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Tesi di laurea

Il paziente oncologico a prognosi infausta: comunicazione della diagnosi e reazioni emotive

di Angelo

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MILANO. La morte è da sempre un tabù soprattutto per le popolazioni europee. Il ruolo dell'infermiere odierno è sempre più olistico e il paziente va sostenuto da quando nasce a quando abbandona la vita terrena. Un professionista sanitario si deve cimentare quotidianamente con pazienti che sono prossimi alla dipartita. Ma come comunicare una prognosi infausta? Prova a spiegarcelo l'infermiera Michela Saracino che ha realizzato una coraggiosa tesi su "Il paziente oncologico a prognosi infausta: comunicazione della diagnosi e reazioni emotive" (elaborato in Psicologia Clinica), relata dalla docente Paola Surcinelli dell'Università "Alma Mater Studiorum" di Bologna. Saracino, che si è laureata nell'Anno Accademico 2010/2011 a Rimini con voto finale di 107 su 110, lavora attualmente (ironia della sorte) presso l'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. 

Vediamo come lei stessa ci spiega il suo lavoro di studio e di ricerca.

di Michela Saracino

Secondo la definizione proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1947, il concetto di Salute non è da intendersi come “assenza di malattia”, ma come “uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale”. La nuova concezione multidimensionale della salute suggerì un nuovo modello alla medicina, denominato “bio-psico-sociale”, sviluppato da Engel negli anni Ottanta. Tale modello si contrappone al modello bio-medico, secondo il quale la malattia è riconducibile a variabili biologiche che il medico deve identificare e correggere con interventi terapeutici mirati. Secondo il modello bio-psico-sociale, per comprendere e risolvere la malattia, occorre occuparsi non solo delle dimensioni biologiche ma anche degli aspetti psicologici sociali e familiari dell’individuo. Nasce dunque un approccio olistico (dal greco olos, totalità) alla persona. Tale approccio è indubbiamente quello più appropriato per il paziente oncologico. La malattia oncologica infatti riguarda tutti gli aspetti della vita: il rapporto con il proprio corpo, il significato dato alla sofferenza, alla malattia, alla morte, così come le relazioni famigliari e sociali. L’obiettivo di questo elaborato di tesi è quello di sottolineare l’importanza degli aspetti psicologici della malattia oncologica a prognosi infausta, spesso sottovalutati o non considerati in maniera appropriata a causa di un eccessivo tecnicismo dell’assistenza. Un approccio al paziente che tenga conto anche della dimensione psicologica, deve essere previsto sin dalla comunicazione della diagnosi. Essa rappresenta un momento difficile sia per chi la comunica che per chi la riceve, a causa dell’alto carico emotivo delle sue conseguenze. La comunicazione delle cattive notizie richiede abilità pratica e una preparazione specifica. Nell’elaborato di tesi viene illustrato un percorso in sei stadi per la comunicazione delle cattive notizie. Verranno inoltre analizzate le possibili reazioni emotive alla diagnosi e alla malattia, da parte del paziente, della sua famiglia e degli operatori sanitari .

Nella prospettiva di un approccio olistico dell’assistenza, il tema della comunicazione con il paziente oncologico riveste un’importanza notevole, ma rimane tuttora un problema aperto. Il dare cattive notizie non è un aspetto accessorio delle abilità del professionista, ma è una componente irrinunciabile delle sue capacità, rientrando nella natura relazionale della professione infermieristica. In questa interpretazione, la comunicazione delle cattive notizie diventa una responsabilità condivisa da tutti i membri dell’équipe curante e richiede esperienza, abilità pratiche e una preparazione specifica. Dal punto di vista emotivo, il cancro rappresenta sempre una prova esistenziale sconvolgente per il paziente, per la sua famiglia e per i professionisti stessi. A causa dell’enorme impegno emotivo richiesto e della carente formazione, i professionisti della salute si rifugiano sempre più nel tecnicismo per fuggire dalla relazione. Occorre rivolgere la giusta attenzione alle reazioni emotive di fronte alla malattia oncologica, al fine di instaurare una relazione terapeutica efficace e di migliorare la Qualità della Vita del paziente. Ogni operatore dovrebbe avere la possibilità di avviare un percorso di crescita personale e professionale attraverso una formazione adeguata, al fine di elaborare i contenuti emotivi legati alla sua attività assistenziale. In quest’ottica fare formazione non significa solo rinnovare e aggiornare nozioni e conoscenze, ma anche e soprattutto promuovere la ricerca di una modalità personale di presa in carico del malato nella sua globalità.

Per ulteriori informazioni: michela.s86@hotmail.it

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