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Diagnosi del carcinoma mammario. Vantaggi e svantaggi della mammografia

di Domenica Servidio

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“Ogni anno muoiono di cancro al seno circa 40mila donne e 400 uomini” dice Lynn Erdman, Vicepresidente della sezione Sanità Comunitaria della Fondazione Komen.  “Finché quel numero non scenderà", prosegue la Erdman "per noi non ci saranno abbastanza nastri rosa in giro”. Questo il tragico rapporto riguardante gran parte dei paesi del mondo, tra cui l’Italia dove il tumore alla mammella è più frequente tra le donne.

Si ritiene che tra il 5-10% dei casi di carcinoma mammario abbiano una base ereditaria, alcuni di essi causati dalla mutazione di due geni chiamati BRCA1 e BRCA2. L’alterazione di questi geni sarebbe responsabile di circa la metà delle forme ereditarie di tumore alla mammella. Secondo il National Human Genome Institute statunitense, queste mutazioni riguardano tra lo 0,1 e lo 0,6% della popolazione.

 

Esistono dei test genetici per individuare le alterazioni di BRCA1 e BRCA2 e tali test. In Italia sono disponibili presso alcune istituzioni italiane gratuitamente o pagando il ticket e in alcuni laboratori privati. Negli Stati Uniti costano circa tremila dollari. Il costo elevato dipende in parte dal fatto che l’azienda statunitense Myriad Genetics detiene un brevetto sui geni mutati e ha quindi il monopolio dei test. La questione è all’esame della corte suprema statunitense.

 

Il ministero della salute raccomanda ai servizi sanitari l’attuazione di programmi di screening che ogni due anni con l'invito alle donne tra i 50 e i 69 anni a sottoporsi ad una mammografia. I controlli di diagnosi precoce effettuati nell’ambito di questi programmi sono esenti dal ticket. Dal 1 Gennaio 2000 le donne tra i 45 e i 49 anni possono sottoporsi alla mammografia senza pagare il ticket se non hanno eseguito nei due anni precedenti lo stesso esame a carico del servizio sanitario nazionale (Iss, Cro di Aviano, It tumori, Bbc).

 

Per il ricercatore Gilbert Welch “La mammografia presenta vantaggi e svantaggi, per questo è una decisione personale”. Welch insegna medicina al Dartmouth Institute for Health Policy and Clinical Practice e ha condotto uno studio sul trattamento eccessivo come conseguenza dello screening, pubblicato nel novembre 2012 sul New England Journal of Medicine e che ha fatto discutere l’America.

 

Secondo i suoi calcoli, la quota di donne che ha tratto effettivamente un beneficio dall’aver scoperto il cancro grazie alla mammografia varia dal 3 al 13%. Questo significa che il test ogni anno salva dalle 4mila alle 18mila donne. Un numero significativo ma numericamente inferiore se si considerano le 138mila donne a cui viene diagnosticato ogni anno il carcinoma mammario.

 

Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assistenza infermieristica in caso di cancro mammario nel ridurre la morbidità psicologica, cioè l'ansia e la depressione (Watson et al,1988; McArdle et al,1996) e l'assistenza oncologica specialistica è stata così collocata al centro dell'azione dell'equipe multidisciplinare per coordinare e negoziare l'assistenza del singolo all'interno di tale modello (Amir et al, 2004).

 

Il Dr. Welch spiega in un articolo del New York Times: “Nessun altro test clinico è stato tanto pubblicizzato come la mammografia. Gli sforzi sono andati oltre la persuasione e sono arrivati alla coercizione. E chi la proponeva ha usato le più fuorvianti statistiche di screening a disposizione: i tassi di sopravvivenza. Una recente campagna Komen esemplifica questo aspetto: in breve, dite a chiunque che ha il cancro, e i tassi di sopravvivenza aumenteranno a dismisura”.

 

Lo studio di Welch si conclude affermando che nonostante il sostanziale incremento delle diagnosi di cancro alla mammella in fase iniziale, lo screening mammografico ha solo marginalmente ridotto il numero di donne che si presentano con un cancro avanzato.

 

Anche se non è chiaro quali fossero le donne realmente affette, questo squilibrio suggerisce una sostanziale over-diagnosi in circa un terzo delle nuove diagnosi e che lo screening ha, nella migliore delle ipotesi, solo un minimo effetto sui tassi di morte da carcinoma alla mammella.

 

Stando ai numeri l’incidenza di falsi positivi è del 93%. Queste donne si sottopongono alla chemioterapia per scongiurare uno stadio terminale al quale non sarebbero mai comunque arrivate verosimilmente. Ma chi vorrebbe aver evitato quella mammografia? Come ha detto lo storico Robert Aronowitz “Quando incoraggiamo la paura del cancro e decantiamo l’efficacia dei nostri metodi di prevenzione e di trattamento, perfino le persone danneggiate dal sistema lo difendono, dicendo: e’ l’unico rituale che abbiamo, l’unica cosa che possiamo fare per evitare il cancro”.

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