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Cancro, Mangiacavalli: La nostra è assistenza a tutto campo

di Redazione

Il Rapporto Favo presentato in occasione della XI Giornata nazionale del malato oncologico, è da un lato una buona notizia perché indica che dal cancro si può guarire, ma dall’altro una fonte di problematicità mettendo in risalto, dati alla mano, tutte le pecche di un’assistenza che nel caso dell’oncologia non dovrebbero esistere, dai tempi biblici per l’introduzione di un nuovo farmaco, alla creazione di reti di mobile-health di cui esempio per ora solo alcuni esempi virtuosi. Così Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale Ipasvi commentando i dati sulla condizione assistenziale del malato oncologico presentati oggi da Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) in Senato.

Cancro, Mangiacavalli: Noi infermieri in prima linea nel caring

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Cancro, presentato in Senato il rapporto Favo

Per noi infermieri – aggiunge Mangiacavalli - l’argomento è sicuramente prioritario e in questo senso offriamo la nostra collaborazione per le prossime edizioni. Il nostro codice deontologico in vigore, ma anche il nuovo in via di definizione che lo sostituirà parla chiaro quando prescrive come ogni nostro professionista si attiva per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera affinché l’assistito riceva tutti i trattamenti necessari. Una regola per chi ogni giorno si coordina per aiutare i malati.  

E in questo senso e per dare supporto ai nostri assistiti – annuncia Mangiacavalli -  la Federazione Ipasvi ha creato una specifica Consulta  delle associazioni dei pazienti, che avrà tra qualche giorno la sua prima riunione. L’intento è di favorire il confronto e la crescita culturale sulle tematiche di interesse per la professione infermieristica, sviluppando la collaborazione e il coordinamento fra le varie realtà di rappresentanza degli assistiti.  

Secondo la presidente Ipasvi non c’è momento più forte nell’assistenza ai malati di quello delle cure oncologiche, spesso palliative, in cui gli infermieri mettono in campo oltre le loro competenze cliniche la capacità di caring, di prendersi cura e non solo del paziente, ma di tutta la sua famiglia, che con lui vive questi momenti drammatici, di prendersi cura della persona nella sua globalità e autonomia. L’attenzione si focalizza sull’individuo piuttosto che sulla malattia, per privilegiare la qualità della vita. Per questo è essenziale e propedeutico alla professione stessa, che gli infermieri imparino a riconoscere oltre a quelli clinici, anche i bisogni assistenziali ed emotivi dei pazienti e delle loro famiglie, sappiano affrontare il dolore e sappiano gestire il prima, il durante, ma anche il dopo, rispetto a problematiche diverse da quelle dell’assistenza in acuzie e in post-acuzie. E per questo è indispensabile, dati anche i risultati sull’informazione che il paziente ha dei suoi diritti e delle sue possibilità di cura, che gli infermieri siano coinvolti in prima persona oltre che nell’assistenza anche nell’informazione e nell’educazione ai malati che soffrono.  

Noi infermieri – prosegue Mangiacavalli - sappiamo ascoltare i pazienti, li sappiamo capire e li aiutiamo oltre che dal punto di vista clinico anche da quello psicologico.  E siamo, vogliamo e chiediamo di essere coinvolti in prima persona nell’assistenza a tutto campo dei malati di tumore come espressione del necessario, anzi direi ormai indispensabile, insostituibile e ineludibile lavoro in team. Si tratta - conclude - di essere in prima linea nell’assistenza ai pazienti più fragili, quelli che di più richiedono aiuto, che sopportano la maggiore sofferenza, focalizzando di più l’attenzione sull’individuo piuttosto che sulla malattia, per privilegiare la sua qualità della vita.

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