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Editoriale

Elezioni 2022, tutte le perplessità di un infermiere

di Giordano Cotichelli

In questi giorni di campagna elettorale, come di consueto, viene detto tutto e il suo contrario. Le promesse e gli impegni superano, in ogni schieramento, i tetti di spesa di qualsiasi tipo. Tornano vecchi cavalli di battaglia, che hanno perso da tempo lo status dello slogan politico diventando dei veri e propri mantra religiosi da ripetere ossessivamente. Ai dibattiti si sovrappongono le zuffe (finte… magari si menassero fra loro), agli argomenti vengono contrapposti personalismi e pettegolezzi mentre i social traboccano competizione e nulla cosmico. Sui vecchi pannelli elettorali di molte città italiane non si trova affisso neanche un manifesto elettorale: la partecipazione democratica alla politica è ormai un privilegio per chi può permettersi, a suon di milioni di euro spesi (sciupati), di poter occupare spazi pubblicitari, reali o virtuali, messi a disposizioni a prezzi degni di una campagna di moda, invece che elettorale.

Quale credibilità hanno le proposte per la sanità nei programmi elettorali?

La salute dipende dalle politiche della casa, da redditi da lavoro che permettono di vivere dignitosamente, da livelli pensionistici che siano sopra la soglia della povertà, dalla lotta a tutela dell’ambiente

Nonostante tutto – e tutti – qualche argomento degno di discussione ogni tanto viene sollevato e, fra i tanti, anche le proposte in tema di salute della popolazione italiana.

In proposito alcuni quotidiani hanno pubblicato analisi e commenti dei programmi dei vari partiti soffermandosi in qualche caso sui temi della sanità, rimandando ai contenuti degli schieramenti presenti sui social media.

Il materiale trovato e analizzato può essere catalogato in tre diverse maniere: 1) propaganda elettorale; 2) ideologia di partito; 3) visione di sistema.

Nel primo caso si rileva che tutti gli schieramenti, in diversa misura, sono d’accordo per un aumento del personale sanitario, uno sviluppo della medicina territoriale ed una riduzione/eliminazione delle liste di attesa.

Diverse le perplessità. Facile parlare oggi di aumento di personale, mentre sarà difficile riscuoterne la relativa cambiale dopo il 25 settembre dato che, dopo i tagli scriteriati del passato e la contrazione fino all’altro ieri dell’offerta formativa, dire che c’è bisogno di più medici ed infermieri ed assicurare futuri et immarcescibili et irremovibili impegni in merito, ha lo stesso peso delle dichiarazioni in favore della pace nel mondo.

In realtà non si capisce perché chi ha tagliato il personale fino a poco tempo fa, nelle sue politiche sostenute in ogni passato governo, nazionale e regionale, debba adesso ricercarlo. O meglio con quale credibilità una classe politica tutta promette aumenti d’organico quando, per l’ennesima volta, anche quest’estate il piano ferie in molte strutture sanitarie italiane è stato realizzato con notevoli sacrifici da chi era in servizio e senza alcun minimo accenno di assunzione straordinaria da chi poteva predisporre integrazioni d’organico con largo anticipo.

Non si è potuto fare perché mancano fisicamente medici ed infermieri? Ma i lauti stipendi di direttori e dirigenti vari dovrebbero stimolare ricerca e programmazione e non piagnistei al vertice e salti riposo alla base. E poi, polemiche a parte, al dunque, dopo il 25 settembre da dove spunteranno tutti questi operatori da assumere? Dai neo-laureati dell’autunno? Hai voglia a tirare la cinghia prima di raggiungere la massa numerica necessaria di nuove assunzioni per poter rimpiazzare i vuoti presenti, aumentare l’offerta per lavorare meglio e per mandare in pensione i sanitari che stanno lavorando da oltre 40 anni.

Sulle liste di attesa ci si potrebbe costruire una sola specifica campagna elettorale fatta di tagli trentennali dei servizi pubblici e aiuti d’oro ai privati. Una politica perseguita sempre da coloro che oggi dicono, chiedono, assicurano, promettono… Azioni che vengono poi riprese in merito alla sanità territoriale, ritenuta importantissima per tutti. Evviva. Quindi?

C’è bisogno di qualcosa che ci rassicuri sul fatto che l’infermiere di famiglia non soffrirà le stesse sorti degli infermieri dei servizi domiciliari nell’ultimo trentennio. Qualcosa che garantisca che gli ospedali di comunità permetteranno un accesso equo e uniforme ai servizi sul territorio senza che vi siano alchimie di sorta che spezzettino, anche in questo caso, l’offerta regalando ancora sanità pubblica ai signori del profitto privato

Basterebbe questa piccola disamina per guardare con sospetto gli imbonitori del mercato elettorale, ma - come si dice - al peggio non c’è mai fine. Ed ecco che in diversi programmi vengono immessi a piene mani veri e propri contenuti ideologici – non belli – di partito, o peggio di loggia o peggio di mercato. O … di tutti e tre assieme.

C’è ad esempio chi vuole togliere le interferenze politiche nella nomina dei dirigenti sanitari. Insomma, via i politici contro la politica che interferisce a favore di un primato non della politica ma della meritocrazia del tecnico di turno. Bah! Di governi tecnici questo paese ne ha abbastanza e il potere dei baroni della sanità non è mai stato messo in discussione.

La politica, quella vera - espressione di bisogni e sogni - in realtà dovrebbe regolamentare e non togliersi d’impaccio per lasciare campo libero al tecnocrate di turno. C’è poi chi, maestro di revisionismi storici, pur di accaparrarsi qualche voto pulsionale e frustrato, mette indietro le lancette della storia e della scienza medica allo stesso tempo, riportando in auge il concetto di devianza strettamente correlato al concetto di malattia. Sono i nostalgici del mondo prima di Basaglia. Nostalgici, molto pericolosi. E c’è pure chi, in un sussulto di fede progressista, da buon venditore di aria fritta ricorda che la salute è importante per le politiche di coesione. Bene! E quindi?

E quindi arriviamo al punto tre: la visione di sistema. Questa è assente in tutti gli schieramenti. Intendiamoci. Per visione di sistema significa rifarsi ad un’ottica che era quella della riforma sanitaria del 1978.

Visione di sistema significa che se si vuole tutelare la salute dei cittadini, invece di riempirsi la bocca con le frasi ad effetto – come si fa a non votare chi promette di tagliare ticket e liste di attesa? – dovrebbe parlare dei determinanti della salute e della malattia, di quei fattori sociali ed economici che garantiscono il benessere della collettività, ed ancor più dei più fragili

Per intenderci. La salute dipende dalle politiche della casa, da redditi da lavoro che permettono di vivere dignitosamente, da livelli pensionistici che siano sopra la soglia della povertà, dalla lotta a tutela dell’ambiente – e non dalle politiche a tutela delle lobby – da una politica di incentivo dell’istruzione e della cultura, in modo da avere cittadini che si lavano autonomamente le mani senza bisogno di una pandemia che glielo ricordi e che siano coscienti della differenza che c’è fra un vaccino che salva la vita e i 5G che fanno raccattare qualche voto.

Una visione di sistema, insomma, a sostegno della salute pubblica che non ha bisogno di numeri urlati o promesse mielose, concessioni scontate e regali riciclati dall’ultimo Natale, perché la salute si difende nella società tutta e non solo in corsia o in ambulatorio: sui luoghi di lavoro, nelle periferie, in mezzo al mare e fra le macerie di intere città che aspettano ricostruzioni di cui, i signori del palazzo, si ricordano solo quando devono elemosinare qualche voto.

Insomma, anche queste elezioni registrano il solito mercato e teatro della politica con buona parte di candidati che, in ogni schieramento, ha assistito impassibile, quando non si è fatta complice, alla destrutturazione della sanità, del welfare, di una società italiana garantista in lotta contro le povertà e non in lotta contro i poveri. A proposito di poveri. Va registrato, come consuetudine, il richiamo dei vari ordini professionali ai contendenti in gara di fare del loro meglio, di ricordarsi di questa e quella necessità corporativa, delle urgenze di sempre. In questo anche la Fnopi ha fatto la sua parte.

Questa volta, ha perso un’occasione. Fra le tante richieste, giuste e puntuali, circostanziate e dimostrate, avanzate, non ha sollevato appieno la questione della formazione. O meglio del sostegno alla formazione. O meglio ancora del sostegno alle decine di migliaia di studenti e studentesse di Infermieristica, futuri colleghi e futuri iscritti, che meritano di più della condizione cronica di povertà in cui sono lasciati.

Molti studenti si dividono fra il lavoro di tirocinio e un lavoro che permetta loro di pagare le tasse universitarie. Molti studenti arrivano con l’acqua alla gola sia con le spese universitarie e quelle domestiche, sia con i tempi di vita e di lavoro. Molti studenti garantiscono, sin dalle prime settimane di tirocinio, quella presenza di personale nei servizi che evita il collasso degli stessi.

Molti studenti, nonostante siano soli, angosciati e inesperti, trovano sempre una buona parola per le migliaia di pazienti cha accudiscono; un sorriso, una stretta di mano, un saluto.

Molti studenti infermieri se la passano male ed anche molti delle altre professioni sanitarie e pure quasi tutti gli studenti del classista sistema di istruzione italiano. E questi nostri colleghi futuri non meritano un aiuto concreto, forse? Una borsa di studio come era un tempo. Un’esenzione dalle tasse universitarie? Facilitazioni per trasporti, alloggi, libri di testo, mensa, etc.?

E ciò che vale per gli studenti di Infermieristica vale per tutti i giovani di questo Paese, che rappresentano in larga parte i nuovi poveri, che sono il prodotto del fallimento dell’ideologia del profitto di questa economia e della vigliaccheria della concertazione melliflua portata avanti da noi, loro padri vigliacchi, buoni solo a farci rubare diritti e a dare voti frustrati.

Padri appartenenti alla baby-boom generation, la peggiore, quella che voterà per i peggiori e che non dirà nulla agli studenti di Infermieristica se non: Grazie, eh! Grazie tante. Intanto un grande imbonitore di sempre, è sbarcato su Tik Tok e ha ricordato ai giovani l’utilità che hanno le barzellette. Ogni commento è superfluo, anzi vano, sostanzialmente… elettorale.

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