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dalla redazione

Infermiere figura centrale nelle case della salute

di Emanuele Lisanti

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ROMA. L'idea di centralizzare uno dei tre livelli essenziali per il cittadino del SSN venne all'On. Livia Turco negli anni 2000. Colei che è stata la successiva Ministro della Salute ebbe l'idea lungimirante di aggregare i professionisti presenti nel distretto, creare una struttura appropriata alla continuità assistenziale ospedale-territorio, avvicinare i servizi sanitari ai cittadini e, dunque, scommettere sul perno su cui ruoteranno i tentativi di riforma delle cure primarie in tutte le regioni, a partire da quel momento.

 

 

Non è stata la prima sperimentazione. Ricordiamo la Regione Toscana con le Società della salute, quella emiliana con i Piani di zona, quella friulana con i suoi distretti e i percorsi del paziente al loro interno, quella veneta che aveva privilegiato, tra l’altro, la valutazione multidimensionale del paziente con fragilità, il nuovo modello organizzativo delle cure domiciliari del Piemonte, le esperienze di associazionismo medico in Basilicata.


La Casa della Salute basa la propria attività su tre principi ben precisi:

  • la centralità del cittadino che si traduce su percorsi di assistenza appropriati, ben definiti e su cui esercitare il miglioramento continuo;
  • la centralità dei servizi territoriali che consiste nell'aggregazione di servizi territoriali, di collegamento tra strutture sanitarie e tra strutture sanitarie e sociali e, dunque, il punto di riferimento per la popolazione afferente;
  • accessibilità fisica ovvero l'assenza di barriere architettoniche e accessibilità ai serviziche garantisca il principio dell'equità per tutti i cittadini (5-10.000) con procedure burocratiche snelle di facile utilizzo.

 

I servizi presenti all'interno di queste strutture sono diversi e tra i più importanti ricordiamo: il CUP, la postazione 118 e trasporto infermi, ambulatorio di primo soccorso per piccoli interventi che non richiedono il ricovero ospedaliero, ambulatorio infermieristico, degenze territoriali che non richiedono cure ospedaliere o domiciliari, RSA, ADI.

 

L'invecchiamento della popolazione, il progresso della tecnologia che rende gli ospedali sempre più centri specializzati e dunque costosi per trattare le patologie, il continuo taglio dei posti letto e dunque non più sufficienti per le crescenti esigenze di una popolazione sempre più informata ed esigente sono tutte condizioni che spingono verso un modello di sanità intermedio rispetto al domicilio.

 

Il personale infermieristico è la figura centrale in un'organizzazione di questo tipo e questo comporta un investimento concreto nella nostra figura. Un investimento importante dove il professionista è in grado di affrontare con una dovuta formazione, con un dovuto e chiaro riconoscimento all'interno dell'organizzazione territoriale.

 

In tempi di grave carenza di personale infermieristico, di spending review, di blocco del turn over, di pensionamenti posticipati, un progetto del genere farà fatica a partire perché servono leve motivate, propense al cambiamento, orientate ad una casistica cambiata, non più di esclusività ospedaliera, ma territoriale.

 

A modesto parere di chi scrive non è possibile attendere soluzioni risolutive a breve termine per ovvie ragioni di gestione delle finanze pubbliche, ma bisogna iniziare a costruire qualcosa ricorrendo a soluzioni di sperimentazione con progetti pilota che forniscano una mappa della soluzione possibile: il cogli il giorno di oraziana memoria è d'obbligo nell'interesse del cittadino.

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