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COVID-19

Manifestazioni gastrointestinali dell'infezione da Sars-CoV-2

di Giacomo Sebastiano Canova

Le prime evidenze di disturbi gastrointestinali nei pazienti affetti da COVID-19 risalgono al gennaio 2020, quando in letteratura è stato riportato il primo caso di un paziente con diarrea come manifestazione gastrointestinale dell’infezione da SARS-CoV-2. Da quel momento sono stati riportati diversi casi che hanno visto manifestarsi il COVID-19 assieme a sintomi gastrointestinali come diarrea, nausea, vomito, dolore addominale, anoressia e sanguinamento gastrointestinale.

Sintomi gastrointestinali più frequenti nei pazienti Covid-19

Il dolore addominale è uno dei sintomi gastrointestinali più comuni legati al Covid-19 negli adulti, dopo diarrea, nausea e vomito

Tra i sintomi gastrointestinali descritti nei pazienti adulti COVID-19, i più comuni sono la diarrea, seguita da nausea, vomito e dolore addominale, mentre nei pazienti pediatrici il sintomo più frequentemente segnalato è il vomito.

Oltre a ciò, gli studi hanno mostrato l’esistenza di casi clinicamente gravi associati al riscontro di RNA del SARS-CoV-2 nelle ulcere esofagee così come nello stomaco, nel duodeno e nei tessuti rettali di questi pazienti. È stato anche osservato che i pazienti con malattia grave hanno maggiori probabilità di avere dolore addominale rispetto ai pazienti non gravi, nonché una maggiore possibilità di possedere alterati livelli sierici dei biomarcatori della funzionalità epatica, i quali si associano ad un coinvolgimento gastrointestinale e ad una prognosi peggiore di malattia.

Le evidenze scientifiche pubblicate in letteratura hanno suggerito che il recettore dell’enzima di conversione dell’angiotensina II (ACE2), che media l’infezione SARS-CoV-2, è espresso nelle cellule AT2 polmonari, nelle cellule epiteliali superiori e stratificate dell’esofago e negli enterociti assorbenti presenti nell’ileo e nel colon. Questi riscontri possono spiegare l’associazione tra il COVID-19 e le manifestazioni gastrointestinali.

Inoltre, l’RNA del SARS-CoV-2 è stato identificato in alcuni campioni di feci e tamponi anali o rettali di pazienti COVID-19; in particolare, alcuni dati indicano che l’RNA virale può rimanere rilevabile nelle feci anche dopo il riscontro di risultati negativi provenienti dai campioni respiratori.

Per questi motivi la trasmissione oro-fecale può essere un’altra possibile via di trasmissione della SARS-CoV-2 e deve essere considerata nelle misure di controllo delle infezioni. Per quanto riguarda la prevalenza dei sintomi, in letteratura sono attualmente pubblicati 43 studi che hanno analizzato un totale di 18.246 pazienti. Almeno un paziente in ogni studio incluso ha mostrato sintomi gastrointestinali associati all’infezione da SARS-CoV-2 e la prevalenza di tali sintomi era simile tra uomini e donne (rispettivamente 52,1% e 49,5%,).

La diarrea è stato riscontrato essere il sintomo gastrointestinale più comune, in quanto ha colpito l’11,5% dei pazienti, seguita da nausea e vomito (6,3%) e dal dolore addominale (2,3%). Sono stati riportati anche perdita di appetito, anosmia, ageusia e sanguinamento gastrointestinale.

In riferimento alla gravità clinica, il 17,5% dei pazienti è stato classificato come gravemente malato, mentre il 9,8% di essi è stato considerato affetto da malattia non grave. Inoltre, l’età media dei pazienti gravemente ammalati variava da 44 a 62 anni negli adulti e da 1.2 a sei anni tra i bambini.

Alcuni studi hanno valutato anche i biomarcatori della citolisi nei pazienti affetti da COVID-19 che presentavano sintomi gastrointestinali, mostrando un aumento dei livelli di aspartato transaminasi e alanina aminotransferasi in una parte dei pazienti analizzati.

I dati derivanti dalla letteratura scientifica, dunque, mostrano come spesso i pazienti con COVID-19 manifestino sintomi gastrointestinali e suggeriscono una potenziale relazione tra la presenza di questi sintomi e l'aumento della gravità della malattia. Inoltre, la presenza di alterazioni nei biomarcatori della citolisi richiamano l’attenzione sulla possibilità di un coinvolgimento epatico negli individui infetti da SARS-CoV-2.

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