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Editoriale

Buon 2024, ai tanti che aspettano

di Giordano Cotichelli

Il primo giorno di un nuovo anno è sempre carico di buone intenzioni, speranze e voglia di cambiamento. Auspici ripetuti ogni volta, mentre si stappa lo spumante di turno, si bacia chi si vuole, o chi si deve. Magari qualcuno si ritrova a baciare anche chi si… pole. L’importante è farlo con reciproco sentimento.

Forse il miglior proposito per il 2024

Sia dunque questo 2024 un buon anno per tutti coloro che sono in attesa che sorga il sole, quello di un’alba nuova per l’umanità ultima

C’è chi, allo scoccar della mezzanotte, ha lavorato: in corsia, al ristorante, o tra i montanti di un palco che di lì a poco, passata la festa, sarà smontato in tutta fretta. Qualcuno avrà salutato il nuovo anno dalla finestra di un ufficio dell’ultimo piano, di un importante palazzo, di un’importante azienda.

Da lì ha visto tutta la città illuminarsi di decine di fuochi di artificio; la notte squarciata dai più vari colori e dal più immaginifico intercalare di botti. Poi, finito lo spettacolo, chi ha guardato per un attimo il mondo dall’alto, sarà tornato alla realtà; la sua. Ha ripreso lo straccio e il secchio con gli scomparti per l’acqua pulita e quella sporca e ha lasciato l’ufficio.

Un’ultima spruzzata di detergente sulla superficie della scrivania e ha continuato ancora per un po’, fino ad ultimare tutte le pulizie del piano. Era un lavoro da fare, ed è stato meglio farlo questa notte così, oggi, un po’ di tempo si riuscirà a passarlo in famiglia. Un lavoro da fare, ed è bene che sia io a farlo, che qualche soldo in più non guasta mai, perché i soldi, a quelli come Noi, per tirare avanti, non bastano mai.

Milioni di persone, nelle piazze di centinaia di città del mondo, hanno scrutato giganteschi cronometri mentre scandivano la fine del vecchio 2023; tutti pronti a salutare il nuovo anno in un’esplosione di petardi e gioia.

Altri, migliaia di altri, in non poche parti del mondo, hanno invece scrutato il cielo sperando che, almeno questa notte, il fragore dei bagliori e delle esplosioni dei bombardamenti, cessassero, lasciando libere le stelle di illuminare alcune ore di tregua, di pace, di cessate il fuoco. Accanto alle stelle c’è poi una luna che proverà, anche lei, a dare un po’ del suo chiarore astrale, utile, forse, solo ad illuminare le sagome di palazzi sventrati, le piaghe di vie cancellate, e gli enormi crateri che occupano il posto dove, un tempo, una vita fa, c’era una piazza.

Già rincuora un po’, l’assenza nell’aria dell’odore del fosforo bianco. E il silenzio che si prolunga, la gola che non brucia per la polvere respirata. E gli occhi che non bruciano per la polvere guardata. Già tutto questo può essere un buon auspicio per l’anno che è appena arrivato, anche se non è quello del proprio calendario.

Ci sono poi le immagini di sempre che rimbalzano sui media di ogni tipo. Festeggiamenti ed incidenti del primo giorno dell’anno che si ripetono all’infinito e allo stesso modo di sempre. Il servizio del tiggì dello scorso anno potrebbe benissimo essere riproposto oggi. La solita marcia di Radetzky, gli auguri istituzionali, e… dai! quest’anno smetto di fumare, faccio la dieta, speriamo di trovare lavoro, finisco la tesi, aggiusto lo scarico del bagno. Vabbè, intanto c’è questo piatto di lenticchie, ‘ché i soldi non bastano mai.

C’è un bel quadro, di un pittore contemporaneo russo - Ilya Pyankov – che può rappresentare la giusta sintesi dello stato d’animo di molti e molte in questo primo giorno del nuovo anno. Il titolo è: “At the window”. Il dipinto raffigura una ragazza, seduta sul bordo della cucina, mentre guarda fuori dalla finestra, leggermente aperta, fumando una sigaretta.

Florence Nightingale

La ragazza è in attesa. Aspetta che l’acqua per il tè, nel bollitore alla sua sinistra, sia sufficientemente calda. È a gambe nude, i piedi scalzi poggiano su uno sgabello e, addosso, ha solo un maglione; quello che ci si butta sopra appena svegliate per conservare il tepore del letto e resistere al freddo del mattino.

Lo sguardo è un po’ triste, i decadentisti del XIX secolo direbbero che mostra lo spleen del suo umore. Non sembra infelice, né rassegnata.

Guarda fuori, quasi abbandonandosi ai pensieri che provano a trasportarla via di lì, dalla realtà impressa sulla tela. I vetri della finestra riflettono la luce della stanza, segno che fuori è notte. Probabilmente la ragazza si sta preparando per uscire, per andare al lavoro.

O sta aspettando qualcun che “tanto non viene più” e quindi, tanto vale la pena farsi una buona tazza di tè per un animo che ha bisogno di un po’ di calore. Non mi intendo di arte, ma questo quadro può rappresentare bene, e realisticamente, l’intelligenza emotiva di molti nei riguardi del nuovo anno.

È finito il tempo delle passioni, ed anche quello delle tifoserie. I buoni propositi hanno lasciato il posto alle scelte di vita e se qualcosa ci riserverà l’orizzonte cronologico di questo 2024, ben venga, ma senza entusiasmarsi più di tanto. Nessun problema a guardare avanti, a guardare fuori della finestra. Tutto ciò che arriverà si affronterà, nel bene e nel male. Se poi non va bene, perché angustiarsi ora.

I botti e i mille colori si devono far esplodere dentro ogni giorno dei prossimi trecentosessantacinque giorni più uno, dato che, quello entrante, è un anno bisestile. Il tè fra poco sarà pronto ed ognuno di noi potrà riscaldarsi un po’ dandosi forza, leggendo la notte fuori della finestra, facendosi compagnia di ricordi e proiezioni che salgono lentamente.

Ecco, forse il miglior proposito per il 2024 è quello di augurarsi di fare tante cose con sé stessi, con il quale si deve stare bene in compagnia. E farle anche assieme a chi si ama o con chi, gli si vuole comunque un po’ di bene. Assieme, insomma, con chi ci circonda, per quello che è possibile: con i nostri cari e i colleghi, con gli amici di sempre, ed anche con quelli perduti. O con i compagni con cui qualche lotta si dovrà portare avanti.

Ci si incamminerà, con tutti loro, verso i giorni che verranno, cercando di stare lontani però da chi prova sempre a gelare il nostro cuore, le nostre vite, i nostri mondi. Persone, anzi personaggi, brutti figuri che non hanno certo bisogno dei nostri auguri.

Non ne hanno bisogno i signori delle leggi e della guerra, i signori del lavoro e della salute, quelli che decidono chi può e chi non può. I signori delle poltrone, quelli che raggelano i cuori. A tutti costoro dei nostri auguri importa poco. E allora, perché farglieli unicamente per rispondere ad un ipocrita ed inesistente amore universale?

Sia dunque questo 2024 un buon anno per tutti coloro che si riscaldano guardando la notte fuori da una finestra, in attesa che sorga il sole, quello di un’alba nuova per l’umanità ultima.

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