Autonomia differenziata, si discute in Senato il Ddl Calderoli

Si è avviata il 16 gennaio la discussione in Senato del disegno di Legge Calderoli sull'autonomia differenziata che definisce le procedure legislative ed amministrative da seguire per giungere ad una intesa tra Stato e Regioni che richiedono maggiori autonomie con il trasferimento delle funzioni di governo su materie importanti.

L’autonomia differenziata arriva in Senato, ma è scontro

aula del senato — Avviata la discussione in Senato del Ddl Calderoli sull'autonomia differenziata.

Al testo di 11 articoli, che approda in Aula di Palazzo Madama modificato dalla Commissione Affari Costituzionali, sono stati presentati circa 400 emendamenti. Il Ddl stabilisce innanzitutto la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) - da erogare con appropriatezza, congruità ed efficienza e da aggiornare periodicamente - nonché dei relativi costi e fabbisogni standard su 23 materie di competenza esclusiva:

giustizia di pace
tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali
tutela e sicurezza del lavoro
istruzione
ricerca scientifica e tecnologia e sostegno all'innovazione per i settori produttivi
tutela della salute
alimentazione
ordinamento sportivo
governo del territorio
porti e aeroporti civili
grandi reti di trasporto e di navigazione
ordinamento della comunicazione
produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia
valorizzazione dei beni culturali ed ambientali e promozione ed organizzazione di attività culturali

Sul Disegno di legge esprimono preoccupazione le opposizioni che promettono battaglia in quanto una simile riforma a regime andrebbe a penalizzare soprattutto le regioni del Mezzogiorno che hanno meno risorse.

Si oppongono fortemente all'autonomia differenziata anche molte associazioni ed organizzazioni che fanno appello al Governo perché fermi questa deriva, portando piuttosto a compimento riforme che riducano le differenze tra i territori.

Nel disegno di legge è contenuta un'idea di autonomia territoriale competitiva, concorrente e appropriativa, spiega Antonio Russo, vicepresidente delle Acli che si dicono contrarie in quanto, una volta approvata, genererebbe una forma di Stato non più unitaria.

La possibile attribuzione di queste autonomie differenziate alle Regioni modificherebbe di fatto l'identità del Paese, abbandonandone una parte ad un ritardo incolmabile che istituzionalizzerebbe le disuguaglianze già evidenti, conclude.

Mobilità sanitaria, Gimbe: autonomia differenziata è schiaffo al Meridione

È contraria anche la Fondazione Gimbe, che ribadisce la richiesta di eliminare la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie. L'autonomia differenziata in materie sanitarie sarebbe uno schiaffo al meridione e andrebbe a peggiorare anche il fenomeno della migrazione sanitaria, ossia la mobilità interregionale di persone che cercano altrove prestazioni sanitarie migliori rispetto a quelle offerte nella propria zona di residenza.

Da uno studio condotto per analizzare tale fenomeno emerge che la migrazione sanitaria è cresciuta ancora in Italia, aumentando il divario già esistente tra le regioni settentrionali, che rinforzano il loro saldo attivo (93,3%) e quelle meridionali del Paese.

È in Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia ed Abruzzo che si concentra tutto il passivo (76,9%). Considerando che con le persone che si sono spostate per curarsi nel 2020 sono stati portati al Nord 3,33 miliardi di euro e nel 2021 altri 4,25 miliardi di euro hanno riempito le casse settentrionali, il Sud sarà sempre più dipendente dalla sanità del Nord, soprattutto dalle regioni capofila dell'autonomia differenziata (Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto).

Dal rapporto emerge che i dati sulla mobilità attiva documentano una forte capacità attrattiva delle tre regioni del Nord e, con la sola eccezione del Lazio, evidenziano quella estremamente limitata delle Regioni del centro-Sud.

I dati della mobilità passiva documentano invece differenze più sfumate tra Nord e Sud: se quasi tutte le regioni meridionali hanno elevati indici di fuga che generano debiti, risulta che anche 4 grandi regioni settentrionali (Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna) che presentano un'elevata mobilità attiva generano debiti mediamente per circa 300 milioni di euro. Si tratta della conseguenza della cosiddetta mobilità di prossimità, determinata da pazienti che preferiscono spostarsi in regioni vicine con elevata qualità dei servizi sanitari.

Le tipologie di prestazioni erogate in mobilità riguardano ricoveri ordinari (86%), ricoveri in day-hospital (69,6%) prestazioni di specialistica ambulatoriale (16,4%), somministrazione diretta di farmaci (9,4%). È da sottolineare che la mobilità riguarda anche le strutture private, per oltre la metà complessiva di prestazioni e ricoveri.

Il volume dell'erogazione dei servizi sanitari da parte delle strutture private varia notevolmente tra le Regioni ed è un indicatore della presenza e della capacità attrattiva delle strutture private accreditate, oltre che dell'indebolimento di quelle pubbliche, spiega Cartabellotta, secondo cui le analisi dimostrano che i flussi economici della mobilità sanitaria scorrono prevalentemente da Sud a Nord, in particolare verso le Regioni che hanno già sottoscritto i pre accordi con il Governo per la richiesta di maggiori autonomie.

Se verranno concesse ulteriori autonomie alle più ricche regioni settentrionali, il gap enorme tra Nord e Sud sarà inevitabilmente destinato ad aumentare e si darà il colpo di grazia al Servizio Sanitario Nazionale, compromettendo l'uguaglianza dei cittadini nell'esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute, spiega Cartabellotta.

La mobilità sanitaria è un fenomeno dalle enormi complicazioni sanitarie, sociali, etiche ed economiche, precisa. Riflette le grandi ed inaccettabili diseguaglianze nell'offerta dei servizi sanitari tra le varie Regioni e soprattutto tra il Nord e il Sud. Si tratta di un gap diventato ormai una frattura strutturale destinata ad essere aggravata dall'autonomia differenziata che in sanità legittimerà a livello normativo il divario già noto, amplificandolo.