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Payback dispositivi medici: il Tar boccia i ricorsi

di Redazione

Richieste illegittime, inammissibili: così il Tar del Lazio ha dichiarato i ricorsi delle associazioni di imprese produttrici di dispositivi medici contro il meccanismo del payback, condannandole di fatto a pagare. Le imprese erano consapevoli della normativa sul payback e potevano organizzarsi: è, in sintesi, la motivazione addotta dai giudici amministrativi.

Un duro colpo per la sopravvivenza delle aziende, il governo intervenga

tar lazio

Il Tar boccia i ricorsi delle imprese sul payback dei dispositivi medici per il 2015-2018.

Una sentenza che porterà ripercussioni pesanti a un settore industriale da oltre 4.641 imprese e 117.600 dipendenti e un mercato da 18 miliardi, secondo le stime del Centro studi di Confindustria Dispositivi Medici.

Ma anche nuova linfa ai bilanci, non sempre in buona salute, delle aziende sanitarie pubbliche. All’indomani della decisione del Tar del Lazio di respingere i ricorsi delle imprese sul payback dei dispositivi medici per gli anni 2015-2018, ora l’intero settore, per voce di 7 sigle di categoria, lancia un grido di aiuto per la sua sopravvivenza, ritenuta a rischio.

Il payback dei dispositivi sanitari, cos’è

Il payback è il meccanismo che si attiva quando la spesa per l'acquisto di specifici prodotti sanitari oltrepassa il relativo tetto stabilito dalla legge con lo scopo di ricondurla sul livello programmato.

In questo caso si richiede la restituzione alle aziende fornitrici dell’importo pari al 50% delle spese in eccesso effettuate dalle singole Regioni. Si tratta di cifre importanti che in realtà non sono mai state versate: solo il payback per gli anni dal 2015 al 2018, il periodo su cui vertono i ricorsi presentati al Tar del Lazio, pesa quasi 2 miliardi di euro.

La decisione del Tar del Lazio

Tra i punti chiave su cui si fonda la sentenza: primo, il sistema del c.d. payback era sostanzialmente noto alle aziende, dall’entrata in vigore del d.l. n. 78 del 2015 e quindi dallo svolgimento delle procedure di gara subito successive.

Quindi, sulla base delle norme già note, i giudici amministrativi ritengono che le imprese del settore ben avrebbero potuto e dovuto assumere la misura del tetto di spesa nazionale quale parametro di riferimento cui conformare la propria azione.

Seconda motivazione: è rimasto del tutto indimostrato, anche nel caso di specie, che il payback abbia ridotto eccessivamente i margini di utile che le imprese coinvolte nel relativo meccanismo intendevano ed hanno conseguito dall’esecuzione degli appalti di fornitura di dispositivi medici.

Terzo e ultimo punto su cui si basa la sentenza: In merito ai ricorsi per i motivi aggiunti, i giudici hanno dichiarato inammissibili le contestazioni contro i provvedimenti regionali per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto vanno presentate al giudice ordinario.

Sospendere immediatamente la norma

Entra nei dettagli Gennaro Broya De Lucia, presidente di Conflavoro PMI Sanità, che aggiunge: Una decisione gravissima che lascia senza tutela le aziende e le spinge verso il baratro, obbligandole a rimborsare forniture effettuate anche dieci anni fa, in base a regole decise solo dopo. Una norma retroattiva che mina la certezza del diritto e travolge ogni equilibrio economico, soprattutto per le piccole e medie imprese.

A questo punto, l'unica via è politica – va avanti – chiediamo la sospensione immediata dell'efficacia della norma per tutte le imprese attualmente a rischio e una soluzione strutturale e definitiva dal tavolo in corso presso il Mef. Anche perché senza un intervento rapido e deciso – conclude – centinaia di imprese del medtech italiano scompariranno, con danni irreparabili anche per la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale.

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