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Salute

Infermieri e disuguaglianze della salute

di Giordano Cotichelli

La questione delle disuguaglianze nella salute merita una chiave di lettura strettamente correlata ai professionisti sanitari, in termini di formazione e aggiornamento delle conoscenze, composizione del corpo professionale e numerosità, ambiti di intervento e ruoli prefissati dal sistema. Un approccio che coinvolge la professione in maniera globale e permette una declinazione dei problemi oltre la mera lamentela o l’esternazione dello spirito di sacrificio, supera la contingenza sindacale e le rivendicazioni del momento e si pone su una prospettiva di sistema.

In Italia mancano 70mila infermieri

letto ospedale

Il deficit infermieristico in Italia è stimato in 70mila unità

Basta iniziare da una lettura quantitativa della professione infermieristica e quindi dalla carenza – nurses shortage – più o meno rilevante che colpisce molti paesi. In Italia, nelle scorse settimane, a varie riprese, sia sulla stampa quotidiana sia in assise pubbliche (come al primo congresso Fnopi di Roma) è stata sottolineata l’urgenza di provvedere al deficit infermieristico valutato in 70 mila unità. Nel rapporto dell’Ocse dedicato alle questioni della salute, Health at a Glance, del 2017 l’Italia risulta avere un rapporto di 5,4, contro i 9 infermieri ogni mille abitanti della media Ocse. Se si prende poi in considerazione il rapporto fra infermieri e medici, il valore è di 1,4, la metà rispetto a quello dell’Ocse (2,8) e un terzo o più rispetto ad alcuni paesi del Nord Europa quali Finlandia (4,6), Danimarca (4,6), Svizzera (4,1). Il filo logico in merito considera il fatto che, dati ruoli e ambiti di intervento molto diversificati, più il rapporto fra medici e infermieri è prossimo a 1, peggiore è l’allocazione delle risorse in quel sistema sanitario, che in quel caso può generare un numero di medici troppo alto per i bisogni sanitari di quel paese o, al contrario, una numerosità infermieristica insufficiente.

È noto come la mancanza di infermieri aumenti i rischi di mortalità, infezioni ospedaliere, malpractice e riduca l’aderenza terapeutica. La stessa Icn ha sottolineato come in presenza di una carenza di personale medico, la possibilità di organizzare, all’interno del sistema sanitario, la prescrizione farmaceutica infermieristica, sia una risorsa che permette un migliore e puntuale accesso ai farmaci, una funzionale compliance e una riduzione della spesa. Un fatto che riguarda in particolare quelle categorie sociali maggiormente a rischio e fragili sul piano della salute. In questo, a fronte di una più volte annunciata carenza futura di medici di medicina generale, lo sviluppo e l’implementazione nel Ssn della figura dell’infermiere di famiglia è sicuramente un plusvalore da considerare.

L’allocazione delle risorse in sanità non riguarda solo investire maggiormente sulla numerosità del personale, e sulla sua composizione, ma anche sulla semplice distribuzione geografica (il divario tra nord e sud, in Italia e nel mondo, è un elemento di iniquità del sistema), sia in termini di professionalità (vedi see and treat). In generale, il quadro riassuntivo della centralità infermieristica rispetto alle disuguaglianze nella salute lo fornisce l’Icn in un rapporto del 2011. Il titolo del documento è significativo: “Closing the gap, increasing access and equity”. Il titolo riprende il documento redatto dall’Oms nel 2008 proprio in tema di equità sanitaria e vuole sintetizzare gli elementi chiave per valorizzare l’intervento infermieristico quale strumento pro-attivo della salute. Alcuni degli elementi presi in considerazione sono già stati enunciati poco sopra, quali il miglioramento dell’accesso ai farmaci e la distribuzione del personale.

A questi si unisce l’importanza della conoscenza dei determinanti sociali e sanitari della salute e l’implementazione, nella pratica quotidiana della rilevazione di marcatori sociali quali: genere, etnia, reddito, istruzione, classe lavorativa, contesto di vita, al fine di rendere evidenti le differenze da considerare per una migliore ed equa assistenza che sappia tenerne conto in termini di risorse residuali, di criticità relazionali, di barriere culturali. In questo il ruolo dell’infermiere, sempre secondo l’Icn, non può distaccarsi da una chiara interiorizzazione della centralità e universalità del diritto alla salute, sottolineato in maniera valida dai vari codici deontologici nazionali. Un documento, quello del 2011, che è stato reso maggiormente attuale lo scorso autunno, con la produzione di un altro testo da parte dell’Icn che prende in considerazione il ruolo degli infermieri nel raggiungimento degli obiettivi sostenibili di sviluppo, prefissati fino al 2030 dall’Oms i quali hanno sostituito dal 2015 quelli di sviluppo del millennio in ottica più articolata, ampia e appunto sostenibile. Gli obiettivi sono 17 e riguardano: povertà, fame e malnutrizione, buona salute e benessere, l’istruzione, l’equità di genere, l’accesso all’acqua, una energia pulita, crescita economica e lavorativa, innovazione industriale e infrastrutture, riduzione delle disuguaglianze, città a misura d’uomo, produzioni e consumi responsabili, protezione del clima, la vita sulla terra e nei mari, pace e giustizia, e partecipazione al raggiungimento degli obiettivi.

Difficile affermare che non siano stati presi in considerazione tutti quei determinanti che hanno peso sullo sviluppo della salute e delle malattie, quasi in una dimensione paradigmatica che vede ulteriormente estrinsecarsi il ruolo della professione nel tema, facendosi carico delle problematiche della salute, adottando una lettura globale delle criticità, del singolo e della comunità, non delegando ad altri quando può farsi portatrice di cambiamenti ed innovazioni. La sintesi di tutto questo è dato dalla parola advocay già messa in evidenza nel documento del 2011 lungo una lettura composita e multiculturale dove l’associazionismo infermieristico, sappia farsi soggetto attivo dei cambiamenti del sistema, delle prospettive di sviluppo, e della salvaguardia di diritti acquisiti.

La stretta relazione fra disuguaglianze nella salute e professione infermieristica, alla fine, è ben espressa da ciò che ha dichiarato, nel 2007 Silvina Malvarez, infermiera a capo allora della Pho, Panamerican Health Organization: Assumere il problema dell’iniquità supporrà per l’infermieristica enormi cambiamenti. Vorrà dire prendere coscienza di un orientamento all’iniquità, riconoscere che l’iniquità si esprime nella salute in modo drammatico, influire nel cambiamento dei sistemi di salute verso una cura ad accesso universale e generare buone pratiche. Però il cambiamento più essenziale resterà l’assunzione di sé come soggetto politico in lotta per un’umanità più giusta. L’iniquità è un male interno all’infermieristica. È sufficiente un rapido sguardo ai salari, alle giornate di lavoro, alle risorse materiali, all’accesso alla formazione e al riconoscimento sociale delle infermiere, per prendere dolorosa coscienza di queste disuguaglianze. Le disuguaglianze nella salute, una questione che resta aperta per la scienza assistenziale e per la quotidianità della professione.

NurseReporter

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