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Infermiere. Professione Intellettuale, di nome o anche di fatto

di Laura Severini

CINAHL

Siamo davvero in grado di sostenere l'aggettivo intellettuali?

CINAHLROMA. Perché l'infermiere italiano è così restio al progresso?

Le domande, come direbbe qualcuno, nascono spontanee, e perdonate la sincerità di chi scrive ma i dubbi che sollevano sono leciti.

Com'è noto, l'evoluzione della figura dell'infermiere nel nostro Paese ha conosciuto negli ultimi 20 anni una forte accelerazione grazie alle battaglie di chi lavora e di chi ci rappresenta, anche se molte sono ancora le battaglie da vincere;

Ma cari colleghi, siamo davvero in grado di sostenere l'aggettivo intellettuali?

Ricordiamoci che il grado di sviluppo scientifico di una professione si misura dalle conoscenze prodotte e dall'evidenza che giustifica la messa in atto dell'agire professionale.
E allora, come spieghiamo che di oltre 400.000 infermieri italiani in un anno solo 13.485 (1.348 accessi al mese) hanno consultato una delle principali banche dati infermieristiche?

Quanto ci è costato garantire l'accesso alla banca dati ai "pochi" colleghi?

180.000 euro!

CINAHL (Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature) è una banca dati primaria, la più importante banca dati per il nursing, contiene oltre 2.000.000 di record a partire dal 1981.
Possibile che abbia destato cosi poco interesse?

Il ruolo dell'infermiere nell'ambito della ricerca è diventato fondamentale ed è sancito anche a livello legislativo: la Legge 42/1999 che individua l'ambito di competenza a cui va ricondotto l'esercizio professionale. Il D.M. del 14/9/94 n°739 che declina il Profilo Professionale: "..l'infermiere concorre direttamente all'aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca.." e ancora il Codice Deontologico (2009) ribadisce in più punti l'importanza della ricerca.

Ogni disciplina, quindi anche quella infermieristica, ha la ricerca come presupposto fondamentale del suo sviluppo e del suo riconoscimento. Essa rappresenta l'anello di congiunzione fra la teoria e la pratica ed è lo strumento che consente di definire e avvalorare nuove conoscenze: non esiste scienza senza ricerca.

E allora, dopo questa ricca premessa, come possiamo spiegare questa mancanza di noi infermieri Italiani rispetto ai colleghi dei paesi occidentali pur avendo un percorso di studi simile?

Un'ipotesi di partenza è che l'infermiere Italiano sia demotivato e poco sostenuto dal sistema a condurre uno studio di ricerca valido pur riconoscendone l'importanza.
Una seconda è che l'infermiere sia poco propenso al cambiamento delle proprie "abitudini" e quindi poco interessato all'aggiornamento delle proprie competenze.

Qualsiasi sia la risposta, appare fondamentale a giudizio di chi scrive, riflettere sulle motivazioni che possono essere alla base di tale fenomeno intervenendo, anche a livello aziendale, al fine di creare una "Cultura della Ricerca", che spinga gli infermieri a sfruttare al meglio, e a favore di una pratica clinica aggiornata e di qualità, gli strumenti che la metodologia della ricerca ci offre.

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