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Risk Management in Sanità: lo stato dell'arte

di Redazione

Il Collegio IPASVI (oggi Ordine delle Professioni Infermieristiche) di Firenze promuove un corso di formazione, rivolto agli iscritti, per riflettere sul rischio clinico e sulla qualità dell'assistenza. In particolare ci si soffermerà sulla figura del risk manager che, in un evento avverso deve assicurare che vengano implementate azioni di miglioramento alli'interno dell'organizzazione sanitaria affinché quell'evento non si ripeta più.

Rischio clinico e qualità dell'assistenza: la figura del risk manager

La gestione del rischio clinico può essere letta come la faccia pragmatica della qualità dell'assistenza. Così Francesco Venneri, clinical risk manager della Usl Toscana Centro, spiega perchè, nel 2000, sia stata "importata" in Italia, dagli Stati Uniti, la figura del risk manager.

Nelle organizzazioni sanitarie è un professionista che ha il compito di analizzare, attraverso metodi e strumenti ad hoc, ciò che andato male nella presa in carico di un paziente, negli aspetti clinici ed assistenziali nonché formativi ed organizzativi. Dunque esamina errori ed eventi avversi, ma non solo.

Strumenti come l'audit clinico e le morbidity and mortality review, le rassegne di casi clinici – precisa Venneri – permettono di analizzare i punti di forza e di debolezza di un percorso clinico assistenziale. La figura del risk manager (di qualsiasi ambito sanitario esso sia) è colui che promuove questi metodi e questi strumenti.

Risk Management in sanità: sempre più una cosa seria

Nel 2005 la Toscana è stata l'unica regione a strutturare un proprio modello definito e primo vero centro regionale di riferimento (di cui fanno parte medici ed infermieri, ma anche ergonomi, esperti di comunicazione, psicologi e sociologi dell'organizzazione). Figure che hanno a che fare con il mondo sanitario in termini organizzativi e gestionali e che sono punti di riferimento e di supporto per il professionista che deve leggere in maniera acritica l'evento avverso.

Il clinical risk manager – spiega ancora Venneri – è un professionista che lavora in ambito sanitario con una formazione di base, strutturata, riconosciuta e validata sul campo in discipline come l'ergonomia, l'ingegneristica organizzativa, l'analisi di processo. È il tramite tra gli organi direzionali e la prima linea e promuove la cultura dell'analisi dei rischi nell'organizzazione sanitaria, non per cercare un colpevole ma per imparare dalle criticità.

In un evento avverso, dunque, il risk manager deve assicurare che vengano implementate azioni di miglioramento all'interno dell'organizzazione sanitaria affinché quell'evento non si ripeta più, soprattutto con le stesse modalità. E deve far avvicinare il cittadino alla logica delle cure perché il paziente diventi un alleato.

Figure fondamentali della rete del rischio clinico sono poi i facilitatori: professionisti sanitari (medici ed infermieri) o amministrativi, che attraverso una formazione avanzata e l'iscrizione all'elenco dei facilitatori formati, si occupano della gestione del rischio nella propria realtà operativa. Sono, di fatto, la proiezione del risk manager nella struttura.

Perché il risk manager possa applicare una politica di governo clinico migliorativo deve, infatti, essere a conoscenza degli eventi, attraverso un sistema strutturato dentro l'organizzazione sanitaria. Come l'incident reporting, un sistema di segnalazione spontanea e volontaria da parte degli operatori sanitari.

Bisogna cambiare la cultura in sanità, ma per farlo bisogna iniziare "da piccini", cioè fin dai corsi di laurea – precisa Venneri – insegnando gli elementi base della cultura del rischio agli studenti. O attivando percorsi strutturati, come quello organizzato dal Collegio IPASVI di Firenze, che ad ottobre proporrà un corso sugli strumenti di governo clinico agli iscritti.

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