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COVID-19

Sandro è tornato a casa

di Giordano Cotichelli

C’eravamo lasciati qualche mese fa. Era primavera, ma quella che stava per arrivare non sarebbe stata una bella stagione. Tutt’altro. Per molti, per troppi, non ci sono stati più giorni a seguire. Qualcuno l’ha chiamata la stagione degli eroi, ma alla fine, come in tutte le affabulazioni epiche, l’immagine sfuma, i titoli di coda si susseguono e gli eroi sono presto dimenticati. Anzi, in qualche caso si è ritornati ad insultarli, discriminarli, picchiarli. E la vita di sempre, si è riaffacciata, quasi uguale, con qualche mascherina in più, qualche abbraccio in meno ed un’ingombrante ansia da cui non riusciamo a separarci. Ad ogni modo, alla fine, Sandro ce l’ha fatta, dopo sei lunghi mesi, è tornato a casa; lui, come tanti altri colleghi e tantissima gente che si sono presi il Covid-19.

La lotta di Sandro, infermiere contro il Coronavirus

Era iniziata quasi in sordina. Un po’ di “influenza”, qualche giorno di malattia a casa, messaggi scambiati su WhatsApp e poi il correre disperato in ospedale, sul filo del rasoio, seguito dall’inizio dell’incubo.

Sandro Ortolani è un amico e un collega. Direttore di CdL in Infermieristica presso la Facoltà di Medicina di Ancona, già Presidente del Collegio Ipasvi del capoluogo dorico, ha contribuito, assieme al gruppo di tutor e docenti dell’università, alla formazione di generazioni di infermieri.

Un lavoro fatto con il metodo e con il cuore di chi ha molto da fare e cronicamente troppe poche risorse (l’ossimoro è d’obbligo) disponibili, come spesso accade per le “cose” dell’infermieristica.

In questi sei mesi i sanitari della Rianimazione, della Pneumologia e della Neurologia di Ancona hanno fatto di tutto pur di non farsi portare via dalla malattia un collega amato e stimato

Quando i polmoni non ce la facevano più si è andati avanti comunque, aiutando il corpo attraverso l’ECMO, l’ossigenazione extracorporea. La strada per la ripresa è lunga, ma non è un problema né per Sandro né per tutte le colleghe che gli sono state vicine in queste settimane e, non ultima, per la moglie che con calma e decisione non ha mai mollato la presa in questi lunghi mesi.

Sandro è tornato a casa e le sintetiche righe che cercano di riassumere la sua lotta contro il coronavirus, diventano comunicazione simbolica di tutti i vissuti di chi è stato colpito dalla malattia. Pezzi di vita smarriti e ricostruiti tramite la narrazione degli altri, utile anche a lenire la profonda prostrazione, che il Covid-19 regala senza problemi; quasi un’ipoteca sulla voglia di ritornare alla normalità.

Molti scriveranno di questi giorni, di questi mesi e di questo anno dannato. Testimonianze di come, nonostante la stanchezza, il dolore, le tante limitazioni delle ore chiusi dentro agli scafandri, si è cercato fino alla fine di non cedere ad una saturazione che scendeva, ai reni che stavano per bloccarsi, al cuore che negava il suo aiuto.

A queste, si sovrapporranno altre testimonianze, fatte di disperazione e di rabbia, di rassegnazione e di un senso infinito di fallimento che non se ne andrà mai più. Ingiustamente.

La storia di Sandro serve a far riverberare vite e vissuti, sentimenti e ragionamenti

Molti i medici che si sono trovati a curare colleghi medici, infermieri che hanno assistito colleghi infermieri, compagni di scuola, di turno. Non è facile curare chi ti è caro, come non è facile aspettare notizie sulla salute di chi ti è caro. Non c’è una graduatoria in questa pandemia che segna chi ha sofferto di più o di meno. Non c’è, e non ci può essere.

NurseReporter

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