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Una finestra su prospettive di rinnovamento del sistema salute

di Giordano Cotichelli

È stato pubblicato il rapporto PNE 2020 (Piano Nazionale Esiti) dell’Agenas. È un interessante documento che mostra lo stato di salute sul piano organizzativo del sistema sanitario italiano, letto in termini di esiti attesi, di ricadute lungo i percorsi di presa in carico e risposta ai bisogni rilevati all’interno di un quadro di complessità e qualità assistenziale e curativa, che mira all’eccellenza e all’omogeneità territoriale. Lungi dall’essere una “pagella” degli istituti ospedalieri – pubblici o privati – più o meno bravi, il rapporto si rivela una ricca fonte di dati utili a valutare scelte e indirizzi allocativi delle risorse sanitarie e dell’appropriatezza dei ricoveri, in cui entra in gioco, la valutazione della risposta della rete dei servizi.

Ricoveri inappropriati e gap Nord-Sud: il nuovo PNE 2020 di Agenas

Per chi è fresco di studi infermieristici, si può leggere il PNE un po’ come nella triade metodologica del Nanda, Nic e Noc (non me ne vogliano colleghe ed epidemiologi per l’azzardo comparativo) dove il primo riguarda la dimensione di lettura della complessità del bisogno di salute, l’altro la messa in opera delle risposte ed infine la dimensione valutativa delle ricadute (outcome) è l’oggetto di cui si scrive: gli esiti in termini di efficacia ed equità del sistema sanitario di questo paese.

Piccolo intervallo. In una situazione di dramma pandemico e di terza ondata montante di contagi (e di vittime), quello presente può sembrare un discorso meramente fine a sé stesso, in realtà, probabilmente, il rapporto PNE 2020 è una finestra sulle prospettive che sin da ora è necessario darsi in termini di rinnovamento del sistema a partire da subito. Vediamo alcuni dati per capire qualcosa di più.

Le aree esaminate dal report

Le principali aree esaminate riguardano i trattamenti chirurgici e le cure, i percorsi di presa in carico e le complicanze, nonché la mortalità, in tema di: frattura di femore, protesica ortopedica (anca ginocchio e spalla), ostetricia (taglio cesareo e parto naturale), cardiologia (bypass aortocoronarico, infarto), colecistectomia laparoscopica, oncologia (polmone, seno, stomaco), BPCO e appropriatezza dei ricoveri.

Il trattamento della frattura di femore entro 48 ore è presente in quasi il 67% delle strutture interessate, aumentate di circa il 50% in meno di 10 anni. L’attività protesica vede una maggior omogeneità dell’offerta sul territorio e i ricoveri, dopo il primo intervento in particolare per anca e ginocchio, rimangono bassi.

Per quello che riguarda l’assistenza alla natalità il valore soglia di 500 parti annui resta lontano in 142 strutture (6,8%). Si riduce la frequenza dell’uso del taglio cesareo, lungo un andamento che si presenta lento nel tempo, ma che ad ogni modo mostra un passaggio dal 37% su base nazionale del 2004 all’attuale 21,5%; valore ancora lontano dal 10-15% prefissato dall’OMS. In questo si registra un divario regionale che negativamente permane con una percentuale di cesarei del 50% e del 60%, in regioni quali Sicilia e Campania, nonostante nelle stesse vi sia anche una buona risposta (40%), in alcune strutture, nel sostegno al parto vaginale per le donne con pregresso cesareo.

Stessi dati confortanti in Lombardia, Friuli, Veneto e Bolzano, mentre per il resto del paese appena 1/3 delle strutture riescono nell’impresa. Continua ad abbassarsi la mortalità dopo 30 giorni dal ricovero sia nei casi di bypass aorto-coronarico passando dal 12,6% del 2012 al 1,7% del 2019, sia per l’Ima; con riscontri positivi sul piano stesso dell’ospedalizzazione per infarto che si sta riducendo grazie all’adozione, da parte della popolazione, di comportamenti virtuosi rispetto ai fattori di rischio per le malattie ischemiche nei riguardi del fumo, dell’abuso di alcolici, della sedentarietà e della cattiva alimentazione.

Il 79,7% delle strutture prevede una degenza per colecistectomia laparoscopica inferiore a tre giorni nonostante, anche in questo caso, si rilevi una importante disomogeneità regionale. La stessa presente per l’andamento della riduzione delle resezioni del carcinoma mammario e sul piano del trattamento chirurgico delle neoplasie polmonari, gastriche e pancreatiche.

Alta variabilità regionale anche in merito ai tassi di ospedalizzazione per le complicanze del diabete, registrata in particolare in Piemonte, Abruzzo e Puglia. Mentre la BPCO rivela il peso a livello ambientale – e regionale – di un inquinamento che mostra come i determinati della salute e della malattia condizionino maggiormente certe aree rispetto ad altre.

NurseReporter

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