopravvivere, a vivere nonostante le difficoltà.

Tuttavia, aver tolto la maggior parte delle restrizioni sociali e aver alleggerito le misure sanitarie, come l'uso della mascherina negli ambienti chiusi o affollati, ha contribuito a diffondere la sensazione che sia tutto finito o che tutto abbia una minor gravità. Tanto ormai è soltanto un'influenza, si dice.

Certamente non è più il Covid-19 del 2020, tanto che alcuni esperti riuniti recentemente in conferenza allo Spallanzani di Roma ritengono sia più corretto definirlo Covid-23. Secondo il consenso internazionale, lo scenario è cambiato grazie ai vaccini e alle linee guida basate sulle evidenze per il trattamento della malattia. Resilienza non è tuttavia ignorare e dimenticare quello che abbiamo imparato nella prevenzione e nell'igiene pubblica. Mentre si percepisce il Covid come un'influenza, gli ospedali sono da qualche settimana nuovamente in affanno per una triplice epidemia.

Tre noti virus stanno affollando i Pronto soccorso e riempiendo i reparti. Un virus influenzale particolarmente aggressivo, l'australiana. Il virus sinciziale che colpisce i neonati e i bambini, responsabile di quelle bronchioliti che necessitano di alti flussi di ossigeno per espandere i polmoni. E Sars-CoV-2, sempre più diffuso nei contatti familiari e sociali anche se non lo si vuole vedere e indagare. Epidemiologicamente i contagi sono aumentati in maniera esponenziale, come mai prima. È una questione di numeri, anche nascosti. E la positività dura mediamente ben oltre i cinque giorni. Ancora una volta tutto dipende da quanto e come i sistemi sanitari riescono a reggere a questa triplice ondata di affezioni respiratorie acute.

La situazione ospedaliera in tutto il mondo è aggravata dal fatto che si ammalano di influenza e di Covid-19, spesso reinfezioni, anche gli operatori sanitari, così che i reparti restano scoperti per le assenze dovute a malattie che non si risolvono in breve tempo. Se le carenze d'organico sono già croniche, la mancanza di personale nella programmazione quotidiana dell'attività incide pesantemente sull'assistenza, sulla qualità erogata e sul carico di lavoro di chi è regolarmente in turno. Sono tre virus respiratori, già ampiamente conosciuti.

Qualcosa allora non va - non soltanto nel sistema sanitario di cui la popolazione si lamenta per ritardi e disagi - perché per ridurre il contagio e mitigare la trasmissione aerea basterebbe da parte di tutti una mascherina, l'igiene delle mani, evitare i contatti fisici, mantenere il distanziamento, stare a casa quando non si sta bene, evitare per quanto possibile i luoghi affollati e gli ambienti chiusi. Come si faceva fino a poco tempo fa. Senza essere nostalgici ma soltanto prudenti, bisognerebbe continuare certi comportamenti virtuosi.

Sarebbe una buona misura anche la ventilazione, come semplicemente arieggiare e tenere le finestre aperte se non ci sono quei dispositivi di areazione meccanica tanto ventilati in epoca Covid, ritenuta misura necessaria ma costosa per ridurre il rischio di trasmissione. Sono misure semplici, di igiene elementare. Perché allora non lo facciamo, almeno nella stagione invernale, se potrebbero fare la differenza sull'incidenza dell'infezione, sulla salute della comunità e sulla nostra vita?

Vaccinarsi poi è una grande opportunità che ci viene offerta gratuitamente, ma l'adesione è scarsa. La copertura non è adeguata, né per l'influenza stagionale né tantomeno per la dose di richiamo aggiornata con Omicron 4 e Omicron 5, sia nella popolazione generale che in quella del SSN. Si registra una scarsa adesione anche alle vaccinazioni pediatriche obbligatorie, non è colpa soltanto del ritardo accumulato nel calendario vaccinale a causa dell'emergenza pandemica: i genitori vaccinano sempre meno i loro figli, la percentuale di copertura è insufficiente per proteggere la popolazione suscettibile ed è largamente inferiore al 95% come obiettivo ottimale raccomandato dall'Oms.

Si segnalano in alcune regioni del mondo addirittura casi mortali di morbillo e scarlattina. Perché preferiamo ammalarci e stare male? Perché corriamo il rischio e compromettiamo la nostra salute e quella degli altri quando abbiamo a disposizione gesti, strumenti e vaccini per evitarlo o mitigarlo? Perché accettiamo tanti morti evitabili che sono comunque tanti anche se contati in un bollettino settimanale? Perché dopo la campagna vaccinale primaria contro Covid19 l'adesione a qualsiasi altra vaccinazione, obbligatoria o soltanto raccomandata, è così bassa in tutto il mondo?

Oms e Unicef registrano il più grande calo delle vaccinazioni nei bambini

L'Organizzazione Mondiale della Sanità sta indagando il fenomeno su larga scala che il Covid ha solo aggravato. Tra i fattori che contribuiscono ad allontanare i bambini dalla vaccinazione sono i contesti di guerra e di fragilità dei sistemi sanitari che non riescono a garantire accessi facili, l'aumento della disinformazione, l'interruzione dei servizi e degli approvvigionamenti, la deviazione delle risorse verso le attività di risposta alla pandemia, le misure di contenimento che hanno limitato gli accessi e la disponibilità dei servizi di vaccinazione erogati.

Secondo l'Unicef, le conseguenze si misureranno in vite umane. La autorità sanitarie globali si aspettavano delle ripercussioni della pandemia ma il calo tra i bambini è persistente, pertanto il Covid-19 non è una scusa. Se non si recupereranno i bambini mancanti, assisteremo inevitabilmente a nuove epidemie. Ci saranno un numero maggiore di bambini malati e una maggiore pressione sui sistemi sanitari già in difficoltà. Le perdute vaccinazioni sono aggravate da tassi elevati di malnutrizione acuta grave. Un bambino malnutrito ha un sistema immunitario fragile e le più comuni malattie infantili possono pertanto diventare letali.

Secondo il Direttore Generale dell'Oms Ghebreyesus pianificare e affrontare il Covid19 dovrebbe andare di pari passo con la vaccinazione per malattie mortali come il morbillo, la polmonite e la diarrea. Non è una questione di uno o l'altro, è possibile fare entrambe le cose. Raggiungere la copertura vaccinale universale raccomandata mantiene in salute bambini, adolescenti, adulti e società.

Poiché le persone sembrano aver dimenticato l'importanza storica delle vaccinazioni ed il loro valore nel prevenire le epidemie di malattie finora tenute sotto controllo, servirà ora uno sforzo immane per capire le ragioni dell'opposizione globale ai vaccini ed attuare delle adeguate strategie rivolte agli adulti e ai genitori. C'è diffidenza, definita vaccine hesitancy. C'è resistenza. C'è un immunization gap, un vuoto vaccinale generazionale. C'è un atteggiamento di sfiducia e di rifiuto. Di stanchezza generalizzata. Recuperare le persone significa compiere una sfida epocale per tutelare la salute globale.

Infermiere

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