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Nightingale: in Italia non fondò lei l'infermieristica

di Filippo Festini

Definita "la fondatrice del nursing moderno" e l’iniziatrice dell’infermieristica come professione, in realtà ebbe il merito di fare Management e lanciare l'infermieristica. Ma in Italia la figura dell'infermiere esisteva già, semplicemente nessuno ne aveva mai parlato. 

Infermieristica in Italia prima della Nightingale

Non c’è dubbio sul fatto che la "scuola" infermieristica nightingaliana abbia avuto un'influenza fondamentale sulla forma e sui contenuti che l’infermieristica ha assunto tra la fine del 19° secolo e almeno la metà del 20°. In molte nazioni in cui l’organizzazione sanitaria era inesistente o molto arretrata, la scuola nightingaliana ha dato un imprinting che ha condizionato il successivo evolversi della professione.

L’intensa e avventurosa esperienza umana di Florence Nightingale, poi, fu velocemente mitizzata e questo ebbe un indubbio impatto positivo sull’immagine sociale degli infermieri. Tuttavia l’attenzione spasmodica verso l’esperienza eccezionale di Florence Nightingale e il diffondersi della sua scuola praticamente in tutto il mondo in un lasso di tempo relativamente breve ha fatto scendere velocemente l’oblio sul "prima".

In altre parole, l’agiografia nightingaliana ha fatto divenire dominante – se non unica – l’idea che solo a partire da Florence Nightingale si possa parlare di infermieristica e che prima di lei ci fosse soltanto un informe e indefinito insieme di figure assistenziali, di "guardamalati", privi di formazione e di una più ampia visione del proprio ruolo.

Questa sorta di obliterazione del passato è stata particolarmente vera in Italia dove lo studio della storia autoctona dell’infermieristica – salvo casi eccezionali – non va indietro nel tempo oltre la seconda metà del 19° secolo, trattando ciò che viene prima in termini molto generici e vaghi.

Dai quattro autori esaminati emerge una visione nitida e coerente di come dovesse essere l’infermiere, cosa dovesse fare e come dovesse farlo: egli doveva essere letterato, doveva conoscere le basi della fisiologia e della patologia, doveva saper osservare il paziente, riconoscerne i cambiamenti di stato, annotare e riferire in modo appropriato al medico.

Doveva anche saper preparare e somministrare correttamente una grande varietà di farmaci e attuare procedure terapeutiche. Ma era anche un infermiere di cui si andava chiarendo in modo netto e inequivoco anche un ambito di competenze proprio, uno "specifico infermieristico", corredato da un corpus di conoscenze tecniche riferibili a questa specificità di agire.

Specifico infermieristico: quale la definizione dei quattro autori

Secondo Dal Bosco è ben assistere gli infermi circa il mangiare, bere, evacuare, redenzione (il vomito), moto, quiete, aere, sonno, vigilia (la veglia), affetti dell’anima

Per Baldini è l'arte di regolar gli ammalati ... per poter a tempo prevenire i loro bisogni e aiutarli nelle loro funzioni

Per Rusca: L’uomo ammalato è paragonabile ad un bambino, al pari di questo esso non può provvedere ai bisogni della vita, né difendere la propria esistenza dai pericoli che gli sovrastano. Ha quindi d’uopo che altri gli presti continua cura, e soddisfaccia a tutte le sue necessità. Questo ufficio è specialmente affidato all'infermiere e l'infermiere si occupa in particolare di regolare l'aria, il calorico, la luce, il sonno, gli alimenti, le bevande, la pulitezza delle stanze e i letti.

Infine, per Cattaneo è l’arte di governare i malati (…) onde secondare efficacemente le viste e gli sforzi benefici della natura prendendosi pensiero dell’aria che respirano, della immondizia, degli alimenti destinati a nutrirli, del riposo, della quiete dell’animo e della tranquillità della coscienza

Dal momento che Nightingale conosceva bene l'italiano e ha vissuto e viaggiato a lungo in Italia proprio per conoscere la realtà dei nostri ospedali, è inevitabile chiedersi quanta parte abbiano avuto questi autori italiani sul pensiero della riformatrice londinese.

Un’altra notazione necessaria sui quattro libri oggetto dello studio riguarda la terminologia usata per definire l’azione dell’infermiere, che nei diversi autori segue una progressione che appare come il paradigma di una crescita. Mentre Dal Bosco parla di PRATICA (l’infermiere è un praticante, ripete ciò che ha visto fare, agisce empiricamente), Baldini usa il termine ARTE (l'infermiere agisce autonomamente sulla base di capacità che gli sono proprie) e infine Rusca parla per la prima volta di PROFESSIONE.

L’uso del termine professione per definire gli infermieri già nel 1833 è sorprendente, tanto quanto il fatto che esso sia stato del tutto trascurato dalla storiografia infermieristica italiana. Ancora, è importante sottolineare che le opere analizzate, in particolare le ultime due, sono state concepite come libri di testo di corsi formali per infermieri. Che quindi già esistevano in Italia: una circostanza, questa, stranamente non riportata, ignorata o sottovalutata dalla maggioranza dei testi italiani di storia dell'infermieristica.

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