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editoriale

Medioevo americano

di Giordano Cotichelli

L’argomento è il diritto alla maternità libera, partecipata e tutelata. In sintesi riguarda il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza e consegue la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di vietare di fatto l’aborto. Nella sostanza sei persone, cinque maschi e una donna, hanno deciso della vita di milioni di donne e di famiglie. Vana l’opposizione dei restanti tre membri della Corte, due donne e un uomo, contro una decisione integralista, violenta, arrogante, ma soprattutto cattiva. Già 26 stati si preparano a legiferare in senso punitivo verso chi vorrà decidere liberamente della propria genitorialità, del proprio corpo, del proprio futuro. Già sette stati hanno messo fuorilegge l’aborto. Per i medici abortisti sarà previsto l’ergastolo.

Sembra di trovarsi in un brutto film dell’orrore

In realtà è il sistema liberista made in USA dove i supereroi dei film aiutano solo chi vuole assaltare Capitol Hill e non fanno niente per impedire che un nero possa essere ammazzato in mezzo alla strada senza motivo e legittimano, nei fatti, la libertà di ammazzare studenti e scolari nei luoghi dove dovrebbero imparare a vivere e non a morire.

Facile retorica? Senza dubbio, del resto cosa rimane per difendersi dall’arbitrio fatto stato?

C’è chi ama riempirsi la bocca con l’ideologia della difesa della vita, che però non si scompone quando questa stessa vita viene stroncata da una cattiva/inesistente assistenza sanitaria, o da guerre alimentate dal commercio di armi, o da quelle stesse armi che possono essere acquistate al supermercato come un pacco di biscotti. Mai un pro-life è andato ad offrire un bicchiere d’acqua ai migranti che attraversano il confine in mezzo al deserto. Non lo hanno fatto neanche quelli di casa nostra, che rimangono a debita distanza dalle coste dove affogano tante creature di Dio in cerca di una vita da vivere.

La decisione della Corte Suprema è ancora più brutta, perché cela la vera essenza del pensiero dominante: le libertà esistono solo per chi se le può permettere, per gli altri resta l’integralismo e la schiavitù, la disperazione e la rassegnazione. Una donna ricca che vuole abortire, ma che vive in uno stato dove non è permesso, non avrà problemi a prendere un aereo, volare lontano migliaia di chilometri, affittare una bella stanza d’albergo, pagare una onerosa visita ginecologica e, alla fine, fare la sua scelta. Per tutte le altre resta la galera a vita di una maternità imposta. O peggio.

Bisogna ricordare il fatto che non basta proibire l’aborto e perseguire le donne – e i sanitari – che lo praticano, per far scomparire così, quasi per magia fideistica – il fenomeno. Tutt’altro. Vietare l’aborto significa legittimare l’aborto clandestino e far aumentare i casi di morte o grave menomazione conseguenti ad esso

In tutto questo si ripete una metodologia di governo delle vite che risponde unicamente alla gerarchia di pochi che si arrogano il diritto di decidere per tanti. E i tanti altri che si sono eretti a difensori della libertà individuale contro la dittatura delle mascherine e dei vaccini, chissà se scenderanno a difesa del diritto delle donne di decidere liberamente della propria vita senza essere considerate solamente quali un vuoto contenitore per la riproduzione.

In risposta alle decisioni liberticide, prese dai “saggi” giudici nominati dai “saggi Bush padre e figlio e dal baldanzoso Trump (quello del golpe mancato di Capitol Hill), una famosa giornalista americana, Anahit Misak Kasparian, ha scritto: […] Non mi interessa se sei cristiano. E infatti, lotterò per te affinché tu abbia la tua libertà religiosa e possa praticare la tua cristianità. Io credo in questo. Io non credo nel cristianesimo e questo significa che tu non hai il diritto di darmi ordini su come vivo la mia vita in base alla tua religione. Non mi interessa cosa dice la Bibbia. Hai ogni diritto del mondo. Ogni donna che si identifica nella tua religione ha tutti i diritti del mondo a non ricorrere all’aborto e alla contraccezione. Ma non hanno il diritto di dare ordini sulla mia vita e sul mio corpo. Non mi interessa la tua dannata religione […].

A questo punto resta da chiedersi come abbiano reagito i politici italiani al fattaccio statunitense. Un giro nei vari notiziari in rete mostra che in larga parte si ribadisce l’intoccabilità della legge 194 (e ci mancherebbe). Anche se sembra di annusare il cattivo odore delle dichiarazioni di maniera, quasi più espressioni di un’ipocrisia mediatica di fondo che di altro. Infatti, la questione di fondo è come mai la classe politica, e anche i decisori sanitari – non abbiano ancora formulato una proposta valida per tutelare quelle donne che vivono in città, province o regioni dove i tassi di obiezione alla IVG sono così alti da rendere di facile accesso e fruizione l’utilizzo del diritto alla maternità partecipata garantito per legge.

Insomma, al di là di facili commenti la domanda cui rispondere è la seguente: fatto salvo il diritto di seguire la propria coscienza (che però sembra esistere solo in certi casi), come si può tutelare la donna quando il numero degli obiettori sanitari è tale da mettere in discussione l’erogazione del servizio? Rispondere in maniera equa e appropriata a questa domanda può essere un primo passo in direzione contraria al sorgere all’orizzonte del medioevo americano. Rispondere a questa domanda è sicuramente un immediato atto di solidarietà verso le donne degli Stati Uniti defraudate dei loro diritti da una classe dominante misogina, integralista e classista.

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