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Internet libertà o schiavitù?

di Marco Alaimo

Le nuove tecnologie e i mezzi di comunicazione utili strumenti in una società in grande cambiamento, ma quali limiti incontriamo e quali rischi sopratutto per i giovani? Come gli infermieri e gli operatori sanitari possono dare il proprio contributo nella prevenzione di questi fenomeni?

Intervista alla Dr.ssa Guidotti Giulia

Abbiamo intervistato la Dr.ssa Guidotti Giulia psicologa e specializzanda in psicoterapia che ci aiuta a fare un po di chiarezza su questo delicato tema.

La società è cambiata, gli stili di vita non sono più quelli di qualche tempo fa', i giovani in particolare sembrano sensibili alle tematiche dei moderni mezzi di comunicazione. Quali sono i cambiamenti più significativi che i nuovi mezzi di comunicazione hanno introdotto?

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Lo sviluppo dei new media ha modificato moti aspetti e molti ambiti della nostra vita introducendo alcuni cambiamenti tra cui alcuni molto significativi soprattutto per quanto riguarda il modo di comunicare e di stringere relazioni. Non si tratta più solamente di vedere la tecnologia come strumento, ma di viverla come un’appendice della nostra quotidianità che ci consente di diventare soggetti e non solo oggetti delle conversazioni, di modificare il modo di percepire, organizzare e elaborare le esperienze che viviamo con la possibilità di farle oggetto di condivisione pubblica.

Si definisce infatti Comunicazione Mediata da Computer (CMC) qualunque forma di comunicazione che si realizza attraverso un pc collegato in rete e che può quindi avere accesso a tutte le risorse disponibili su Internet, comunicazione in cui si assiste ad un profondo sconvolgimento e mutamento delle caratteristiche della comunicazione per così dire tradizionale: primo tra tutti la scomparsa dell’aspetto metacomunicativo, non verbale ed anche relazionale dovuto alla soppressione dell’aspetto interattivo dei partecipanti che non si trovano più in un contesto faccia-a-faccia ma in una dimensione nuova, virtuale, in cui ognuno è seduto di fronte al proprio computer e comunica per mezzo di schermo e tastiera.

In questa realtà si modifica anche la direzione della relazione: non si tratta più di una comunicazione tra un solo mittente ed un solo destinatario, ma tra molti mittenti e molti destinatari, ed assume una caratteristica circolare e reticolare in cui ognuno è contemporaneamente destinatario e mittente di messaggi. La CMC presenta però altre innovative caratteristiche che la differenziano in modo sostanziale dalla comunicazione tradizionale, cioè la multimedialità, l’interattività e l’ipertestualità: è una comunicazione in cui si assiste ad una continua moltiplicazione di media e di codici comunicativi diversi, in cui il destinatario del messaggio assume un ruolo attivo ed in cui le informazioni sono organizzate in modo ipertestuale cioè in unità di lettura connessi da links.

Un altro aspetto che differenzia la comunicazione tradizionale da quella mediata dal computer è, come afferma Mazzoli (2009), la possibilità di costruire delle relazioni sociali ed interpersonali e la disponibilità di strumenti che consentono non solo di produrre e condividere i propri contenuti (come ad esempio Facebook), ma di amplificare la possibilità di instaurare relazioni e dilatare in modo esagerato l’estensione delle reti sociali. Si finisce, in questo modo, per essere tutti parte di un SuperNetwork (Mazzoli, 2009) in cui le tecnologie disponibili si trasformano da strumenti ad ambienti quotidiani di vita in cui condividere parti di sé e della propria esistenza, coltivare relazioni, trovare lavoro, gestire il proprio tempo libero, trovare ogni sorta di informazione (più o meno utile) e comunicare; e sta proprio qui la rivoluzione attuata dai nuovi media non tanto nella possibilità concreta di relazionarsi, quanto nella potenzialità di essere sempre in contatto con altre persone.

Lo sviluppo di questo SuperNetwork, la diffusione così capillare delle nuove tecnologie e soprattutto il loro utilizzo quotidiano da parte principalmente dei giovani, ha prodotto inoltre un’ altra importante conseguenza a livello sociale, la contrapposizione tra “nativi” e “immigrati digitali” (Prensky, 2001): la categoria dei nativi digitali comprende i giovani nati tra la fine degli anni Novanta e gli anni Duemila, cresciuti completamente immersi tra cellulari, videogiochi, computers, e che presentano notevoli differenze rispetto agli immigrati digitali.

Dal canto loro, questi ultimi, rappresentano tutti quegli individui che al contrario non sono cresciuti con queste nuove tecnologie, ma le hanno avvicinate, magari più per curiosità che per un reale bisogno, nel corso della loro vita, sono quei soggetti che parlano un linguaggio pre-digitale, che usano Internet come strumento di informazione solo secondario ad altri (come ad esempio i libri), che leggono le istruzioni prima di utilizzare un programma oppure che hanno bisogno di leggere un testo stampato piuttosto che seguirlo sullo schermo del computer.

Queste caratteristiche sono completamente assenti invece in chi parla un linguaggio digitale in cui c’è una maggiore velocità di acquisizione delle informazioni, si utilizza una comunicazione ipertestuale e che si muove contemporaneamente su più canali paralleli; i nativi digitali sono quelli che hanno perso l’abitudine all’attesa, alla pazienza, alla logica step-by-step che invece caratterizzano le generazioni precedenti, sono quelli caratterizzati dall’attitudine al multitasking e all’interattività. Essi spendono in media in 5 anni circa 10,000 ore per i video games, 20,000 ore guardando la TV, si scambiano circa 200,000 e-mail, parlano al cellulare circa 10,000 ore e trascorrono solo 5,000 ore leggendo un libro (http://geekfiles.current.com/2009/11/19/generazione-facebook/).

Moderni esternamente ma con dei vuoti interni. Cosa suggeriscono le ricerche scientifiche circa il problema delle nuove dipendenze? Quali sono i maggiori rischi nell’utilizzo di Internet?

Ritengo che possiamo essere tutti in accordo nel riconoscere l’utilità di Internet nella nostra vita quotidiana: ad esempio ci consente di comunicare più rapidamente con gli altri, di ricercare velocemente informazioni di qualunque genere, di giocare e divertirsi. Tuttavia è opportuno inserire in questo bilancio anche alcuni aspetti negativi e potenziali rischi che si possono correre nel suo utilizzo e che possono comportare conseguenze più o meno gravi anche a livello psicologico. Primo tra tutti l’esagerata quantità di informazioni che vi si possono reperire, più o meno affidabili e corrette e spesso anche scarsamente controllate o adeguatamente filtrate. Qui il rischio è rappresentato da un eccesso di informazione che può spingere qualche frequentatore della rete a sviluppare una tendenza compulsiva alla ricerca di ogni sorta di notizia anche la più banale ed insignificante; per non parlare della diffusione di materiale pornografico o pedopornografico, dei rischi di adescamento che corrono soprattutto i bambini o gli adolescenti che su Internet passano molto del loro tempo.

La possibilità di presentarsi sotto identità diverse e mutevoli (pensiamo ad esempio a tutti quei luoghi virtuali in cui ci si presenta attraverso un avatar o un nickname), unita alla mancanza totale di organi di controllo in questo senso, può rappresentare un potenziale pericolo per ogni utente, che può andare incontro a inconvenienti spiacevoli come truffe, raggiri ed anche furti di identità e gravi violazioni della privacy. Accanto ai rischi derivati dai contenuti pubblicati o dagli incontri occasionali che si possono fare, ci sono anche quelli connessi alle modalità di utilizzo della Rete: in questo senso si parla di vera e propria dipendenza ad esempio dalle chat line o dai siti pornografici, nonché la progressiva sostituzione della realtà quotidiana con quella virtuale, l’abbandono delle relazioni amicali e la distruzione anche dei rapporti familiari.

La ricerca scientifica tuttavia ha cominciato ad esplorare solo da pochi anni, l’ambito delle conseguenze a livello psicologico che l’uso, e soprattutto l’abuso della Rete hanno sui web-surfer, si parla oggi di un quadro patologico definito Internet Addiction Disorder (IAD), una sorta di dipendenza da Internet che rientrerebbe nel quadro delle “dipendenze comportamentali” alla stregua del gioco d’azzardo patologico (gambling) e che secondo alcuni autori (Cantelmi e Talli, 2008) verrebbe considerato non come un unico disturbo, ma come una categoria di cui fanno parte altre manifestazioni patologiche tra cui Cybersexual Addiction, Cyber Relationship Addicition,  MUDs Addiction, Compulsive on-line Gambling, Compulsive on-line Shopping,  Information Overload Addiction.

L’IAD, come ogni disturbo mentale, presenta quindi alcune caratteristiche, o criteri, peculiari: primo tra tutti chiaramente un uso eccessivo della Rete da parte del web surfer che si realizza in genere non solo con l’impiego della maggior parte delle ore della giornata sul web ma anche con un suo progressivo incremento con l’acquisizione di maggiori competenze, il tutto accompagnato da un’alterazione della percezione soggettiva dello scorrere del tempo (per cui anche dopo diverse ore di navigazione si ha sempre l’impressione che siano passati solo pochi minuti),  dall’instaurarsi di un quadro di tolleranza ed incremento anche del numero di applicazioni utilizzate su Internet , una difficoltà a controllare, limitare o bloccare il loro uso della rete e lo sviluppo di uno stato di preoccupazione quando non possono accedere alla Rete.

Inoltre è stata individuata anche una tendenza al ritiro associato ad emozioni come rabbia, tensione e depressione quando non c’è possibilità di accedere al computer ed una compromissione della vita sociale, familiare e lavorativa/scolastica con isolamento e riduzione della produttività, ripercussioni anche sul piano fisico (in particolare alterazione dei ritmi del sonno, eccessivo affaticamento, indebolimento del sistema immunitario, problemi alla vista, alla schiena).

Proprio a partire dai risultati delle ricerche già condotte su questo fenomeno, affiancata da un gruppo di colleghi, abbiamo condotto uno studio pilota sull’IAD,  in collaborazione con l’Unità Funzionale Salute Mentale Adulti dell’Asl 7 di Siena e l’Università degli Studi di Siena con l’obiettivo di realizzare un’indagine esplorativa sulle abitudini di utilizzo di Internet da parte degli utenti italiani, concentrandosi in particolare sulla dimensione temporale, sulle modalità di navigazione, sui maggiori siti di interesse, sugli scopi della navigazione e sulle aree di influenza sul funzionamento socio-lavorativo e relazionale ed anche sulla dimensione emozionale associata all’utilizzo di Internet ed in particolare sulla relazione tra competenze emotive e uso della Rete. 

Il campione intervistato non sembra particolarmente dedito ad un uso eccessivo dello strumento così come descritto dai criteri sopra riportati per quanto riguarda soprattutto il tempo speso per la navigazione e la compromissione delle aree familiare, lavorativa/scolastica o relazionale. Discutendo invece le caratteristiche socio anagrafiche si osserva una differenza significativa tra maschi e femmine relativamente al pensiero orientato all’esterno (competenze emotive) e il rifiuto della vita sociale (uso di internet), e i punteggi medi maggiori sono stati ottenuti dal gruppo dei maschi che risulterebbero quindi maggiormente inclini all’isolamento sociale ed ad una tipologia di pensiero pratico e concreto. Per quanto riguarda l’aspetto emotivo è emerso un dato interessante: i risultati dell’indagine hanno evidenziato come i soggetti dediti alla navigazione risultano maggiormente in difficoltà quando si tratta di identificare i propri sentimenti sia quando si trovano on-line, sia quando non stanno navigando. Rimanendo sempre nell’ambito delle emozioni si nota come esista una relazione tra questa difficoltà ad identificare i sentimenti, i livelli di Alessitimia dei soggetti e l’uso eccessivo che viene fatto della Rete.

In particolare la difficoltà a discriminare tra emozioni e sensazioni somatiche appare influenzare sia la dipendenza da Internet nel suo complesso, sia l’uso eccessivo che di questo strumento viene fatto.

Al contrario non è stata confermata la condizione opposta per cui la dipendenza da Internet e l’uso eccessivo non sembrano influenzare la difficoltà a identificare i sentimenti. Da questi risultati si potrebbe quindi ipotizzare che le modalità di utilizzo della Rete e soprattutto l’uso eccessivo sarebbero maggiormente presenti in quei soggetti che mostrano difficoltà a livello emozionale, soprattutto nella sfera del riconoscimento delle emozioni provate e nella loro differenziazione dalle sensazioni fisiche associate. 

Gi operatori sanitari, gli infermieri e i medici si trovano spesso a contatto con questo fenomeno, quali strategie preventive si possono mettere in campo? 

Il fenomeno delle dipendenze da Internet e da new media è un argomento molto recente, e di forte attualità date le caratteristiche della realtà in cui viviamo e data la direzione che ha preso la nostra società ritengo che sia un problema su cui cominciare a porre adeguata attenzione. Alcune strutture pubbliche, come il policlinico “Gemelli” di Roma si sono attrezzate con l’apertura di ambulatori specifici per l’accoglienza e la presa in carico di pazienti con queste problematiche. La prevenzione tuttavia non dovrebbe riguardare solo il personale sanitario ma, a mio avviso, dovrebbe essere rivolta a tutta la popolazione con campagne di sensibilizzazione nelle scuole destinate direttamente ai ragazzi, ma anche a genitori ed insegnanti che consentano prima di tutto di informare correttamente sulle caratteristiche del problema, sulle sue manifestazioni in modo che gli “adulti” siano in grado di riconoscerle e sappiano a quali strutture potersi rivolgere per poter intervenire prontamente.

Ovviamente gli infermieri sempre più garanti della salute dei cittadini e promotori di stili di vita sani mettono in atto tutte le strategie possibili in collaborazione con gli altri professionisti, per prevenire eventuali cadute o ricadute in questi "mondi" virtuali spesso utili ma se troppo usati altamente dannosi; come si suol dire "Utilizzare con cautela".

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