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Salute

PNE 2022, una fotografia del sistema sanitario

di Giordano Cotichelli

Come ogni anno l’Agenas ha presentato la sua relazione sull’assistenza sanitaria erogata in Italia. Un rapporto ricco di dati, frutto dell’analisi attenta delle 1377 strutture ospedaliere (pubbliche e private) attraverso l’uso di ben 194 indicatori (10 di più rispetto ad un anno fa) che riguardano l’assistenza ospedaliera (73 di esito e processo, 83 di volume di attività e 15 per l’ospedalizzazione) e 23 inerenti all’assistenza territoriale (14 per l’ospedalizzazione evitabile, 5 per gli esiti a lungo termine e 4 sugli accessi impropri al pronto soccorso). Il quadro finale permette di valutare l’equità di accesso, l’efficacia delle prestazioni, la sicurezza delle cure e l’appropriatezza clinica.

I dati che emergono dall'edizione 2022 del Programma Nazionale Esiti

Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, alla presentazione dell'edizione 2022 del Programma Nazionale Esiti (PNE), sviluppato da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) su mandato del ministero.

Il primo elemento che risalta nella relazione è dato dallo spartiacque del biennio pandemico che vede molti dati ritornare ai livelli pre-Covid, mentre in altri casi si registrano maggiori difficoltà, come per i ricoveri ospedalieri aumentati rispetto al 2020 (+501.158), ma ancora lontani dalla situazione prepandemica. Risulta ancora lontana dai numeri pre-Covid anche l’attività di day surgery.

Altri valori sono in fase di assestamento rispetto a tre anni fa ma ad ogni modo in tema di mortalità a 30 giorni per infarto o per frattura di femore gli esiti mostrano un buon andamento, anche se in merito la tempestività di accesso ha valori inferiori agli standard assistenziali previsti in pressoché metà delle strutture esaminate.

Nell’area materno-infantile i dati relativi al parto con taglio cesareo, rispetto agli standard europei previsti, riescono ad essere mantenuti per il 69,7% e solo per il 14,1% rispettivamente dei casi nei reparti con più o con meno di 1000 parti all’anno. A tale proposito va ricordato come il ricorso al taglio cesareo sia un indicatore di qualità dei servizi e di equità dell’offerta con un quadro generale del paese, come descritto recentemente dall’Istituto Superiore di Sanità1, dove al 10-15% dei TC stabiliti dall’OMS, in Italia si è passati dall’11.2% del 1980 al 33,2% del 2000 con forti differenze all’interno di quest’ultimo dato a livello regionale, andando dal 18,7% della Provincia di Bolzano al 53,4% della Campania, con valori elevati riscontrati in particolare nelle cliniche private.

Per ritornare al PNE questo offre ancora molti dati in relazione alla maggior fragilità e disuguaglianza nella cura in relazione al genere o alla cittadinanza (stranieri vs italiani) ed in generale mostra come l’offerta sanitaria continui ad essere registrata sul piano qualitativo a macchia di leopardo sul territorio nazionale con differenze non tanto e non solo fra Nord e Sud, ma all’interno di ogni singola regione fra le diverse aree territoriali.

Il rapporto Agenas evidenzia ad ogni modo i buoni risultati della sanità italiana e come questa, in definitiva, sia l’espressione di una professionalità di infermieri e medici e di tutto il personale sanitario e socio-sanitario (quello che manda avanti la baracca). E al tempo stesso diventa una forte sottolineatura dello stato di sofferenza del sistema tutto che vede proprio questi professionisti cercare lavoro fuori dai servizi pubblici o fuori d’Italia addirittura.

Malessere che, come già più volte ripetuto negli ultimi giorni, sembra non essere colto appieno dai signori del Palazzo che non hanno predisposto alcun tipo di piano di lotta alla mancanza di professionisti dal SSN, che hanno previsto stanziamenti finanziari in alcun modo utili a superare l’attuale impoverimento del sistema, e che, infine, sembrano decisi a continuare la guerra ai poveri che hanno appena iniziato con le limitazioni al reddito di cittadinanza e gli aumenti indiscriminati di vario tipo.

In molte testate sanitarie online, in questi giorni, si stanno susseguendo ripetuti appelli di professionisti e associazioni di settore che chiedono un’inversione di rotta sulle scelte in tema di salute pubblica, maggiori finanziamenti, più operatori e molto altro ancora. Unanime il coro, reso ancora più forte proprio dai dati dell’Agenas citati, che chiede di salvare il SSN, anche se, probabilmente, i dati dei prossimi PNE miglioreranno comunque in quanto saperi scientifici e professionalità acquisite difficilmente potranno andare perdute nell’arco di qualche anno.

Certo è che le disuguaglianze e le dis-equità aumenteranno e, a fronte di buone prestazioni sanitarie esistenti, sarà sempre maggiore la difficoltà di arrivare ad ottenerle, per crescenti strati di popolazione, persi nelle pieghe delle liste di attesa di esami diagnostici o di visite specialistiche rimandate, perdute, differite a causa delle imperanti le leggi del profitto.

Difficile dire di più senza lasciarsi suggestionare dalle difficoltà quotidiane, dai problemi di sempre, dai proponimenti da fare, dagli impegni da assumere e dai cambiamenti promessi che da anni vengono continuamente ripetuti. La Presidente del Consiglio ha detto2: Il potenziamento del Servizio sanitario nazionale rappresenta per il Governo un tema prioritario, a partire dalla necessità di favorire una sanità più vicina ai territori e un utilizzo più efficiente delle risorse del Fondo sanitario nazionale.

Ecco, appunto, i proponimenti, le promesse e gli impegni ripetuti da anni. Un disco rotto la cui nota stonata fa da sottofondo alle tante immagini simboliche di questi giorni. Scegliete quella che preferite, io scelgo la foto significativa del palco reale (gli aggettivi hanno una loro funzione) del Teatro alla Scala di Milano che vede tutte assieme autorità politiche quali il Presidente della Regione Lombardia, il Sindaco di Milano, La Presidente della Commissione Europea, Il Presidente del Senato e la Presidente del Consiglio. Applausi e certezze di un migliore efficientamento delle risorse. Per loro.

NurseReporter

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