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editoriale

Pronto Soccorso: febbre e non solo del sabato sera

di Domenica Servidio

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Cosa succederà stanotte?

PESARO. Pronto Soccorso, poche ore sono trascorse dall’ultima notte, una notte che sembrava essere cominciata in maniera tranquilla, con pochi pazienti in attesa, altri già in corso di cure e la solita lucidità di inizio turno che ti porta a pensare: “cosa succederà stanotte?”

Il Pronto Soccorso impari ad amarlo per questo…

A momenti di routine ambulatoriale possono alternarsi interminabili minuti di pura emergenza e quel telefono rosso posto lì al triage, quando suona smuove sempre l’adrenalina, perché sai che potrebbero a breve comunicarti l’arrivo di un codice rosso.

Il Pronto Soccorso è l’interfaccia di molteplici realtà: rappresenta il bambino che sta male, l’anziano bisognoso di cure, il senza tetto, l’etilista, la vittima di violenza. C’è posto proprio per tutti e purtroppo nell’attuale immaginario collettivo il Pronto Soccorso è diventato anche la scorciatoia nella quale svolgere in tempi brevi esami diagnostici e problematiche che di urgente hanno ben poco!

Troppi gli accessi inappropriati che giungono in PS e non si recano dai propri medici di base o guardie mediche. Ticket da pagare troppo bassi? Forse l’incremento di questa spesa porterebbe l’utente a pensare un po’ di più prima di giungere in un’area di emergenza.

L’indignazione che mi spinge a scrivere è dettata dalla rabbia per quanto accaduto sabato notte e da un forte senso di gratitudine nei confronti della parente di un paziente preso in carico la notte dello scorso 1° marzo. La signora Donatella Ciavarroni ha scritto a riguardo una lunga lettera che è stata pubblicata su www.pu24.it

Nella lettera molto dettagliata di questa insegnante, viene raccontata la sua esperienza in Pronto Soccorso, dalla presa in carico del paziente che accompagnava, avvenuta intorno alle 23.00 fino alle 5.00 del mattino, momento in cui al paziente è stato consegnato il verbale di dimissione.

Al caos calmo della serata è sopraggiunto in piena notte l’arrivo di un’urgenza importante per la quale vengono attivate tutte le procedure necessarie al caso nel minor tempo possibile. Il personale si ritrova riunito a gestire l’urgenza e per i codici di priorità inferiore aumentano i tempi di attesa. Tra questi un gruppo di ragazzi ebbri e rumorosi, che dopo poco più di mezz’ora dal momento dell’accettazione al triage, hanno cominciato a dare spettacolo con urla, nervosismi e pura maleducazione nei confronti del personale, delle forze dell’ordine allertate e dei pazienti già presi in carico e in attesa davanti al triage, spaventati dal coloratissimo gruppo in preda di una crisi di nervi.

Ringrazio la signora Ciavarroni, per aver più volte sottolineato la professionalità dell’équipe, la tranquillità con la quale il personale ha continuato a svolgere il proprio lavoro, nonostante l’istinto avrebbe potuto condurre ad altro. Da parte mia c’è stato il bisogno di ricordare a uno di questi ragazzi che il loro comportamento era pura interruzione di un pubblico servizio e mi è stato risposto con tanto di contanti alla mano: “Prendi questi soldi, tu devi curarmi e subito! Perché io pago le tasse” Inoltre il ragazzo in presenza del medico ha aggiunto: “Se entro cinque minuti non faccio la lastra chiamo il mio avvocato”

Spiegare al ragazzo che in quel momento era prioritario prestare assistenza a pazienti in condizioni più critiche è stato come parlar col vento. Intanto l’insegnante descrive molto bene il proseguo degli eventi nella sua lettera: “L’ultimo arrivato sanguinante minaccia di farsi giustizia per ciò che gli è stato fatto e contatta i suoi amici per cercare il responsabile e vendicarlo. Poi il cellulare si frantuma e non comunica più con nessuno. Toglie le bende che gli infermieri hanno messo come prima cura, si arrabbia, si toglie tutto, lancia ovunque tutte le sue garze e vestiti insanguinati, riducendo il Pronto Soccorso un putridume. Le persone che arrivano sono costrette a camminarci sopra perché il personale non riesce a far tutto. Intanto il gruppo ormai numeroso continua nella sua insania e le forze dell’ordine cercano di calmare gli animi con il dialogo, vengono insultate, non riescono a placare in alcun modo tutta questa follia.”

È proprio vero, si tratta di pura follia! Sentirsi non tutelati e non al sicuro nonostante ci fossero le forze dell’ordine! Questa la sensazione che ho provato! Nonostante ci sia stato detto dai carabinieri che sarebbero stati presi dei provvedimenti per quanto accaduto, non è stato facile restare tranquilli. È davvero “solo colpa delle leggi italiane” che non permettono alle forze dell’ordine di prendere una posizione, quando si verificano episodi del genere? Tu infermiere in un clima simile, cosa altro avresti potuto fare?

In quanto professionista mi sento in dovere di dire che non c’è ad oggi un’adeguata tutela e riconoscimento per l’infermiere e soprattutto per l’infermiere di triage.

L’Italia è un Paese che sforna ogni anno bravi infermieri i cui percorsi di crescita professionale, quale può essere l’esperienza in aree specialistiche, non viene abbastanza riconosciuta.

È davvero così facile attribuire un codice colore quando un paziente giunge in accettazione? La preparazione teorico-pratica, il self-controll, la capacità di dialogo, il telefono che squilla, le capacità di vigilanza e potrei continuare a dire tanto, non è ad oggi apprezzata e valutata in modo adeguato dal nostro Sistema Sanitario Nazionale.

Anche quel sabato notte è terminato. Come a ogni fine turno provi a lasciare in armadio divisa e pensieri per quanto accaduto, ma è inevitabile rientrare a casa ancora innamorata della tua professione, ma carica di rammarico, rabbia e desolazione per quanto accaduto. Sarà solo colpa delle nuove e scalpitanti generazioni? Per evitare che si ripresentino episodi analoghi cosa si potrebbe fare? A voi riflessioni e commenti.

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