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Muttillo: la contenzione non è terapeutica

di Domenica Servidio

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MILANO. “Definire con precisione la correlazione tra riduzione del personale sanitario e aumento della contenzione non è affatto semplice. Anche le raccomandazioni internazionali della letteratura scientifica non consigliano l’implementazione della contenzione, in quanto non ha alcun tipo di riconoscimento inteso come effetto terapeutico”. Così Giovanni Muttillo, presidente IPASVI di Milano-Lodi-Brianza, risponde ai nostri microfoni.

Contenere un paziente significa limitarne la propria libertà, con il rischio che ciò possa avere delle importanti ripercussioni psicologiche sia sull’assistito che sui familiari. Secondo quanto espresso  dall’art. 30 del Codice Deontologico dell’infermiere, “la contenzione deve essere limitata solo a eventi straordinari e deve essere sostenuta da prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali”.

 

L’abuso dei mezzi di contenzione è punibile in base all’articolo 571 del Codice Penale: "Il sanitario, infermiere o medico, che attua la contenzione non deve cadere nell’abuso di mezzi di correzione o di disciplina, in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, cura o vigilanza, ovvero per l’esercizio di una professione, è punibile se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente”, con la reclusione fino a 6 mesi.

 

Il Codice penale ammette in casi eccezionali, il ricorso allo stato di necessità” di cui all’art. 54 c.p. che dice: Allora quale è il “determinato trattamento” imposto per Legge? È un trattamento terapeutico? Oppure un trattamento di coercizione fisica atto a fornire un trattamento terapeutico?  “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri da grave pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato…”.

 

Inoltre la mancata segnalazione, da parte degli operatori sanitari all’autorità competente di maltrattamenti o privazioni a carico dell’assistito, è altrettanto punibile secondo quanto espresso dall’articolo 33 codice deontologico dell’Infermiere.

 

Esistono diverse forme di contenzione: fisica, chimica, ambientale, psicologica. Letteralmente "contenzione" ha un significato ben preciso; indica disputa, contesa, contrasto. Termine utilizzato infatti in modo improprio dagli operatori sanitari. Nella pratica “si parla genericamente di contenzione indicando solo il mezzo e non il fine e questo contribuisce a non delineare un confine netto tra uso e abuso, per cui alla fine il termine diventa solo sinonimo di abuso”

 

Le evidenze scientifiche confermano quanto espresso dal Presidente IPASVI di Milano. I risultati confermano che la contenzione fisica rimane una comune pratica nelle unità psicogeriatriche. Non ci sono evidenze che supportano la validità delle contenzioni riguardo al controllo e il decadimento cognitivo nei pazienti con malattia mentale. Inoltre le contenzioni fisiche oltre a manifestarsi con effetti avversi mancano del rispetto dei diritti umani.  

 

Il ricorso alla contenzione aumenta il rischio di caduta: Limitare la libertà di movimento comporta un indebolimento muscolare e riduce la funzione fisica, entrambi fattori di rischio. L’utilizzo della terapia farmacologia può portare infatti all’aumento del rischio cadute identificato in letteratura come fattore estrinseco del rischio caduta.

 

Un drammatico episodio che vide protagonista la contenzione fu il caso Mastrogiovanni, che si concluse con l’assoluzione degli infermieri.

 

L’IPASVI provinciale e nazionale non è intervenuta; ma su tale problematica lo stesso presidente Muttillo ha affermato che il Collegio Professionale degli infermieri sulla contenzione dovrebbe maggiormente sensibilizzare la formazione etica, deontologica e giuridica di tutta la comunità professionale, affinché il fenomeno della contenzione possa essere monitorato in vista delle criticità che può determinare.

 

È necessario parlare di contenzione non solo in termini di “prescrizione”, perché ciò deresponsabilizza il professionista, per cui è importante che l’uso dei mezzi contenitivi sia frutto anche di una valutazione infermieristica, che coinvolga in maniera collegiale tutte le figure professionali che ruotano intorno al paziente.

 

NurseReporter

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