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Sentenza

Modena, operatrici sanitarie no-vax restano sospese

di Redazione Roma

Il giudice del lavoro del Tribunale ha ritenuto legittima la sospensione cautelare, da parte di una Rsa, nei confronti di due dipendenti della struttura. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro. Analoghi precedenti a Treviso e Verona.

Tribunale del lavoro conferma legittimità sospensione sanitari no-vax

Rigettato il ricorso e compensate integralmente le spese di liti tra le parti. È l’esito della sentenza con la quale il giudice del lavoro del Tribunale di Modena ha ritenuto legittima la sospensione cautelare, da parte di una Rsa, nei confronti di due operatrici sanitarie. Richiamando, altresì, gli obblighi di sicurezza e il Decreto legge n. 44/2021 (“Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19, in materia di vaccinazioni anti Sars-Cov-2, di giustizia e di concorsi pubblici”), decreto che introduce (art. 4) l’obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali.

Il giudice del lavoro ha ritenuto pertinente il richiamo all’art. 20 del D.lgs. 81/2008, con riguardo particolare al comma 1, al dovere di ogni lavoratore di prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni od omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

E se da un lato, come riporta la sentenza del Tribunale di Modena, viene rimarcata l’importanza della vaccinazione in via prioritaria degli operatori sanitari, poiché hanno un rischio più elevato di essere esposti all’infezione da Covid-19 e di trasmetterla a pazienti suscettibili e vulnerabili in contesti sanitari e sociali, questi ultimi – appunto – non possono che essere tutelati, perché un’elevata percentuale di residenze sanitarie assistenziali è stata gravemente colpita dal Covid-19. I residenti di tali strutture sono ad alto rischio di malattia grave a causa dell’età avanzata. Decisione, quella espressa dal giudice del lavoro in merito alle due operatrici sanitarie, scevra da ogni giudizio sui convincimenti personali delle lavoratrici.

Dall’Emilia Romagna al Veneto, dove il giudice del lavoro ha dato ragione ad una residenza sanitaria assistenziale – “Villa Belvedere” di Crocetta del Montello (Treviso) – dopo che cinque operatori no-vax sospesi dalla casa di riposo (in tutto sono 6, lasciati a casa da inizio aprile senza stipendio) hanno fatto ricorso. Un lavoratore non vaccinato può fondatamente ritenersi maggiormente esposto ai rischi connessi al Covid-19 rispetto a un lavoratore vaccinato, a fronte dei rischi connessi allo svolgimento della prestazione lavorativa in ambito sanitario, in ambienti chiusi e nei confronti di soggetti particolarmente fragili, assumono primario rilievo i principi di prevenzione e sicurezza, ha motivato la sentenza del Tribunale di Treviso.

Spostandosi neppure troppo nella regione, a Verona la sezione lavoro del Tribunale ha rigettato il ricorso di una operatrice sanitaria no vax che, opponendosi al vaccino, è stata sospesa dalla Rsa in cui lavora insieme ad altri due colleghi (la sentenza riguarda l’Ipab di Bussolengo, primo caso noto, in provincia di Verona, di una residenza sanitaria assistenziale che ha di fatto estromesso tre lavorator). Mentre due di loro hanno preso altre strade – uno, fisioterapista, ha preferito sospendere la collaborazione mentre un’altra operatrice ha cambiato lavoro – lei si è opposta con fermezza, tentando (senza alcun successo) di avere ragione del Tribunale di Verona (l’assenza di obbligo vaccinale non può valere per gli operatori sanitari delle Rsa).

Giornalista

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