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Salute

Sanità pubblica, ma l'assistenza territoriale è indietro

di Redazione

I cittadini vogliono curarsi nel servizio sanitario pubblico, perché si fidano di questo e non possono sostenere i costi di una assistenza privata. Ma fanno i conti con liste di attesa lunghe, costo elevato dei ticket e dei farmaci e con un'assistenza territoriale che, più del passato, mostra il fianco. A mostrarlo sono i dati del XX Rapporto PIT Salute di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, dal titolo “Sanità pubblica: prima scelta, ma a caro prezzo”, presentato oggi a Roma e realizzato con il sostegno di Ipasvi, Fnmoceo e Fofi.

Cittadinanzattiva: Da legge Bilancio pochi segnali per il sistema sanitario

ospedale generica

I cittadini scelgono la sanità pubblica, ma i costi restano alti (foto Dire)

I cittadini non ce la fanno più ad aspettare e a metter mano al portafoglio per curarsi - dice Tonino Aceti, coordinatore nazionale Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva - anche le vie dell'intramoenia e del privato sono diventate insostenibili. Serve più servizio sanitario pubblico, più accessibile, efficiente e tempestivo.

E dalla legge di bilancio – continua Aceti - arrivano pochi e deboli segnali: se da una parte si comincia a metter mano al superticket, anche a seguito di una nostra battaglia, seppur in maniera insufficiente, dall'altra sul finanziamento del sistema sanitario nazionale arrivano segnali pericolosi che fanno intravedere il rischio di un suo forte depotenziamento. E ancora, a fronte di dimissioni ospedaliere sempre più anticipate e problematiche, la rete dei servizi socio-sanitari territoriali non è in grado di dare risposte alle persone in condizioni di fragilità, come gli anziani soli, le persone non autosufficienti o con cronicità, quelle con sofferenza mentale.

Secondo Aceti è anche per questo che le famiglie fanno sempre più affidamento sui benefici economici derivanti da invalidità civile e accompagnamento. Ma incontrano anche qui difficoltà di accesso crescenti. Le priorità, dunque, oltre a rafforzare gli interventi, le politiche sociali e attuare il piano nazionale della cronicità, sono: rilanciare gli investimenti sul sistema sanitario nazionale in termini di risorse economiche, di interventi strutturali per ammodernamento tecnologico ed edilizia sanitaria, nonché sul personale sanitario. E ancora una strategia nazionale nuova per governare tempi di attesa ed intramoenia; alleggerire il peso dei ticket e revisionare la disciplina che li regola tenendo conto anche dei cambiamenti sociali e dell'alto tasso di rinuncia alle cure. Tutto questo è necessario per dare risposte alle profonde disuguaglianze in sanità che ci vengono segnalate.

Mangiacavalli: Rilanciare gli investimenti su personale e su territorio

È in diminuzione la malpractice per l’assistenza ospedaliera, anche se il poco personale che c’è fa lievitare i tempi per accedere alle visite specialistiche con un valore che passa dal 34,3% del 2015 al 40,3% del 2016. Per gli interventi chirurgici va un po’ meglio: il 28,1% delle segnalazioni contro il 35,3% nel 2015, ma va ancora una volta male per le liste di attesa per gli esami diagnostici (dal 25,5% 2015 al 26,4% del 2016).

Colpa non solo di ritmi di lavoro che di umano hanno ben poco – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale Collegi Ipasvi – ma anche del fatto che quasi nella totalità dei casi un infermiere deve lavorare almeno per due, vista la carenza di organici e la scarsa disponibilità organizzativa delle aziende. Abbiamo denunciato noi per primi la carenza di almeno 50mila infermieri di cui circa 20mila in ospedale e gli altri sul territorio. I blocchi del turnover e le politiche di risparmio di spesa hanno provocato in questo senso danni all’assistenza e lo dimostra il fatto che il Pit salute ha rilevato le lamentele dei pazienti che non trovano infermieri (ma non solo) a sufficienza in ospedale per garantire servizi e assistenza di qualità e tempestiva come spesso i bisogni dei pazienti richiedono.

La nostra professione – continua Mangiacavalli – ha come scopo il rapporto coi pazienti. È per noi un elemento valoriale importante sia professionalmente che per il patto col cittadino che da anni ci caratterizza. Per noi è essenziale avere una relazione privilegiata con loro, per comprendere come ci vedono e come possiamo soddisfare nel modo migliore i loro bisogni di salute. Per questo abbiamo attivato proprio con Cittadinanzattiva l’Osservatorio civico sulla professione: siamo pronti ad affrontare le critiche se la qualità del lavoro non va – e la critica non è mai questa - , ma non possiamo caricarci di responsabilità anche quando a far girare male le cose è una organizzazione che tiene conto solo dei risparmi possibili.

La cosa più grave, secondo Mangiacavalli, è proprio la denuncia del Pit sulle dimissioni ospedaliere sempre più anticipate e complesse a fronte di una rete dei servizi socio-sanitari territoriali non in grado di dare risposte alle persone in condizioni di fragilità.

È proprio l’invecchiamento e la cronicità delle patologie – aggiunge - che fanno esplodere la domanda di prestazioni infermieristiche. E gli infermieri lo sanno e sanno di dover quindi affrontare nuove sfide anche attraverso diverse impostazioni dell’organizzazione del lavoro. Gli infermieri devono saper riconoscere oltre a quelli clinici, anche i bisogni assistenziali ed emotivi dei pazienti e delle loro famiglie, saper affrontare il dolore e la malattia e gestire il prima, il durante, ma anche il dopo, rispetto a problematiche diverse dall’assistenza in acuzie e post-acuzie. Per questo è indispensabile che gli infermieri ci siano, siano sufficienti e siano coinvolti in prima persona oltre che nell’assistenza anche nell’informazione e nell’educazione ai malati e ai ‘sani’ perché si possano prevenire le patologie.

Gli infermieri in questo senso – aggiunge Pierpaolo Pateri, componente del Comitato centrale della Federazione Ipasvi intervenuto alla presentazione del Pit Salute - promuovono da tempo la figura dell'infermiere di famiglia di cui si auspicano la più ampia diffusione sul territorio nazionale e gestiscono ambulatori infermieristici territoriali che operano tra mille difficoltà. In primis la carenza numerica di professionisti, appunto, ma che andrebbero incrementati per rappresentare un punto di riferimento certo per la presa in carico dei pazienti fragili dimessi e per l'orientamento dei familiari e dei caregiver nella gestione dell'assistenza. Mangiacavalli non ha dubbi: Ha ragione il Pit: vanno rilanciati gli investimenti sul Ssn in termini di risorse economiche, di interventi strutturali per ammodernamento tecnologico ed edilizia sanitaria e, soprattutto, sul personale sanitario.

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