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Essere demansionati

di Carlo Leardi

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TARANTO.  “La vostra è una missione”; “Fate un lavoro importante”; “La vostra laurea è richiestissima”. Molte, forse troppe volte, ogni infermiere si sarà sentito ripetere queste frasi. E’ vero, facciamo un lavoro importante, a volte considerato (impropriamente) come una vera e propria missione mentre la nostra laurea è (o meglio era fino a qualche anno fa) una vera e propria chiave in grado di aprire agevolmente le porte del mondo del lavoro.

 

 

Vi è però un concetto che spesso incontra svariate difficoltà nell’ affermarsi: l’infermiere è un professionista come lo sono, per esempio, gli avvocati, gli ingegneri o i medici.

 

La professione infermieristica è una professione intellettuale, così come stabilisce l’articolo 2229 del Codice Civile, il quale  afferma che: “La legge determina le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi”.

 

A differenza di altri professionisti l’infermiere è sovente vittima di un nemico chiamato “demansionamento”, il cui significato indica l’assegnazione a mansioni non relazionate all’inquadramento contrattuale. Occorre inoltre tener presente che tale pratica è vietata dalla legge.

 

Nonostante la legge lo vieti, troppe volte l’infermiere si ritrova a svolgere compiti che non gli competono, e questo avviene per svariati motivi. Il più delle volte è dovuto alla carenza di organico delle figure di supporto come ad esempio gli Oss. In alcuni ambiti lavorativi, il professionista infermiere passa la maggior parte della sua giornata lavorativa impegnato tra giro letti, somministrazione del vitto, cambio dei pannoloni ed altri compiti proprie di figure con una diversa qualifica.

 

Molte volte si fa leva sulla sensibilità degli infermieri. Chi di noi si tirerebbe indietro dal dover effettuare le cure igieniche ad un malato bisognoso di cure igieniche? E così, quella che dovrebbe essere un’eccezione, spesso finisce per diventare una consuetudine.

 

A supporto vi è l’articolo 49 del Codice Deontologico che afferma: “L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale”.

 

I tagli che ultimamente stanno colpendo la sanità Italiana, hanno contribuito a far si che situazioni come quelle sopra citate siano aumentate con un duplice effetto: infermieri sempre più vessati ed insoddisfatti del proprio lavoro unito al rischio di una minore qualità dell’assistenza con gravi ripercussioni sulla salute dei pazienti. Lucidità, soddisfazione e motivazione sono difficili da mantenere se si passano tante ore lavorative a svolgere compiti che non ci spettano. Questo vale per ogni figura professionale.

 

Occorre quindi che tutta la categoria cominci realmente a prendere coscienza di quelli che sono i cambiamenti che negli ultimi anni sono avvenuti all’ interno della nostra professione. Non avrebbero altrimenti senso le lauree, i master, le specializzazioni. Così come non avrebbe senso l’aver istituito un Codice Deontologico, che deve essere ritenuto "sacro", senza seguirne le direttive.

 

La vita lavorativa di un infermiere è piena di difficoltà, bisogna evitare che altre se ne aggiungano. Tutto questo sarà possibile quando ogni professionista prenderà coscienza di quelli che sono i propri diritti ed i propri doveri, affinchè possano cessare quelle situazioni di “anormalità” in cui spesso molti di noi si ritrovano ad operare.

 

Demansionare equivale a trasgredire la legge, quindi opporsi a tale atteggiamento significa solo esigere che venga ristabilita una situazione di legalità. Non bisogna aver timore di affrontare un problema di tale portata, magari facendosi assistere da professionisti competenti in materia.

 

Solo così probabilmente il termine “demansionamento” smetterà di turbare la serenità lavorativa della nostra categoria e la nostra professione intellettuale avrà finalmente il riconoscimento di cui già gode in molte altre nazioni.

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